sabato 30 luglio 2011

Commento al Vangelo XVIII Dom TO anno A, 31 luglio 2011.

Il miracolo della moltiplicazione: sottrarre, dividere e aggiungere.
Cf Mt 14,13-21


TESTO

Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città.14 Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
15 Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare».16 Ma Gesù rispose: «Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare».17 Gli risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci!».18 Ed egli disse: «Portatemeli qua».19 E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla.20 Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati.21 Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

COMMENTO


Quei cinque pani e due pesci i discepoli se li tenevano ben stretti: provare a offrire quel poco a migliaia di persone dicendo : “per caso qualcuno vuole favorire?” … sarebbe stata pura follia. Di qui il cauto invito dei discepoli a Gesù : “congeda la folla”.
Gesù chiede per se quel po’ di cibo, non per mangiarselo lui ma per sottrarlo al loro egoismo . Il primo passo da fare per moltiplicare e` la sottrazione. In quel momento i discepoli che forse già stavano facendo mente locale all`esigua entità della loro porzione, accettano di investire anche quel poco che avevano, di farne a meno, di perderlo. La benedizione di Gesù ci richiama da vicino la benedizione del pane e del vino portati all’altare per essere consacrati. “… Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane”. La benedizione di Gesù è il riconoscimento che tutto viene dalla sua Bontà.
Poi Gesù spezza. La seconda operazione da fare è la divisione. La sottrazione non è fine a se stessa, ma in funzione della condivisione. Dovremmo memorizzare un po’ meglio il numero 2408 del Catechismo della Chiesa Cattolica (andatelo a leggere!) dove fra l’altro si dice che “non esiste furto se il rifiuto va contro la destinazione universale dei beni”. In pratica la proprietà privata non è un diritto assoluto, e l’uomo ha l’obbligo morale di con-dividere; un uomo in situazione di estrema necessità ha il diritto di rubare, o meglio ciò che fa’ prendendo da un altro il minimo necessario per sopravvivere non è un furto ma un atto di giustizia.
Terza operazione: la somma. “Gesù spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla." Ecco fatto il miracolo della moltiplicazione. Quei 10 – 15 mila (erano 5 mila senza contare le donne e i bambini) hanno visto il coraggio di quei pochi che hanno rinunciato al loro poco; forse anche molti altri hanno iniziato a tirar fuori dalle tasche le loro mezze pagnotte, qualche focaccia, un mezzo pesce; forse molti altri avevano tanto cibo da bastare a se stessi e a qualche altro, ma anch’essi se ne guardavano bene dal dire: ”qualcuno vuole favorire?” Ecco la carità moltiplicata che moltiplica il pane. Il “poco più” di ognuno ha prodotto la sazietà di quelli che forse non avevano niente e le dodici ceste avanzate.  Ma occorre che qualcuno senza aspettare l’altro faccia il primo passo. Non voglio dire che Gesù non abbia veramente moltiplicato i cinque pani e i due pesci, però oltre a questo forse ha fatto un miracolo ancora più grande, ha aperto i cuori degli uomini alla condivisione: vi pare niente?
Perché in Africa si muore di fame, allora? Mi accontento di guardare il mio piccolo Bénin e mi posso immaginare cosa succeda in altri paesi di questo stesso continente con molte più risorse naturali. Prendiamo il cotone ad esempio: prima e più importante risorsa naturale del paese, una cosa come i ¾ delle esportazioni totali del paese. I paesi occidentali sovvenzionano con grossi finanziamenti i loro produttori di cotone i quali possono permettersi cosí prezzi molto bassi di vendita. I produttori del terzo mondo, che devono adeguarsi a quei prezzi di vendita per restare sul mercato, non ricevono però alcuna sovvenzione da chicchessia. Risultato: i contadini beninesi si attaccano al tram e continuano si e no a sopravvivere. (andare  sul sito seguente per comprendere meglio la perversione del meccanismo: http://www.fairtrade.org.uk/includes/documents/cm_docs/2011/f/ft_coton_rapport_2011_v3.pdf ).

Gesu' direbbe: " date loro voi stessi da mangiare".

