sabato 31 dicembre 2022

Nomen est omen

 

 1 gennaio: Maria santissima madre di Dio


Dal Vangelo secondo Luca (2,16-22)

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 

Commento

 Anche dalla prima lettura di questa Domenica emerge un aspetto che troppo spesso riteniamo secondario: il nome. L’evangelista tiene a specificare che a quel bambino di Betlemme “gli fu messo nome Gesù; come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo” ...di Maria.

"Nomen est omen" dicevano i latini; tradotto: Il nome è un augurio: Gesù significa “il Signore salva”. Quel Dio il cui nome non era nemmeno pronunciabile dagli ebrei, ora non solo ha un nome di uomo, ma assume anche delle fattezze e dei contorni umani, pur rimanendo in tutto Dio.

La festa odierna “Maria santissima, madre di Dio” vuole farci riflettere sul fatto che accogliendo il saluto dell’angelo, la vergine ha generato veramente il figlio di Dio, e che in quella persona a cui non manca nulla della nostra natura umana, abita corporalmente – come direbbe san Paolo - tutta la pienezza della divinità.

Dio si è fatto uomo per salvarci dal peccato? Sicuramente sì! ma più ancora si è fatto uomo per farsi vicino a noi, per darci accesso tramite l’assunzione della nostra umanità, alla sua propria divinità.

Non stanchiamoci mai di invocare il nome di Gesù. Già solo invocarlo è aprire il cuore alla sua presenza, quella presenza che, pur non svanendo mai, resta tuttavia molto discreta. Il Catechismo cella Chiesa Cattolica, al n. 2666 arriva a dire: "Pregare «Gesù» è invocarlo, chiamarlo in noi. Il suo Nome è il solo che contiene la Presenza che esso significa". Più che mai all’inizio di questo nuovo anno, ognuno di voi possa invocare il nome di Gesù sulla propria vita. Pace e Bene!

venerdì 23 dicembre 2022

Nulla sarà mai perduto

 

Commento al Vangelo del Natale del Signore - liturgia della Notte


Dal Vangelo di Luca (2,1-14)

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

 

Commento

 Il Signore, tramite il profeta Isaia, afferma che: “… i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie […] Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. (Is 55,8-9).
Eppure, c’è una notte della storia del mondo in cui le vie di Dio e le vie dell’uomo si toccano per non separarsi mai più. Sicuramente i modi di agire e di amare di Dio rimangono a distanze siderali da quelli dell’uomo, ma in quella notte di Betlemme, ma dovremmo meglio dire, fin dal momento dell’annunciazione a Maria, pur non essendo Dio, l’uomo può accedere ai sentimenti e ai pensieri di Dio e nulla per lui sarà mai più definitivamente perduto.
Papa Francesco nella lettera di indizione dell’anno dedicato a San Giuseppe (Patris corde, 2) dice che “La storia della salvezza si compie «nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18) attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza".
Sbaglieremmo se pensassimo di essere ammessi alla grotta di Betlemme in virtù della nostra osservanza dei comandamenti, o in virtù della nostra vita ordinata. I pastori di Betlemme, nella loro umiltà e impurità rituale secondo le leggi ebraiche, stanno ad indicarci che il Signore è venuto per tutti, e che ha una via di bene anche, e soprattutto, per chi è tentato di pensare che “Ormai…la vita è andata in un certo modo e c’è ben poco da fare”. Se è vero che le conseguenze di certi sbagli hanno coda lunga, è anche vero che l’amore di Cristo potrà rinnovare anche i tempi e i luoghi più difficili della nostra esistenza. E ancora il santo padre aggiunge:
[…] Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa debolezza, la nostra stessa fragilità”. (Patris corde, 2).

lunedì 19 dicembre 2022

La promessa che genera

 

Commento al Vangelo della IV Domenica di Avvento, anno A – 18 dicembre 2022



Dal Vangelo di Matteo (1,18-24)

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

 

Commento

 A volte bisogna assumersi la paternità anche di ciò che non è nostro. Questo è il gesto eroico del padre più coraggioso che sia mai esistito su tutta la terra, escludendo quindi il Padre nostro che è nei cieli. Giuseppe ha rischiato la vita, ha percorso chilometri, è stato fuggiasco in Egitto… tutto questo per cosa? Per ciò che non gli apparteneva, per un bambino che non era frutto della sua carne.
Giuseppe ha saputo riconoscere e dare un nome a quel pezzo di storia sacra che gli stava scorrendo tra le mani: Gesù. Nel sogno gli viene detto. “Non temere di prendere con te Maria tua sposa. Quel bambino generato in lei viene dallo Spirito Santo. Lo chiamerai Gesù”. E lui si fida e così fa. 

Ma perché così spesso non sappiamo digerire tante cose che ci accadono? Perché non siamo capaci di accettare la paternità di alcuni pezzi della nostra vita? Perché non ci sentiamo a casa in mille situazioni? Perché non crediamo che anche in quella vicenda, anche in quella situazione deludente, anzi che ha preso una piega totalmente diversa da quella che ci si poteva aspettare, Dio possa prendere casa in noi, benedicendo la nostra vita.

