venerdì 31 maggio 2013

Commento Vangelo Domenica "Corpus Domini". 2 giugno 2013




MOLTIPLICAZIONE SENZA FINE


 

TESTO ( Lc 9,11b-17)


In quel tempo, Gesù prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure. 12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». 13 Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14 C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». 15 Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. 16 Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
 


COMMENTO
 

A chi aveva bisogno di cure Gesù parla del regno di Dio e dona la guarigione; ci fa venire in mente le sue parole del discorso della montagna: “cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6,33). Gesù vuole saziare anzitutto della sua presenza tutti i bisognosi e gli afflitti che cercano lui, vuole a tutti annunciare che nella sua persona e nella sua parola c’è una nuova forza e potenza che supera tutte le altre e che è più forte anche della morte: questa è la forza del regno di Dio che domina su tutto e su tutti, la forza che solo in Gesù riceviamo.
 

A partire dalla centralità di Gesù ogni deficienza è colmata, ogni male è sanato, ogni lacrima è asciugata, ogni fame è saziata. Gesù è tanto consapevole di questo che non si lascia impaurire dalla notte che sopraggiunge nel deserto ove lo seguono cinque mila uomini, perché lui è vero cibo.
La moltiplicazione di quel poco cibo, senza che neppure sia necessario andarne a comprare altro è il segno che in Gesù abbiamo l’essenziale, e che lui stesso si fa cibo per una moltitudine immensa di uomini.
 

Bello il segno delle dodici ceste avanzate perché sembrano rimandarci ai dodici apostoli e al pane eucaristico che i dodici apostoli e i loro collaboratori e successori hanno distribuito nei secoli senza che andasse disperso.
 

Tanto frequentemente ho celebrato l’Eucaristia in villaggi molto periferici e poveri della boscaglia beninese, e tante volte ho benedetto il Signore con meraviglia perché il pane della vera vita che ci offre nel suo corpo non va mai sprecato ma anzi sempre si moltiplica e si moltiplicherà per portarci l’essenziale: l’amore di Dio che solo può regnare e vincere sulle nostre debolezze, paure, peccati, frustrazioni, angosce.

venerdì 24 maggio 2013

Commento Vangelo Domenica della Santissima Trinità. 26 maggio 2013.



COMPRESI NEL MISTERO

 

TESTO ( Gv 16,12-15 )
 

12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. 14 Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. 15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà.


 

COMMENTO
 

 I miei anziani confratelli missionari mi raccontano di noiose dispute territoriali che sono avvenute con dei contadini del luogo: semplicemente perché anni prima il papà di questi aveva venduto la sua terra ai frati che vi avevano costruito il loro convento. Nonostante tutti i regolari passaggi di proprietà e relativi pagamenti, alla morte del loro papà i suoi figli ancora ne rivendicavano la proprietà, perché quella terra apparteneva al loro padre , e quindi più o meno indissolubilmente anche a loro, e siccome al tempo della vendita non erano stati consultati rivendicavano il diritto su quella terra. Anche perché nel frattempo il padre aveva scialacquato tutto.
 

Sembra proprio che ciò che appartiene al padre appartenga anche al figlio, per sempre. Il Signore ci dice che nella sua esperienza umana non è mai venuta meno la sua perfetta comunione col Padre e che egli non ha mai perduto le sue prerogative divine ma ha saputo rinunciarvi, non venendo per essere servito ma per servire. Tutto ciò che è del Padre è sempre stato anche suo.
 

Se questa è la relazione tra il Padre e il Figlio, possiamo essere certi che lo Spirito che ci dona le cose del Figlio, e quindi anche del Padre, è la presenza di Dio stesso in mezzo a noi. Noi non vediamo più il Figlio, ne abbiamo mai visto mai il Padre, ma lo Spirito ci parla di Dio, ci guida alla comprensione di questo mistero grande di un Dio che è 
amore in se stesso, unica sostanza e perfetta comunione di tre persone.
 

Un’altra conseguenza che ne viene è che la comprensione di Dio e dei suoi misteri è più alla portata degli uomini che vivono nello spirito che a coloro che lo cercano solo con l’intelletto. Gesù disse alla samaritana: “Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv 4,24). 

Solo lo Spirito apre alla comprensione dei disegni di Dio, e solo a chi si pone in atteggiamento di adorazione e di obbedienza alla verità. Solo nello Spirito si può amare e essere compresi in questo grande oceano di pace che è l’amore trinitario rivelato dalla e nella croce di Gesù. Non a caso ci facciamo il segno della croce enunciando la Santissima Trinità.

sabato 18 maggio 2013

Commento al Vangelo Domenica di Pentecoste. 19 maggio 2013




A GUARDIA DELLA NOSTRA VITA
 

TESTO  ( Gv 14,15-16. 23b-26)
 
15 «Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16 e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre.[…]
23 Gesù gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato.
25 Vi ho detto queste cose, stando ancora con voi; 26 ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto.

 
COMMENTO
 
Il mondo dello spirituale non sempre viene percepito come una realtà positiva e benefica nei confronti degli uomini. Più volte in Bénin ho notato che parlare di spirito e di spiriti evoca delle paure che sono legate alla naturale fragilità dell’uomo e al riconoscimento dei suoi limiti. E allora gli spiriti fanno soprattutto paura.
 
