giovedì 30 marzo 2017

Commento al Vangelo di Domenica 2 aprile 2017, V di Quaresima, anno A



“Pietre rotolanti”


TESTO ( Gv 11, 38-44 )

Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.


COMMENTO

La pietra della tentazione e la pietra della risurrezione. Da un capo all’altro del nostro cammino quaresimale ritroviamo questo elemento della natura (una pietra) con significati ugualmente importanti ma anche tanto diversi.
Ricordiamo nella prima Domenica di Quaresima che Gesù fu invitato a cambiare le pietre in pane per sfamarsi, ma Gesù rispose che l’uomo vive, oltre che di pane, anche di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

La parola di Gesù trova una magnifica corrispondenza anche in questo Vangelo. Di fronte alla pietra tombale che custodisce la salma dell’amico di Lazzaro, dalla bocca di Gesù viene pronunciata una parola di vita, una parola che letteralmente dona vita.

Capiamo bene che la parola di Dio, la sapienza di Dio, che trova la sua personificazione umana in Gesù di Nazaret, è parola di vita eterna, una parola che nutre oltre la morte, dato che fa ritornare in vita. Il Signore continua ad invitarci a cercare anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia perché tutto il resto ci sarà dato in aggiunta. La vita vale veramente più del cibo. Cosa varrebbe, e cosa vale di fatto, un cibo sovrabbondante per delle esistenze spente che non riescono a gustarlo?

Il primo passo che il Signore ci chiede di fare è proprio di rotolare via quella pietra che ostacola il suo ingresso nella tomba dei nostri cuori. Quante pietre tombali abbiamo messo a chiusura del nostro cuore, nei confronti di qualche parente, familiare, di qualche collega di lavoro, e ultimamente nei confronti della sua Grazia? Il Signore ci chiede di liberare il nostro cuore da questi macigni spirituali, perché Lui viene a farci rinascere, a ridarci una nuova vita, un nuovo entusiasmo, una nuova speranza laddove tutto sembrava morto e sotterrato. La speranza è proprio il pane quotidiano di cui abbiamo bisogno. Anche a noi il Signore rivolge la stessa parola di vita rivolta a Lazzaro: “vieni fuori!”

giovedì 23 marzo 2017

Commento al Vangelo di Domenica 26 marzo 2017, IV Quaresima anno A.



LA GRAZIA DI VEDERE 
E DI SAPERE DI NON VEDERE


TESTO 
Forma breve: Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.


COMMENTO

Primo momento della veglia pasquale, madre di tutte le veglie, è giustamente la liturgia della luce; nella notte del prossimo 15 aprile per tre volte l'acclamazione "Cristo luce del mondo!" ci esorterà ad abbandonare il buio dell’ignoranza e del peccato.

Tuttavia in questa quarta Domenica di Quaresima l’episodio del cieco nato anticipa e preannuncia il grande bagliore della luce pasquale di Cristo risorto. Al centro della scena c’è Gesù e un uomo che mendicava il suo vivere quotidiano e che senza nulla chiedere riceve il tocco benefico di Gesù, cominciando a vedere per la prima volta in vita sua. Al Messia è sufficiente fare del fango mescolando della terra con la sua saliva, spalmarlo sugli occhi del cieco e inviarlo lavarsi nella piscina di Siloe (Inviato); tanto poco basta perché è il fango dell’umanità decaduta nel peccato, ma assunta dal Figlio di Dio, ad essere capace di guarire. 

Eppure quel mondo pre-esisteva al cieco. Certo quel cieco non ne aveva alcuna percezione visiva perché viveva al buio, ma un buio soggettivo provocato dalla sua cecità, non dalla mancanza di luce.

La luce di Dio ha sempre brillato nel mondo fin dalla sua creazione, ma gli uomini hanno chiuso i loro occhi, volgendo le spalle a Dio, peccando contro Lui, volendosi appropriare della conoscenza del bene e del male che può appartenere solo alla sua sapienza creatrice. Così facendo non hanno spento la luce, ma hanno spento i loro occhi, si sono tolti la possibilità di vedere le cose per quello che sono nella verità, e da lì sono nati tutti i problemi dell'uomo: cosmici, umani e spirituali. Da quel momento l'uomo ha iniziato a chiamare bene ciò che Bene non è, e a chiamare male ciò che male non è. L’umanità intera è divenuta cieca.