Giuseppe … prese con sé la sua sposa: significa che non temette di perdere quella “promessa” di felicità che il Signore gli aveva fatto tramite quella ragazza, Maria. Il termine “sposa” significa letteralmente “colei che è promessa”. Giuseppe non ha perso la speranza, anche con delle prospettive immediate quanto meno complicate e intricate.

Il furto più grave che potremmo mai subire è  che ci venisse rubata la speranza di poter vivere la bellezza dell’amore, di poter sperimentare – da subito - briciole di felicità, la speranza di veder crescere già in questo mondo i germogli di cieli nuovi e di una terra nuova. Ma tutto ciò sarà possibile fidandosi delle promesse del Signore, accettando di vivere con lui e nella sua fede anche le cose più distanti dalle nostre pur legittime aspettative.

domenica 11 dicembre 2022

Decifrare la storia

Commento al Vangelo della III domenica di Avvento, anno A – 11 dicembre 2022


Dal Vangelo di Mt (11,2-11)

  In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».


Commento

 Diceva Mounier (filosofo francese) che se un’esperienza non viene interpretata rimane muta”. Di fronte all’evento più eclatante e sorprendente occorre sempre chiedersi il senso e il significato, per evitare che rimanga solo un fatto di archivio. In fondo anche in senso laico, si dice che la “storia è maestra di vita” (ammesso che ci sia qualcuno che abbia voglia di ascoltarla!).

Gesù di fronte alle domande degli inviati del Battista, incarcerato, invita a capire i gesti che stava compiendo alla luce della Scritture, più precisamente delle profezie di Isaia, capitolo 29. E alle folle che gli sono davanti chiede di leggere anche la vita dello stesso Battista alla luce delle parole del profeta Malachia. 

Ogni accadimento, bello e soprattutto avverso, diventa indecifrabile senza la luce del Verbo, della Parola divina. Proprio per questo, tra due settimane celebreremo l’arrivo del Verbo di Dio, luce del mondo, proprio nel cuore della notte. Quanto più fitte le tenebre tanto più splendente sarà la rivelazione. 

Ma per chi splenderà questa luce? È riservata ai piccoli. Non ai grandi della storia, e neppure ai grandi asceti (come il Battista) se non si chinano a contemplare il più piccolo del regno di Dio, Gesù. Certo, proprio Lui, Dio, che si è fatto uomo e il più piccolo e disprezzato tra gli uomini e che non disdegnò di farsi uomo e di morire per noi (cfr Fil 2,1 ss). Nessun uomo potrà mai percorrere una discesa così enorme; e nessuno potrà mai comprendere nulla del mistero del mondo e della sua stessa esistenza se non si chinerà a contemplare la piccolezza di Dio a Betlemme. Perché così è piaciuto a Dio che “ha nascosto queste cose ai sapienti e agli autosufficienti, e le ha rivelate ai piccoli”, primo fra tutti Gesù di Nazareth. E proprio per questo è stato costituito al di sopra di ogni cosa in cielo e sulla terra. Allora: Buona discesa!

mercoledì 30 novembre 2022

Dall'acqua al fuoco

 Commento al Vangelo della II Domenica di Avvento, anno A – 4 dicembre 2022

 

Dal Vangelo di Matteo (3,1-12)

In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli, infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò, ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».


Commento

Di solito si viene con l’acqua per spegnere il fuoco. Giovanni Battista, invece, annuncia che è venuto a portare il battesimo in acqua prima del fuoco inestinguibile, quello dove viene gettato ogni albero che non da frutto.

Ma, basterà a salvarci da questo pericolo l’acqua di Giovanni? Diciamo, di si, a patto che lo si capisca nella sua funzione di preparazione, di disposizione ad accogliere il completamento di un’altra acqua, quella del Battesimo di Gesù, o meglio del Battesimo che dopo la sua Pasqua ogni uomo può ricevere “in” Gesù, nel suo corpo spirituale e vivo che è la Chiesa. Quest’ultima acqua è simboleggiata dall’acqua e dal sangue che sgorgano dal costato di Gesù appena morto in croce, ed è un’acqua che oltre a purificare, dona un altro fuoco, di cui si parla in questo vangelo: il fuoco dello Spirito Santo, cioè il fuoco dell’amore di Dio fatto persona. Lui, sì, che ci purifica totalmente da ogni scoria e realizza la profezia del profeta Malachia: “Purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’oblazione secondo giustizia” (Ml 3,3).

