sabato 9 luglio 2011

Commento al Vangelo XV Dom TO anno A, 10 luglio 2011

Il seminatore sprecone

Testo
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.3 Egli parlò loro di molte cose in parabole. Parabola del seminatore E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5 Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.7 Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.8 Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.9 Chi ha orecchi intenda».
10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».11 Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.12 Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.13 Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.14 E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
15 Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
16 Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.17 In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
18 Voi dunque intendete la parabola del seminatore:19 tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.20 Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,21 ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.22 Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.23 Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».


Commento.
In teologia mi insegnarono che le parabole raccontate da Gesù sono dei piccoli capolavori letterari, dove la semplicità si coniuga alla profondità, l’immediatezza alla densità di riflessioni possibili. Ciò che accomuna le parabole di Gesù è che quasi sempre il messaggio che l’autore vuole far passare è contenuto proprio in uno o più elementi apparentemente strani. In questo caso ad esempio, come è possibile che questo seminatore non abbia dato una guardata a dove gettava le sue sementi? Certamente un contadino che deve seminare un campo non può far caso a dove cade ciascun seme, ma ci sarebbe da chiedersi se non abbia prima fatto attenzione a dove stava sparpagliando la sua ricchezza: se nel terreno ci sono un po’ di sassi da una parte, da un’altra le spine e pure delle strade che lo attraversano, ma vale la pena di seminare un campo simile? Una risposta possibile è che questo seminatore è tanto sicuro della resa del seme caduto sulla terra fertile che non si preoccupa più di tanto se se ne perde un po’; la resa di pochi semi lo ricompenseranno del fallimento degli altri.

A noi, cosa vuol dire Gesù? Senz’altro che la potenza della sua Parola, delle sue promesse, della sua Grazia non è da mettere in discussione; come è detto nella prima lettura tratta dal profeta Isaia, la Parola di Dio non può non fare effetto e se fallimento c’è, esso viene piuttosto dalla mancata accoglienza e dalla poca disposizione.
Così penso alla mia Italia, quel mondo che mi ha dato i natali: vi vedo tante spine, un terreno che fa’ crescere e germogliare il seme ma dove le preoccupazioni del mondo sono così aggressive che spesso questa crescita è soffocata e vanificata. Vi vedo però anche il terreno buono che ha reso il trenta, il sessanta e a volte anche il cento per uno. Guardiamo un attimo quanti santi ha “prodotto” la terra italiana: centinaia. Basterebbe prendere un qualsiasi giorno dell’anno, guardare il calendario e accorgersi che possiamo ricordarne uno ogni giorno: oggi ad esempio è Santa Veronica Giuliani (anche se la liturgia romana lo celebra domani 10 luglio), autentico capolavoro della Grazia divina e di un’umanità che ha deciso di essere un terreno fertile per la parola di Dio.
Penso anche alla mia Africa, al mio Bénin: vi vedo tanti sassi, un terreno che fa’ spuntare subito il filo d’erba ma che mancando di profondità non tiene il colpo, non persevera, non riesce ad andare al di la’ di un fuoco di paglia. Anche qui però c’è il terreno buono che produce  cento volte. Stiamo celebrando i 150 anni di evangelizzazione del Bénin e tra 132 giorni ( il 18 novembre 2011) il Papa Benedetto XVI verrà appunto a chiudere le celebrazioni giubilari. Un secolo e mezzo è lungo ma è anche uno spazio di tempo molto breve: la parola di Dio ha prodotto frutti abbondanti, tanti uomini sono stati martirizzati a causa della loro fedeltà al Vangelo e se non sono stati beatificati è solo perché non ci sono i soldi per aprire i processi di beatificazione. Ho ricevuto testimonianze dirette di alcuni catechisti che sono stati  avvelenati dai loro stessi familiari a causa del loro desiderio di ricevere il Battesimo di Cristo. Qualcuno è stato messo sulla strada dai suoi per aver lasciato l’Islam e aver scelto il Cristo Gesù. Anche questa è terra di martiri, terra benedetta da Dio.
Ognuno di noi ha ricevuto la benedizione dell’anuncio della Parola: cosa ne stiamo facendo?