Ecco la Grazia di Cristo che viene a salvarci dalle conseguenze disastrose del nostro peccato, che viene a illuminarci, o se volete ad aprirci gli occhi. Quel cero pasquale acceso la notte di Pasqua, simbolo di Gesù risorto, ci parla! Quel cero pasquale, acceso per ognuno noi nei due momenti essenziali del Battesimo e delle esequie, segna l'inizio e la fine, a testimoniare che quella luce non ci abbandona mai, che non si spegnerà mai: Ma noi, cosa stiamo facendo di quella luce? Riconosciamo la potenza e la Grazia di Cristo e siamo capaci di professare ad occhi aperti, come il cieco nato: "Credo Signore" (Gv 9,38)? Oppure facciamo come i farisei che presumono di vedere e restano nel peccato? Per loro Gesù ha delle parole durissime: "Se voi foste ciechi, voi non avreste alcun peccato; ma voi dite: Noi vediamo! Il vostro peccato rimane" (Gv 9,41).
Accogliamo l’invito che il Signore rivolge alla Chiesa di Laodicea nell’Apocalisse: “Ti consiglio di comprare da me […] collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista (Ap. 3,18).

sabato 18 marzo 2017

Commento al Vangelo di Domenica 19 marzo 2017, III di Quaresima anno A



Ferite come feritoie



TESTO (Gv 4,5-42) 

(versione abbreviata) 
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

COMMENTO

Mentre leggo questo brano ho davanti agli occhi anche il brano dell’uomo ricco e del povero Lazzaro. Il ricco mangiava a crepapelle e sotto le sue finestre c’era un povero di nome Lazzaro, affamato, piagato, che però nel racconto di Gesù troverà consolazione dopo la morte a differenza del ricco che aveva già trovato consolazione nei beni di questo mondo.
Qui il povero affamato e assetato, nella realtà dei fatti, è Gesù; anche se nulla ci fa pensare alla donna samaritana come ad una donna ricca, per lei si presenta la stessa possibilità di incontrare la persona di Cristo vivendo quel momento storico nella sua problematicità/opportunità: dar da bere ad un uomo assetato. 

Per la donna samaritana suona il tempo della salvezza nel momento in cui il suo cuore si apre all’accoglienza di quel bisogno concretissimo, umano che ha dinanzi. Questa è la porta di ingresso attraverso la quale Gesù le si rende presente con un’acqua, la sua misericordia, ben più dissetante e salutare di quella che Lui stesso le stava chiedendo.

Proprio in questo modo, l’amore misericordioso di Dio ha scelto di entrare nel mondo: presentandosi lui per primo nella miseria umana di un uomo povero, assetato, e stanco per un lungo viaggio. 
L’incontro con la samaritana è esemplare dello stile con cui Dio entra nel mondo di ognuno di noi. La sua luce, e la sua Grazia, come acqua fresca, entrano nella nostra esistenza se solo sappiamo lasciarci sollecitare dalle ferite di chi ci passa accanto. In quelle ferite il Signore ci aspetta, e allora quelle ferite diventano come delle feritoie da cui entra per noi la luce di Cristo Signore.

Concludo con un passo del paragrafo 57 dell’Enciclica Lumen Fidei di Papa Francesco: La luce della fede non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo. Per quanti uomini e donne di fede i sofferenti sono stati mediatori di luce! Così per san Francesco d’Assisi il lebbroso, o per la Beata Madre Teresa di Calcutta i suoi poveri. Hanno capito il mistero che c’è in loro. 

venerdì 10 marzo 2017

Commento al Vangelo di Domenica 12 marzo, II di Quaresima, anno A



Inevitabili Chiaroscuri


TESTO ( Mt 17,1-9 )

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».