Oggi, 30 luglio 2011, mancano 111 giorni all'arrivo del Papa Benedetto XVI in Benin, a Dio piacendo

venerdì 22 luglio 2011

Commento al Vangelo XVII Dom TO anno A, 24 luglio 2011

O Tutto o niente(Cf Mt 13, 44- 52)

TESTO
 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
 Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

 Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
 Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

COMMENTO.
Dopo aver ascoltato in queste ultime tre domeniche  ben sette parabole sul regno dei cieli, chiunque avrebbe voglia di tentare una definizione sintetica e facile per com-prendere il regno dei cieli. Il tentativo risulterebbe però ben difficile, se Gesù stesso ha preferito fare dei giri larghi (la parabola è difatti una linea curva) invece di andare per affermazioni in linea retta.
Il problema è che il regno dei cieli è la stessa realtà di Dio, il suo amore, la sua potenza, la sua grandezza che si rivela nella persona di Gesù . “Ma se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio” (Mt 12,28). Tuttavia la nostra realtà umana non può contenerlo per intero. Le nostre definizioni non possono de-finire il regno di Dio (o dei cieli, che è la stessa cosa), cioè delinearne i contorni, perché ne taglieremmo via comunque una parte. Basta rendersi conto della difficoltà di cogliere con un solo sguardo un qualsiasi oggetto dello spazio per costatare che  ogni punto di osservazione ci nasconde gli altri lati; o guardo il fronte o guardo il retro, o guardo il lato sinistro oppure il destro.

Immaginiamoci dunque la difficoltà di cogliere con un solo sguardo il regno dei cieli, con un solo concetto l’amore di Dio, con una sola definizione la sapienza di Dio, e quindi con dei semplici dati anagrafici la persona di Gesù: impresa davvero ardua.
La sublime maniera di rivelarsi di Dio è appunto una persona umana: Gesù di Nazareth.
 “E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani “( 1Cor 1, 22-23 ); ecco dunque che la pienezza del regno dei cieli è la persona di Gesù stesso e fare esperienza della bellezza di tale regno significa fare esperienza della persona di Gesù, nella sua Parola, nella celebrazione dei suoi segni-sacramenti (soprattutto l’Eucaristia), nello spirito che anima la nostra ricerca della Verità e del Bene … ammesso che queste cose ci interessino veramente.
Allora il regno dei cieli è la presenza di Gesù risorto che mi si può rivelare in ogni piccolo avvenimento, in ogni incontro, in ogni impegno da assolvere; il regno dei cieli è il tesoro trovato nel campo per il quale vale la pena dare vie tutte le altre cose.
Il regno dei cieli è anche la presenza di Gesù risorto nel mio cuore assetato di cose belle, è il suo spirito che mi guida verso ciò che veramente corrisponde e che può saziare la mia sete di senso e la mia fame di verità; il regno dei cieli è lo stesso cercatore di perle.
Il regno dei cieli è intorno a me e tutto mi parla di Lui, perché attraverso ogni fratello e ogni cosa Lui mi guarda, mi custodisce, mi cerca, mi consola, mi attira. Il regno dei cieli è una rete che ci accoglie e che ci raccoglie.
Il regno dei cieli è un’esperienza, l’esperienza di una persona vivente: Gesù di Nazareth, risorto, e quindi vivo e vegeto! Una persona non può essere conosciuta per concetti o per definizioni, ma solo per un’esperienza diretta.

Mi piace qui ricordare la più bella definizione di missione che abbia mai sentito e che ho ascoltato anni fa’ dalla bocca del mio professore di teologia sacramentaria: essere missionario, disse, significa essenzialmente vivere un’esperienza di Cristo in mezzo agli uomini.
Vivendo qui in Bénin, in una terra di quasi-prima-evangelizzazione, sento sempre più vera quella definizione. Essere missionari significa essenzialmente vivere la propria fede con la passione di colui che cerca, con la sobrietà di colui che si concentra sull’essenziale, con l’abbandono di colui che si lascia “rapire” da Chi, a sua volta, è venuto a cercare noi. Essere missionari, in fondo, significa custodire una relazione di profonda intimità con il Mittente.
 
Oggi, venerdì 22 luglio 2011, mancano 119 giorni all'arrivo di Papa Benedetto XVI qui in Bénin.

sabato 16 luglio 2011

Commento al Vangelo XVI Dom TO anno A, 17 luglio 2011.

