venerdì 20 novembre 2020

Commento al Vangelo della Solennità di Cristo re dell'Universo - XXXIV Domenica del TO/A - 22 novembre 2020

 
Pecore o capre?


TESTO (Mt 25,31-46) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.

Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.

Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».



COMMENTO
 

Arrivati alla fine capitolo 25 di Matteo, finalmente capiamo come fare per prendere olio per le lampade in attesa dello sposo Gesù, o per ben impiegare i talenti che questi ci affida: cinque, due o uno che siano. Semplicemente siamo chiamati a riconoscerlo presente in tutti gli ultimi del mondo in cui Lui ama identificarsi: gli affamati, gli assetati, i carcerati, i malati, perfino i forestieri. Che scandalo questo! Gesù si rende presente, oggi, perfino nei forestieri!

In quest’ultima domenica dell’anno liturgico, Solennità di Cristo re, capiamo una volta di più che il Vangelo di Gesù non è una teoria, ma una prassi, l’esperienza di un incontro con il mistero di Gesù, Dio-fatto-uomo, che può avvenire in ogni momento della giornata. Anzi dovremmo estendere la categoria di questi “fratelli più piccoli” agli affamati di verità, agli assetati di affetto, ai malati nello spirito, ricordando, come insegna la Chiesa, che accanto alle opere di misericordia corporale sono necessarie anche le opere di misericordia spirituale. Gesù, morto in croce per amore, lascia all’umanità la più contradditoria di tutte le eredità: i poveri.
Se a volte fratelli, o persone della stessa famiglia, arrivano a rompere i rapporti per dividersi un’eredità, chi di noi si immaginerebbe mai di disputare con un altro per avere in eredità il compito di occuparsi di una persona bisognosa?
 

Siamo ai vertici del paradosso del Vangelo. Eppure qui, negli ultimi del mondo, Dio Padre ha posto la sua benedizione e le primizie del suo regno, preparato fin dalla fondazione del mondo. Qui risiede il vero tesoro della Chiesa, e come difficilmente riconoscerà nel povero un tesoro chi non riconosce in Gesù di Nazaret quel Dio fatto povero che, come diceva San Francesco d’Assisi, è il “sommo bene, tutto il bene, e ogni bene!”.
Il Signore ci avverte, però: “dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Lc 12,34).