giovedì 27 luglio 2023

Un tesoro nascosto nel cuore del fratello

 
Commento al Vangelo della XVII domenica del Tempo Ordinario, anno A – 30 luglio 2023

 
 
+ Dal Vangelo secondo Matteo (13,44-52)

 In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

 

Commento

 “Che male c’è?” È questa, forse, l’obiezione più frequente che, da bambini, abbiamo rivolto ai genitori per giustificare qualcosa. Che male c’è? Molto spesso - vorrei dire quasi sempre – in effetti c’è una parte di bene in ogni scelta che facciamo. Ma raramente pensiamo che c’è un bene e c’è un meglio.
Allora potremmo partire più opportunamente dalla domanda: “cosa c’è di bene in questa scelta che sto facendo?” Oppure: “Qual è il bene più grande per me e per gli altri in queste diverse possibilità che mi stanno dinanzi?
Nelle parabole appena ascoltate Gesù invita a puntare sempre al meglio, alla totalità, a tutto ciò che faccia risplendere, e maggiormente manifesti, la bellezza e la grandezza dell’amore e della misericordia di Dio.
Investire nel regno di Dio è veramente fruttuoso se, diversamente dagli investimenti finanziari di questo mondo, NON si diversifica il rischio, e su di esso, invece, si imposta tutta la propria vita: lavoro, affetti, progetti di vita. Per comprare la perla preziosa o per comprare il campo con il tesoro occorre vendere tutto il resto. Per accogliere la vita nuova di Cristo occorre mettere totalmente da parte l’uomo vecchio e le sue logiche di affermazione sugli altri o di rivendicazione di una propria giustizia nei confronti di Dio.
Se la parola del Signore Gesù trova spazio nel cuore dell’uomo com’è possibile restare indifferenti rispetto alla sofferenza dell’altro? O restare arroccati nelle proprie ragioni – per quanto fondate – negando il perdono a chi sbagliando ci ha fatto soffrire? Domande queste che aiutano a capire se l’amore di Dio ha fatto breccia nel cuore rendendoci discepoli di Cristo, o se siamo solo, al massimo, discepoli di una legge come i farisei del tempo di Gesù di cui F. De André nel testo della sua canzone “Il testamento di Tito” dice: “Lo sanno a memoria il diritto divino, e scordano sempre il perdono”.

venerdì 21 luglio 2023

La “non necessaria ma evitabile" zizzania.

 

 Commento al Vangelo della XVI domenica del Tempo Ordinario – 23 luglio 2023



Dal Vangelo secondo Matteo (Versione breve:13,24-30)

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».

Commento

Perché il male? Perché la sofferenza? Perché un Dio onnipotente e buono permette il male, sembrando escludere di fatto una delle due cose, e cioè che o, se buono, non è onnipotente, oppure che se è onnipotente, non sempre è buono.
La parabola della zizzania è una parziale risposta a tali questioni, e sottolineo: “parziale”.

1. Anzitutto la zizzania è evitabile.  “Mentre tutti dormivano” il nemico venne e seminò l’erba infestante. La vigilanza e il discernimento sono virtù sempre necessarie per distinguere tra il bene e il male, per impedire che il male si propaghi nel mondo e nel terreno del mio cuore.

Secondo. Il grano, il seme buono, è talmente buono da poter sopportare la coabitazione col male. Normalmente si fa di tutto per impedire alle erbacce di soffocare quel che viene seminato, ma la parabola ci parla di un grano buono e assolutamente resistente, talmente buono, che comunque arriverà a maturazione. Così è la Parola di Dio. Se accolta, darà sicuramente frutto nella nostra vita, nonostante tutto e tutti.

Terzo aspetto. Non sta all’uomo anticipare il giudizio finale tra giusti e malvagi. Su questo aspetto si è facilmente tentati di fare come i servi del padrone che vorrebbero da subito sradicare la zizzania. Pensate ad esempio all’assurdità della “pena di morte”. In nome della sacralità della vita si ha la pretesa di privarla a chi, comunque, ha certamente sbagliato sottraendola ad altri. Attenzione: ha detto giustamente qualcuno che “chi vuole realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando per gli altri l’inferno.”

mercoledì 12 luglio 2023

Il regno di Dio in mezzo a noi

 

Commento al vangelo della XV domenica del TO, anno A – 16 luglio 2023


Dal Vangelo secondo Matteo (13,1-9)


Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Commento

 Gesù raccontava “molte cose”, ciò che riguardava il regno di Dio, con delle semplici storie da lui inventate, senza collocazione temporale né geografica, esattamente perché quel messaggio riguardava tutte le epoche e i continenti dell’universo umano.
A volte l’annuncio di Gesù non viene nemmeno accolto, i suoi insegnamenti rimangono semplici onde sonore che vibrano nelle orecchie ma non scendono nel cuore. Pensiamo a tutti coloro che, in modo molto superficiale credono vero solo quello che toccano e vedono. Stranamente questi, però, spesso nei momenti di grave difficoltà, sono i primi clienti di cartomanti, maghi e fattucchieri.
Poi ci sono quelli che accolgono il messaggio di Gesù ma mancano di perseveranza, perché vogliono “tutto e subito”. Pensiamo ai grandi “consumatori del sacro” che non sopportano attese nelle loro preghiere e che avrebbero tante cose da insegnare a Dio su come svolgere il suo “mestiere”, e che passano da una novena ad un’altra, da un veggente all’altro, e che a volte (questo l’ho visto soprattutto in Africa) cambiano setta o confessione religiosa fino a trovare il dio “che funziona”.