Comunque vada sarà un successo!
(Cf Mt 13, 24-42)


TESTO

24 Un'altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.25 Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.26 Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?28 Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?29 No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.30 Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».

31 Un'altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.32 Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».

33 Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».

34 Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,35 perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36 Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».37 Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.38 Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,39 e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.41 Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità42 e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

COMMENTO

Ancora un’immagine tratta dal mondo agricolo e ancora un particolare molto anomalo per attirare l’attenzione del lettore. Faccio riferimento alla prima delle tre parabole,  quella  della zizzania: sembra veramente imprudente lasciare un campo seminato a se stesso, senza neppure zapparlo, tenuto conto che al tempo di Gesù non esistevano i diserbanti. Eppure questo seminatore della Parola, di cui già si parlava Domenica scorsa, non solo getta il seme ovunque, perché ovunque si potrà trovare un fazzoletto di terra buona che moltiplicherà abbondantemente il seme, ma non si preoccupa neppure di zappare le erbacce che gli crescono intorno, perché una volta cresciuta, la spiga non può essere soffocata da alcun agente esterno. Tutti purtroppo noteranno che nel campo di grano c’è della zizzania ma la crescita di questa non potrà arrestare la crescita fino alla piena maturazione del buon grano. Questo grano, evidentemente, ha una crescita inarrestabile che neppure i servi del padrone arrivano a immaginare. Che si tratti di un grano geneticamente modificato? Forse si: addirittura qualche gene di origine divina!
Interessante notare che se i servi del Padrone vorrebbero prendere l’iniziativa di raccogliere la zizzania, il padrone si guarda bene dall’accettare la proposta: le loro mani così grossolane non potrebbero non strappare anche una pur piccola parte di grano buono. Non sia mai! Quelle poche spighe buone sradicate per sbaglio non potranno mai essere il prezzo da pagare per eliminare tuta la zizzania.

Ho provato a spiegare questo messaggio a Sophie (nome di fantasia) di Cotonou, dicendole che il Bene è inarrestabile, che se uno sceglie il Signore Gesù così come gli apostoli e i loro successori ce lo propongono,  non c’è niente altro da temere perché l’Amore di Dio trionfa e niente lo soffoca. Purtroppo Sophie continua ad avere paura. Sostiene che sua madre, una ricca commerciante beninese e membro della locale massoneria, l’ha sacrificata a Satana: sarebbe a dire che, sempre a suo dire, durante un sacrificio offerto a Satana per raggiungere a tutti costi la ricchezza materiale, quest’ultimo avrebbe chiesto alla madre il sacrificio dell’anima di sua figlia.
Sophie si ammala spesso, ha paura, vive da sola con uno zio, riceve qualche soldo dal parroco per andare avanti. Il suo problema non è il denaro o il basso livello di scolarità; il problema è l’emancipazione della sua coscienza, la fede salda nel Dio di Gesù Cristo, l’unico vero Dio, l’unico Onnipotente, così tanto onnipotente che si può permettere la libertà di lasciar crescere la zizzania. Qui come altrove la vera emancipazione è frutto soprattutto dell’accoglienza del Vangelo. Gesù l’aveva detto: « … la verità vi farà liberi» (Gv 8,32).

Sembrano favole ma posso assicurare che la zizzania della stregoneria, del feticismo, dello spiritismo in genere è il vero flagello di questa società, una società tuttavia con potenzialità enormi, in termini di intelligenza, energie e intraprendenza. Confratelli sacerdoti beninesi mi assicurano che molti (anche buoni cattolici praticanti) vanno a spendere soldi a palate per andare da questi “esperti” dalle più varie denominazioni, per comprarsi una protezione che funzioni contro tutti gli influssi negativi. Gente che potrebbe non mancare di niente che si indebita fino al collo per essere protetta dal male.
La vera emancipazione di un popolo è frutto dell’accoglienza del Vangelo di Cristo. Se crediamo che il Signore Gesù è l’Onnipotente, perché temere la zizzania intorno a noi? O perché addirittura avere la pretesa di eliminarla? E’ il Signore, e solo Lui, che alla fine di tutto trionferà. Che forse il Signore permetta la crescita della zizzania per mettere alla prova la nostra fede?

 “Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Rm 8,31-39).