COMMENTO

La vita di Gesù come la nostra. Con le sue tentazioni , come abbiamo ascoltato essere avvenuto per Gesù nel deserto, secondo il Vangelo di Domenica scorsa; con le prospettive di un inevitabile passaggio nel dolore come Gesù stesso preannuncia ai suoi discepoli. Tutto questo avviene per ognuno di noi che sa di dover lasciare presto o tardi questa vita terrena; ma la vita di Gesù assomiglia alla nostra anche per l’esperienza trasfigurante della presenza di un Padre che sempre ci accompagna. 

La trasfigurazione di Gesù che viene annunciata tutti gli anni nella II Domenica di Quaresima, ridesta la fede e la consapevolezza della divino-umanità di Gesù. Egli è veramente uomo, ma veramente, in lui, Dio ha posto tutto il suo compiacimento, cioè il suo essere Dio di amore, misericordioso e compassionevole, e in Gesù anche noi possiamo vivere tale presenza. 
Nella lettura attenta del Vangelo ci accorgiamo che tutta la vita di Gesù trasmette e rivela la gloria di Dio Padre e in questo senso la Trasfigurazione è l’episodio guida dal quale Pietro, Giacomo e Giovanni, e poi tutti i discepoli, devono apprendere a leggere e contemplare la vita del loro maestro con occhi di fede.

Anche la nostra vita, appunto è così: dobbiamo imparare a leggere nella nostra storia la presenza del Signore Gesù. La sua umanità, crocifissa e gloriosa allo stesso tempo, si rende presente nelle nostre vicende storiche e in quelle dei  nostri fratelli. 
Solo con gli occhi del cuore si può intuire la presenza trasfigurante di Cristo che cambia l’amaro in dolcezza, come avvenne per San Francesco nell’incontro con i lebbrosi!

venerdì 3 marzo 2017

Commento al Vangelo di Domenica 3 marzo 2017, I Domenica di Quaresima anno A.



Nulla si trasforma ma tutto cambia


TESTO (Mt 4,1-11)

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame.

 Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».

Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.


COMMENTO

Le pietre restano pietre e non nutrono la stomaco e non saziano la fame. La pietra resta dura, durissima per poter accogliere la caduta di un uomo che si getta dall’alto di un tempio. La pietra continua a tentare perché ponendosi alla sommità di essa si possono contemplare le immensità dei regni della terra e la vista sempre potrà eccitare il desiderio di possesso.

 Cosa è cambiato nella vita di Gesù dopo quel lungo digiuno di quaranta giorni al termine del quale ebbe fame? L’uomo Gesù ha accolto la parola di compiacimento del Padre pronunciata nel Battesimo del Giordano e forte di quel compiacimento ha iniziato a cambiare la sua visione delle cose di questo mondo.

 La Parola del Padre lo ha accompagnato a saper distinguere ciò che è prioritario e ciò che, pur importante, resta secondario. La Parola del Padre, come pane disceso del Cielo e come manna nel deserto, lo ha condotto, ha dato a lui la forza di far a meno del pane materiale, pur necessario. Dunque la pietra potrà restare pietra, potrà restare un duro ostacolo su cui cadere o dall’alto del quale vedere tutte le cose più desiderabili. Ormai la parola di Dio Padre ha nutrito, ha reso Gesù forte di fronte a tutti i miraggi del deserto. 

Da questo momento Gesù saprà cambiare ogni vicenda umana dal di dentro, saprà anzi intravedere “Pietro” in umile pescatore di Galilea (salda pietra della nascente chiesa), saprà arrestare la potenziale violenza delle pietre di quegli anziani pronti a gettarle contro la donna adultera; saprà far riemergere la vita di Lazzaro dalla pietra tombale che lo teneva nella morte. Lo stesso Gesù rovescerà la pietra di un sepolcro, proprio perché vittorioso sulla facile tentazione dell’immediato. La sua docilità alla volontà del Padre ha dato lui la potenza di tutto cambiare dal di dentro, perché i cuori non siano più duri come pietra.  Buon cammino di conversione!