domenica 25 novembre 2012

Commento Vangelo Solennità Cristo Re, 25 novembre 2012.

Una monarchia veritocratica

 
TESTO ( Gv 18, 33 – 37 )
 

33 Pilato dunque rientrò nel pretorio; chiamò Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?» 34 Gesù gli rispose: «Dici questo di tuo, oppure altri te l'hanno detto di me?» 35 Pilato gli rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua nazione e i capi dei sacerdoti ti hanno messo nelle mie mani; che cosa hai fatto?» 36 Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui». 37 Allora Pilato gli disse: «Ma dunque, sei tu re?» Gesù rispose: «Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce».



 

COMMENTO

“Il mio regno non è di questo mondo”; eppure un giorno Gesù disse che il Regno di Dio non verrà in modo tale da attirare l’attenzione, “ perché il Regno di Dio è in mezzo a voi“. Come mettere insieme queste due affermazioni, che il Regno di Dio non è di questo mondo e che nello stesso tempo è in mezzo a noi? La risposta forse ce la da proprio San Paolo in Rm 8 quando spiega che tutta la creazione geme nelle doglie del parto in attesa della redenzione e di quei cieli nuovi e terra nuova ove risplenderà la giustizia. L’immagine di una gestazione è molto espressiva perché fa comprendere che la Signoria di Cristo, sebbene sarà manifesta solo negli ultimi tempi, è già presente in mezzo a noi quando ascoltiamo la sua voce e quando viviamo della sua verità; il nuovo mondo sta già crescendo in questo mondo in cui viviamo, drammaticamente ferito dalle conseguenze del peccato originale e di tutti  i peccati successivi. Il regno di Gesù è quindi una realtà che si sta affermando gradualmente nella nostra storia, dove chiunque è alla ricerca sincera della verità non può non interessarsi alla voce, alla parola del Signore. Un regno dove ci si sente tanto più forti quanto più ancorati alla verità rivelataci da Gesù: regnare vuol dire servire , cioè dare la vita per Amore.

sabato 17 novembre 2012

Commento Vangelo XXXIII Dom TO anno B, 18 novembre 2012.

Proprio una bella notizia!

TESTO ( Mc 13, 24-32)
24 Ma in quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore; 25 le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno scrollate. 26 Allora si vedrà il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con grande potenza e gloria. 27 Ed egli allora manderà gli angeli a raccogliere i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremo della terra all'estremo del cielo. 28 Ora imparate dal fico questa similitudine: quando i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l'estate è vicina. 29 Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. 30 In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
32 Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre.

COMMENTO
 

Il Vangelo di oggi è proprio una buona novella, una bella notizia : la storia non ha soltanto un fine , quello di godere e diffondere l’Amore che è Dio stesso, ma anche una fine, l’abbraccio finale di Gesù quando Egli tornerà nella Gloria, non più nella croce questa volta.
Condivido con voi a tal proposito, fratelli internauti in ascolto, il più bell’inno della Liturgia delle ore in lingua francese che io conosca, l’inno di Nona, perché esprime tutto l’anelito del cuore dell’uomo per l’incontro definitivo.
 

Berger puissant qui nous conduis, tu nous as faits pour ta lumière; et par-delà ce jour trop bref tu nous emmènes dans ta gloire.
A travers l'oeuvre de tes mains, nos coeurs déjà te reconnaissent ; mais le désir de ton amour toujours plus loin poursuit sa quête.
Nous voulons voir à découvert l'éclat radieux de ton visage. Dans l'aujourd'hui de ton appel, prépare en nous le face-à-face.
 

(O pastore onnipotente che ci conduci, tu ci hai fatto per la tua luce ; e dal di-là di questo giorno troppo breve tu ci accompagni verso la tua Gloria.
Attraverso l’opera delle tue mani, i nostri cuori già ti riconoscono; ma il desiderio del tuo amore sempre più lontano continua la sua ricerca.
Vogliamo vedere in pienezza lo splendore radioso del tuo volto. Nell’oggi della tua chiamata, prepara in noi il faccia-a-faccia.)
 

In questo inno c’è tutta la bellezza della ricerca dell’incontro definitivo, la bellezza dell’attesa del ritorno dall’esilio verso la nostra vera Patria , quella del Cielo, il Paradiso. 
Una realtà che sento molto fortemente in questo frangente della mia vita, esule in patria mia, ma consapevole sempre più di essere esule comunque e ovunque, fino a quando non vedremo il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Restiamo ancorati in questo cammino di luce all’unica cosa che non passerà: la sua parola.
Ci dice Gesù: : “Cieli e terra passeranno ma le mie parole non passeranno”. Il Signore è fedele alle sue promesse.

sabato 10 novembre 2012

Commento Vangelo XXXII Dom TO anno B, 11 novembre 2012


Il dono di una vita


TESTO ( Mc 12, 38-44 )

38 Nel suo insegnamento Gesù diceva: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ed essere salutati nelle piazze, 39 e avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; 40 essi che divorano le case delle vedove e fanno lunghe preghiere per mettersi in mostra. Costoro riceveranno una maggior condanna». 41 Sedutosi di fronte alla cassa delle offerte, Gesù guardava come la gente metteva denaro nella cassa; molti ricchi ne mettevano assai. 42 Venuta una povera vedova, vi mise due spiccioli che fanno un quarto di soldo. 43 Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico che questa povera vedova ha messo nella cassa delle offerte più di tutti gli altri: 44 poiché tutti vi hanno gettato del loro superfluo, ma lei, nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò che possedeva, tutto quanto aveva per vivere».