Poi ci sono coloro che accolgono sinceramente la Parola, e custodendola portano i primi frutti di una vita secondo Dio, ma si lasciano soffocare dalle spine delle preoccupazioni mondane. Pensiamo agli apostoli di Gesù che discutevano tra loro, secondo il racconto del vangelo, “chi fosse il più grande” (Mc 9,34). Ma questo avviene anche nelle nostre parrocchie, nelle comunità religiose: tutti lavorano per il regno di Dio, all’apparenza, ma a condizione, di fatto, che emerga il “proprio io”.

Ma per fortuna c’è anche la terra buona (meno male!). E allora pensiamo a migliaia di uomini e donne che hanno capito la grande perla racchiusa in Gesù e nelle sue parole, cioè la presenza di Dio stesso, e per questa stessa presenza hanno sacrificato tutto e, già in questo mondo, si sono trasfigurati di bellezza divina.

mercoledì 5 luglio 2023

Tutto concorre al Bene... per chi lo sa vedere

 

 Commento al Vangelo della XIV domenica del Tempo Ordinario, anno A – 9 luglio 2023


+ Dal Vangelo secondo Matteo (11,25-30)

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
 

Commento

 La custodia di una relazione di amicizia ha sempre un prezzo da pagare, piccolo o grande che sia: a volte si tratta di saper perdonare una fragilità, altre di accettare gli inevitabili limiti. Nel caso della nostra – eventuale – relazione di amicizia con il Signore-Gesù si tratta di saper portare il suo giogo, come lo chiama lui, di una vita donata per amore.
Però, attenzione: primo, noi non abbiamo nulla da dover perdonare a lui, e anzi è lui piuttosto che ci perdona sempre. Secondo: è lui, Gesù, che ci ha amato per primo e quindi, non è che dobbiamo inventarci l’amore, quanto piuttosto si tratta di riconoscere di averlo ricevuto (nel dono della vita, nelle bellezze del creato, nell’affetto di tante persone care), e di farlo scorrere verso i fratelli che vivono accanto.
Come Gesù, nella sua umiltà, ha perfettamente accolto la comunione d’amore del Padre, e per questo lo benedice e lo loda, così noi, grazie a Gesù, al suo Spirito presente ora nel nostro cuore di battezzati, siamo chiamati ad avere lo stesso atteggiamento di umile accoglienza dell’amore di Dio, e di tessere relazioni di comunione con gli altri.
Le leggi degli uomini, come anche le tante osservanze inventate dai farisei del tempo e fatte risalire a Mosé; ma anche le convenzioni umane, come tutte i cosiddetti “obblighi” sociali di visibilità e/o di successo, di cui ci sentiamo spesso schiavi, impongo gioghi ben più pesanti e a volte veramente insopportabili, perché non liberano il cuore. Invece, proprio l’intima unione con lo Spirito del Signore ci dona una libertà meravigliosa: quella di poter capire e scegliere il vero Bene, e di saper sopportare perfino il male, sapendo che, in un modo misterioso, per l’onnipotenza di Dio, anch’esso potrà servire ad un bene molto più grande.


domenica 2 luglio 2023

Cristiano "fai da te"?

 

Commento al Vangelo della XIII domenica del Tempo Ordinario, anno A – 2 luglio 2023


Dal vangelo di Matteo (10,37-42)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Commento

Il creato risplende di tanti doni di Dio, segni della sua amicizia e della sua gratuita benevolenza, ma se tali doni, anziché servire a fare memoria del donatore, diventano centro assoluto dell’attenzione e degli affetti di un uomo, quest’uomo è destinato a perdersi, perché così facendo perde contatto con l’autore della vita.
Una qualsiasi cosa, o una qualsiasi relazione che venisse anteposta all’amicizia del Signore diventerebbe una scatola vuota: forse ben confezionata e ben infiocchettata, ma comunque terribilmente vuota rispetto al desiderio del cuore. Le pagine della Bibbia ci ricordano spesso il pericolo di inciampare nell’idolatria. Il popolo di Israele, già poco dopo la liberazione dalla schiavitù di Egitto, sente il bisogno di avere risposte continue e immediate alle sue esigenze, e non ricevendole, si inventa il vitello d’oro: “Ecco il tuo Dio, o Israele, che ti ha fatto uscire dall’Egitto”.

L’uomo, pur salvato da Cristo e destinato alla vita eterna, continua a sentire un’istintiva inclinazione a farsi un “dio su misura”, un dio “pret-à-porter”. L’originalità della fede di ciascun uomo, la personalizzazione dell’esperienza spirituale sono doverose, ma non si può arrivare a fare della propria idea di Dio l’assoluto, perché torneremmo alla storia del vitello d’oro, facendoci un dio a nostro uso e consumo.

Ecco allora anche il significato della benedizione che Gesù accorda a chi accoglie i profeti e i suoi discepoli come tali, perché comunicheranno ai loro stessi benefici, dimostrando di saper uscire dal proprio “io” e di accettare l’oggettività di come il Signore si è fatto conoscere, rivelandoci il volto di Dio Padre, e di come continua a farsi conoscere tramite l’umanità dei suoi missionari.