Anche noi, quando scaldiamo delle vivande in un forno tradizionale, ci premuriamo di non inserire alcunché di infiammabile che, bruciando, rovinerebbe tutto il cibo.
 Similmente la divina pazienza, nel Battesimo di Gesù, preparato da quello di Giovanni Battista, ci ha donato una purificazione da ogni scoria e impurità della nostra umanità in modo che il nostro destino di gloria, non solo non venga compromesso da ciò che gli è incompatibile, ma risplenda in eterno nella luce di Dio

Di qui capiamo anche il senso delle due venute del figlio di Dio nella storia. La prima, nell’umiltà dell’incarnazione, che celebreremo nella Solennità del Natale, è servita a Gesù ad annunciare la benevolenza di Dio Padre, e a ricondurre gli uomini al suo cuore misericordioso. La seconda, nella gloria del giudizio finale, ricapitolerà ogni cosa in Cristo e spalancherà il suo regno di amore senza fine a chi in questa vita da questo amore si è lasciato guarire.

mercoledì 23 novembre 2022

Prossima fermata: Paradiso

Commento al Vangelo della I Domenica di Avvento, anno A – 27 novembre 2022

 

Dal Vangelo secondo Matteo (24,37-44)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

 

Commento

I Domenica di Avvento: la narrazione di un fatto passato, l’annuncio di un evento di salvezza, e un’esortazione a prepararsi di conseguenza. Così possiamo sintetizzare il Vangelo di questa prima domenica di Avvento e quindi del nuovo anno liturgico.
Ai tempi di Noè – attenzione: stiamo parlando di un racconto simbolico che non racconta fatti storici, ma narra delle verità in forma simbolica – ai tempi di Noè, dicevo, l’umanità era totalmente addormentata nel male, e Dio che non sopportava di vederla totalmente persa, ne salva un piccolo gruppo, chiedendo a Noè di fare quella ormai celebre imbarcazione di fortuna: l’arca.  Questo il racconto della storia passata, ma sempre attuale…

…Così attuale che Gesù è venuto ad annunciare una salvezza più decisiva. Siccome continua ad esserci gente addormentata nel male, con la coscienza anestetizzata, totalmente disabituata a distinguere il male dal bene, egli – dopo essersi fatto uomo e offerto in sacrifico al Padre in nostro favore - tornerà a prendere e portare nel suo Regno chi ha saputo riconoscere la sua umile comparsa nel mondo e il suo annuncio di perdono. Tanti uomini lavorano, trafficano, mangiano e bevono senza amore nel cuore. Però ci sono anche quelli che, pur facendo le stesse cose – lavorare, trafficare, mangiare e bere – hanno accolto Gesù nella sua prima venuta e si sono imbarcati in un’altra scialuppa di salvataggio che nel frattempo è stata preparata, un’altra arca di salvezza: il suo corpo spirituale, la Chiesa, l’insieme di coloro che in Cristo sono stati battezzati: tutti coloro che, nutriti dalla sua grazia e dal suo amore, cercano – o quanto meno dovrebbero cercare -  di vivere i suoi stessi atteggiamenti di misericordia. In questo tempo storico, quindi tra la sua prima e seconda-definitiva venuta siamo in navigazione verso un porto di definitiva salvezza. A volte sembrerà di essere in alto mare, però questa arca, la Chiesa, vi assicuro, non affonderà mai. C’è un timoniere divino! 

Dicevo poi di un’esortazione finale, sì: quella di non addormentarsi, o se volete, di non lasciarsi cader in mare interrompendo la navigazione. Il porto sospirato comparirà prima o poi all’orizzonte, e questa barca, pur con tante falle, non solo non affonderà mai, ma arriverà a destinazione. Dunque, buona navigazione!

giovedì 17 novembre 2022

Chi non grida non conosce Dio

 

Commento al Vangelo della Solennità di Cristo Re (XXXIV Dom TO – 20 novembre 2022)


Dal Vangelo secondo Luca (23,35-43)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 

Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 

Commento

 Penso che ciascuno di noi vorrebbe sentirsi dire al tramonto dei propri giorni: “Oggi con me sarai nel paradiso”. E in realtà è tutt’altro che difficile; la cosa invece che sembra più difficile è che qualcuno si ricordi di gridare al Signore con tutto se stesso, come quel condannato a morte: “Gesù ricordati di me”! (dato che ormai nel suo regno ci è già entrato). Potremmo allora tornare alla domanda di Gesù che è riecheggiata nel vangelo di qualche domenica fa: “Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8).

Tutti noi abbiamo la possibilità di entrare nell’ “oggi” di Dio perché esso si prolunga lungo tutto l’arco della storia dell’uomo; non è limitato per noi al momento della morte, e anzi l’autore della Lettera agli Ebrei afferma: “Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest'oggi, perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato.” (Eb 3,13).

La miserevole condizione di quel malfattore, quindi, è trasformata in un momento straordinario di salvezza, perché di fatto egli è la prima persona che, stando al vangelo, con certezza è entrata in paradiso… Ancor prima della Vergine Maria! Ma un piccolo e consolante anticipo di paradiso potrebbe realizzarsi per ciascuno di noi, se al colmo della sopportazione o del dolore, in qualsiasi frangente della vita, lasciassimo uscire dalla nostra anima quello stesso grido: “Gesù ricordati di me”.   

A beneficio dei mei alunni di V I dell'IPSIA di Civitanova Marche