Oggi, 16 luglio 2011, mancano 125 giorni all'arrivo di Papa Benedetto XVI qui in Bénin.

sabato 9 luglio 2011

Commento al Vangelo XV Dom TO anno A, 10 luglio 2011

Il seminatore sprecone

Testo
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.3 Egli parlò loro di molte cose in parabole. Parabola del seminatore E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5 Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.7 Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.8 Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.9 Chi ha orecchi intenda».
10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».11 Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.12 Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.13 Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.14 E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
15 Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
16 Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.17 In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
18 Voi dunque intendete la parabola del seminatore:19 tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.20 Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,21 ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.22 Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.23 Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».


Commento.
In teologia mi insegnarono che le parabole raccontate da Gesù sono dei piccoli capolavori letterari, dove la semplicità si coniuga alla profondità, l’immediatezza alla densità di riflessioni possibili. Ciò che accomuna le parabole di Gesù è che quasi sempre il messaggio che l’autore vuole far passare è contenuto proprio in uno o più elementi apparentemente strani. In questo caso ad esempio, come è possibile che questo seminatore non abbia dato una guardata a dove gettava le sue sementi? Certamente un contadino che deve seminare un campo non può far caso a dove cade ciascun seme, ma ci sarebbe da chiedersi se non abbia prima fatto attenzione a dove stava sparpagliando la sua ricchezza: se nel terreno ci sono un po’ di sassi da una parte, da un’altra le spine e pure delle strade che lo attraversano, ma vale la pena di seminare un campo simile? Una risposta possibile è che questo seminatore è tanto sicuro della resa del seme caduto sulla terra fertile che non si preoccupa più di tanto se se ne perde un po’; la resa di pochi semi lo ricompenseranno del fallimento degli altri.

A noi, cosa vuol dire Gesù? Senz’altro che la potenza della sua Parola, delle sue promesse, della sua Grazia non è da mettere in discussione; come è detto nella prima lettura tratta dal profeta Isaia, la Parola di Dio non può non fare effetto e se fallimento c’è, esso viene piuttosto dalla mancata accoglienza e dalla poca disposizione.
Così penso alla mia Italia, quel mondo che mi ha dato i natali: vi vedo tante spine, un terreno che fa’ crescere e germogliare il seme ma dove le preoccupazioni del mondo sono così aggressive che spesso questa crescita è soffocata e vanificata. Vi vedo però anche il terreno buono che ha reso il trenta, il sessanta e a volte anche il cento per uno. Guardiamo un attimo quanti santi ha “prodotto” la terra italiana: centinaia. Basterebbe prendere un qualsiasi giorno dell’anno, guardare il calendario e accorgersi che possiamo ricordarne uno ogni giorno: oggi ad esempio è Santa Veronica Giuliani (anche se la liturgia romana lo celebra domani 10 luglio), autentico capolavoro della Grazia divina e di un’umanità che ha deciso di essere un terreno fertile per la parola di Dio.
Penso anche alla mia Africa, al mio Bénin: vi vedo tanti sassi, un terreno che fa’ spuntare subito il filo d’erba ma che mancando di profondità non tiene il colpo, non persevera, non riesce ad andare al di la’ di un fuoco di paglia. Anche qui però c’è il terreno buono che produce  cento volte. Stiamo celebrando i 150 anni di evangelizzazione del Bénin e tra 132 giorni ( il 18 novembre 2011) il Papa Benedetto XVI verrà appunto a chiudere le celebrazioni giubilari. Un secolo e mezzo è lungo ma è anche uno spazio di tempo molto breve: la parola di Dio ha prodotto frutti abbondanti, tanti uomini sono stati martirizzati a causa della loro fedeltà al Vangelo e se non sono stati beatificati è solo perché non ci sono i soldi per aprire i processi di beatificazione. Ho ricevuto testimonianze dirette di alcuni catechisti che sono stati  avvelenati dai loro stessi familiari a causa del loro desiderio di ricevere il Battesimo di Cristo. Qualcuno è stato messo sulla strada dai suoi per aver lasciato l’Islam e aver scelto il Cristo Gesù. Anche questa è terra di martiri, terra benedetta da Dio.
Ognuno di noi ha ricevuto la benedizione dell’anuncio della Parola: cosa ne stiamo facendo?

venerdì 1 luglio 2011

Commento al Vangelo XIV Dom TO anno A, 3 luglio 2011

Così piccoli e così grandi.
( Cf Mt 11,25-30)

Testo.