COMMENTO

Mi suscita un epidermico fastidio la consuetudine para-liturgica beninese di fare due , a volte addirittura tre, questue ad ogni Messa: vedere quella povera gente andare più volte a depositare nel cesto davanti all’altare i loro pochi soldi ogni Domenica mi dà l’idea di voler spremere dei limoni già spremuti, e tuttavia la gente lo fa con gioia, anche solo per buttarci dentro qualche spicciolo. Non so se quelle monete donate siano il tutto quanto quelle persone hanno per vivere, ma di certo alcuni non ne sono lontani!

Tuttavia dovrebbe essere su un altro piano di lettura che dovremmo leggere il gesto della vedova: quella donna non dona solo qualcosa di ciò che ha ma ben di più in quel gesto ella dona tutta la sua vita, tutta se stessa, si abbandona totalmente nelle mani di Dio, con un atto estremo forse disperato o meglio ancora di un’ultima residua speranza, rende la sua vita a Colui dal quale sa di averla ricevuta in dono. 

I poveri non è detto che siano più buoni dei ricchi e dei potenti ma certamente, a causa della loro situazione di miseria, non sono portati a fare calcoli, non sono portati a fare analisi di costi – benefici, a soppesare i loro atti di carità perché ogni scelta viene misurata nell’attimo presente e l’esistenza viene valutata per quello che essa è lì in quel momento, data la totale incertezza del futuro.

Il ricco e il potente no! Lui è tentato di difendere il suo prestigio, la sua autonomia. Il suo rapporto con Dio rischia di diventare un optional, un soprammobile, una roba che si fa quando c’è tempo e voglia, a volte anche per mostrarsi pio e devoto agli occhi degli altri, perché l’immediatezza delle sicurezze materiali abbaglia e forse si fanno solo gesti di culto per cantare la ninna nanna alla coscienza sperando che si addormenti.

La totalità dei poveri, la totalità di quei contadini che in Benin vengono a portarci le loro banane o il loro mais, ( loro poveri a noi missionari ricchi ) mi stupisce anche se non più di tanto. La totalità dell’abbandono può essere vissuta da chi non ha niente da difendere. Anche noi dobbiamo difendere troppe cose: il tempo, i miei interessi, le mie priorità, il mio lavoro, e cosa diamo a Dio? Spesso solo il superfluo cioè quello che ci avanza, quei cinque minuti prima di andare a dormire, quei nostri atti di culto, “imparaticcio di consuetudini umane” direbbe Isaia, e poi poco altro. 

La vedova che Gesù addita ci insegna a donare tutta la nostra vita a Dio e a mettere Lui al primo posto in tutte le nostre scelte di lavoro, affettive e di tempo libero, nei nostri criteri di azione e nelle nostre motivazioni. Queste cose sono per noi “Il tutto quanto abbiamo per vivere”.

sabato 3 novembre 2012

Commento Vangelo XXXI Dom TO anno B, 4 novembre 2012

NON CHI DICE “SIGNORE, SIGNORE !” …

 
TESTO ( Mc 12, 28 – 34 )
 
 Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?»  Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore.  Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua".  Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi».  Lo scriba gli disse: «Bene, Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo.

 
COMMENTO
 
Gesù non aggiunge nulla di nuovo a quanto già era stato detto nell’AT: il primo comandamento resta quello di un amore a Dio vissuto con tutte le nostre forze spirituali, mentali e fisiche, così come già enunciato in Deuteronomio 6. Il secondo segue logicamente e strettamente il primo, l’amore al prossimo secondo il precetto del capitolo 19 del libro del Levitico, tanto che Gesù non può non menzionarlo per completare la risposta.
 In cosa consiste dunque la novità di Gesù? Nel fatto che Gesù spinge all’estremo l’interpretazione di questo precetto fondamentale, ne è la massima concretizzazione, egli è l’incarnazione dell’amore dovuto dall’uomo a Dio e non solo dell’amore di Dio per l’uomo. In contro luce vi è il messaggio della croce, abisso di abbandono nelle mani di Dio Padre, evento che al contempo è atto sublime di culto a Dio e atto di redenzione e di amore per tutti gli uomini, anche per i non israeliti , superando così quell’accezione di “prossimo” limitata al popolo israelita.
 
Lo scriba , uomo retto e sinceramente alla ricerca della verità e del bene, approva quando detto da Gesù e questi a sua volta lo gratifica giudicandolo non lontano dal regno di Dio. In realtà cosa manca a questo scriba, già vicino al regno, per entrarvi completamente e compiutamente? Proprio ciò che ha fatto Gesù.
Anche lo scriba sarà chiamato a vivere ciò che ha intuito, anche per lui si tratterà di diventare discepolo del Regno, cioè del Messia , per seguirlo e per abbracciare quello stesso desiderio di abbandono amoroso a Dio e al prossimo. Anche lo scriba dovrà abbracciare la croce per fissare e incarnare nella sua vita una suprema forma d’amore già vagheggiata dai profeti e dai sapienti dell’AT ma divenuta visibile e umana nella persona di Gesù e, a partire della presenza del suo Spirito, possibile per ogni uomo di buona volontà.
 
Non chi dice “Signore, Signore” entrerà nel regno, ma chi saprà imitare l’esempio di Gesù che ha dato tutto se stesso per amore di Dio Padre e degli uomini.