giovedì 11 marzo 2021

Giudici di noi stessi

 

IV domenica di Quaresima, anno B – 14 marzo 2021
 

Dal Vangelo di Giovanni (3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

COMMENTO

Non viene mai nominato ma la sua presenza traspare in modo ovvio dalle parole di Gesù: il Padre, proprio il Padre nostro che è nei cieli che Gesù ci ha fatto conoscere e ci ha insegnato a pregare.
Gesù lo rivela chiaramente anche in questi versetti perché parla di sé definendosi come il Figlio di Dio, il figlio unigenito di Dio, specifica ancora.

E perché, stando alle sue parole, Gesù è stato inviato in questo nostro mondo, che a noi sembra così disordinato, così pieno di cattiverie, e forse ben poco meritevole di essere amato? Perché Dio Padre questo mondo lo vuole salvare, cioè lo vuole assumere per l’eternità (…quindi un contratto a tempo indeterminato!).

Gesù non nasconde ai suoi occhi il male, conseguenza inevitabile della libertà donataci, ma nella sua libertà ci offre il farmaco decisivo, la sua stessa vita donata e offerta in nostro favore. Gli antichi ebrei, nel loro cammino nel deserto, uscendo dall’Egitto, poterono guarire dai morsi mortali dei serpenti semplicemente rivolgendo lo sguardo al serpente di bronzo innalzato da Mosé.

Questo era solo figura e anticipo dell’innalzamento di Gesù sulla croce. “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” profetizza la Scrittura. A noi, oggi, anche ora che sto ascoltando queste parole, è sufficiente volgere il nostro sguardo di fede alla salvezza che Gesù, e lui solo, ci ha meritato, pagando lui le conseguenze dei nostri peccati.

Resta una sola domanda: accettiamo la sfida della fede in Cristo? Accettiamo di riconoscere in Gesù la rivelazione di un amore gratuito, paterno, venuto a salvarmi e non a condannarmi?