Lo spirito di cui ci parla Gesù e che dal Padre continuamente ci invia è tutt’altra cosa: egli è spirito paraclito, cioè consolatore, colui che sta sempre presso di noi per guidarci, sostenerci e proteggerci, per continuare la missione del Figlio di Dio. Questo spirito è Santo, cioè viene da Dio, ci parla di lui, viene da lui e vuole ricondurci a lui. Egli è una persona, nel senso che è una presenza costante nella nostra vita, come un compagno di viaggio permanente, come una guardia del corpo. Egli è la guardia di tutta la nostra vita, non solo del corpo.
 
Non solo la Chiesa ha vissuto la Pentecoste 50 giorni dopo Pasqua, ma la vive in ogni suo membro quando questi si apre all’amore di Dio, a questo flusso di corrente benefico che sempre vuole rinnovarci e farci belli. Ognuno ha la sua pentecoste personale quando con sincerità cerca di seguire i comandamenti di Gesù vivendo come lui ha vissuto, amando i fratelli come lui li ha amati, ricevendo e vivendo la Grazia che lui ci dona; quando si mette in ascolto di quella delicata voce che nel nostro cuore sempre invoca: “Abbà, Padre!”

venerdì 10 maggio 2013

Commento Vangelo Ascensione. 12 maggio 2013.

          
           
          UN PONTE TRA CIELO E TERRA

TESTO ( Lc 24, 46 – 53 )


46 «Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, 47 e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. 48 Voi siete testimoni di queste cose. 49 Ed ecco io mando su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi, rimanete in questa città, finché siate rivestiti di potenza dall'alto.
50 Poi li condusse fuori fin presso Betania; e, alzate in alto le mani, li benedisse. 51 Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato su nel cielo. 52 Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53 e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio.


 

COMMENTO
 

Il ponte è gettato , il cielo è conquistato, la croce di Cristo ha riagganciato la terra al cielo, e il primo a percorrere questo cammino di gloria è proprio il condottiero cha ha sconfitto la morte e per primo merita di entrare trionfante nella dimora di Dio, il cielo.
 

Il cielo è luogo fisico simbolo della trascendenza,  luogo del mistero dove vengono collocate tutte le forze e gli elementi del cosmo che l’uomo non ha mai potuto padroneggiare, una sorta di alibi per l’impotenza che l’uomo deve riconoscere fronte al suo sogno mai realizzato di stra-potere sulle cose della terra.
 

Per il discepolo di Cristo il cielo è figura della trascendenza di Dio, è la dimora di colui che è l’infinitamente altro,  è il luogo dove pensiamo il “Padre nostro che sei nei cieli”, luogo della perfetta armonia divina intra-trinitaria che vorremmo riprodurre il più possibile nei rapporti umani: “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”.
 

Quanto distante ci sembra la terra dal cielo, quanto lontana la pace di Dio dalle nostre guerre e da tutti i flagelli che ci infliggiamo gli uni gli altri! Su tutti questi marosi e tempeste il Signore ci fa approdare al porto sicuro del cielo, della vita eterna, del paradiso, perché egli della sua croce fa un ponte che riapre la via, un ponte sul quale egli si stende come vittima immolata per inaugurarlo e far passare tutti noi.
 

In una famosa canzone di Simon e Garfunkel “bridge over troubled water” si dice: “quando sei giù, quando ti senti piccolo, quando hai le lacrime agli occhi, io mi stenderò giù come un ponte sopra delle acque agitate”.
 

La sua croce è questo ponte! I suoi discepoli (finalmente)  lo avevano capito così bene che, anziché rattristarsi della sua salita al cielo, se ne rallegrarono e “tornarono a Gerusalemme con grande gioia”.

sabato 4 maggio 2013

Commento al Vangelo VI Domenica di Pasqua. 5 maggio 2013.

L’AMORE SI LASCIA TROVARE
 

TESTO (Gv 14,23-29)
 
 In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».



COMMENTO

Popolarmente si dice , per esprimere i dubbi sull’aldilà, che non è mai tornato indietro nessuno. Invece no. Noi crediamo che un uomo è tornato indietro dalla morte e questi è proprio Gesù di Nazareth. La fede cristiana ha la pretesa di affermare che il suo leader carismatico è vivo e che anzi si può continuare a fare esperienza di lui. 

Poche altre religioni la sparano così grossa! In Benin ci sono ogni tanto le processioni degli “esprits révenants” cioè degli uomini interamente ricoperti da un costume che, accompagnati da un piccolo corteo di adepti, si aggirano nei quartieri o nei villaggi come fossero lo spirito di un defunto.

 Noi andiamo più lontano: crediamo che Gesù è risorto con anima e corpo e che parla realmente nella Parola della Chiesa e della Sacra Scrittura, che si lascia toccare e amare nell’umanità del fratello, soprattutto se sofferente.
L’ascolto e l’amore a Gesù Cristo è cosa dello spirito ma non una teoria, perché è cosa del cuore. 

Cerchiamolo e amiamolo là dove lui ha detto di andarlo a cercare (“…questo è il mio corpo”, “…chi disprezza voi, disprezza me”, “ogni volta che farete queste cose a uno dei miei fratelli più piccoli l’avete fatta a me”), e la nostra pace sarà grande.