In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».

Commento.

Gesù prega ad alta voce e rivolgendosi al Padre lo benedice per la sua gratuita predilezione per i piccoli della terra a discapito dei sapienti e degli intelligenti ai quali i misteri di Dio resteranno nascosti. Francamente non mi sento una cima, né particolarmente dotato a livello di intelligenza ma sembrerebbe quasi che i discepoli di Cristo dovranno essere necessariamente una massa di testoni, di poco o nullo spessore intellettuale, insomma gente sempliciotta.
Per capire chi sono gli intelligenti e i sapienti a cui Gesù si riferisce basterebbe invece andare al capitolo 9 del Vangelo di Giovanni dove Egli, dopo aver guarito il cieco nato, dice di essere venuto per ridare la vista ai ciechi e per rendere ciechi quelli che vedono, cioè quelli che credono di vedere. Ma le parole di Gesù sono ancora più chiare all’ultimo versetto del capitolo: “Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane»” (Gv 9,40-41).
Ecco chi sono gli intelligenti e i sapienti: sono quelli che credono di vedere, quelli che pensano di non avere bisogno del medico, quelli che come Adamo ed Eva dicono ”…ma chi l’ha detto che questo è male e questo è bene! Mi piace e quindi lo mangio (lo faccio)”. In definitiva sono quelli che non sentono il bisogno di essere salvati perché la salvezza se la danno da soli.

Ascoltavo giorni fa’ un dibattito radiofonico su RFI (Radio France International); alla domanda sulle proprie convinzioni religiose, uno degli intervenuti ha risposto: “No, non sono un credente. Per un credente prima c’è Dio e poi viene l’uomo, per me invece prima c’è l’uomo e poi viene Dio. Ecco il sapiente, ecco l’intelligente a cui Dio non si rivela, colui che è pieno di sé a tal punto da mettere se stesso al posto di Dio.

Ho sentito anni fa’ la bellissima testimonianza di un Vescovo relativamente al momento della notizia della sua nomina. Una delle prime cose fu quella di comunicarlo a sua madre la quale gli disse: ”Ricordati figliolo che Gesù è entrato a Gerusalemme cavalcando un asino. Finché continuerai a sentirti asino, Gesù continuerà a cavalcarti; ma se cominci a sentirti un cavallo, Gesù scende.”
Non è questione di rivalsa da parte di nessuno, tantomeno da parte del Signore, ma è questione di linguaggio: Dio parla il linguaggio dei piccoli perché è il suo modo di rivelarsi e di essere. Infatti “nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.” Per capire le cose del Signore e farsi capire dal Signore, bisogna di farsi piccoli come Gesù.

Una delle prime impressioni che ho avuto quando venni qui in Bénin la prima volta (per soli 2 mesi) nel 2001, fu la spontaneità e l’immediatezza della fede della gente comune. Entrando un giorno nel cortile di una parrocchia del centro di Cotonou, rimasi colpito da una donna che davanti a un crocifisso a grandezza reale, si bracciava, si sbatteva, gesticolava e sbraitava a mezza voce, come se parlasse a qualcuno. Quel modo così schietto e verace di pregare mi colpì a tal punto che se, per assurdo, fossi stato io il destinatario delle sue richieste, l’avrei esaudita in tutto. Aveva l’atteggiamento di una donna “piccola”, di una donna che non aveva altra ricchezza che la sua fede, perché la sua fede forse le dava la certezza di parlare concretamente a Qualcuno che era all’ascolto.

Ecco il giogo che Gesù ci chiede di prendere su di sé, lo spirito delle beatitudini: tutti i comandamenti che Dio ci ha dato e che Gesù riassume nel comandamento della carità sono il frutto di un cuore mite, umile e puro, un cuore come quello di Gesù che in ogni istante si abbandona al Padre: bambino dodicenne, rispondendo ai suoi genitori:  “non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio!?” E adulto, morendo sulla croce: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito.”

 
Oggi, venerdì 1 luglio 2011, mancano 140 giorni all'arrivo di Papa Benedetto XVI qui in Bénin ... a Dio piacendo.