giovedì 23 maggio 2019

Commento al Vangelo della VI Domenica di Pasqua, anno C, 26 maggio 2019

                

 UNA VITA DA MEDIANO



TESTO (Gv 14,23-29)

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: 
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».


COMMENTO

Le parole che Gesù ha rivolto ai suoi discepoli e alle folle durante la sua vita terrena sono parole certamente di un uomo, ma allo stesso tempo esse hanno anche un’origine divina, e quindi anche paterna, perché il volto di Dio che Gesù ci rivela è quello di un Padre tenerissimo, che addirittura include in sé tutte le caratteristiche della tenerezza femminile e materna. 

Il cuore paterno di Dio è da una parte la sorgente della misericordia di cui Gesù parla e si fa dispensatore, e dall’altra il destinatario del suo donarsi e affidarsi: come nell’orto degli ulivi del Getsemani quando sudando sangue nello stress della tentazione esclama: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,36), o come quando in croce, secondo il racconto del Vangelo di San Luca, immediatamente prima di morire ...  “Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito».” (Lc 23,46) 

Gesù ha iniziato la sua missione terrena sotto l’investitura dello Spirito di Dio, disceso su di lui in apparenza di colomba al fiume Giordano e termina la sua missione terrena riconsegnando il suo spirito nelle mani del Padre e ritornando così in quella gloria che lui aveva presso il Padre prima che il mondo fosse (cfr Gv 17,5).

Lo Spirito Santo che unisce il Padre e il Figlio è come il respiro eterno d’amore che lega Dio Padre al Figlio Gesù ma che viene partecipato anche a noi uomini perché la famiglia umana sia in Cristo una Comunione umano-divina. Gesù ha fatto da ponte tra noi e Dio Padre, ha riaperto la strada che nella storia era stata interrotta dal peccato.

Per questo chi vive nello Spirito Santo donatoci dal Padre tramite Cristo, è veramente figlio di Dio. Ricordiamo le straordinarie parole di San Paolo ai Romani: “Quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono veramente figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà Padre!”. Lo Spirito stesso attesta, col nostro spirito, che siamo figli, e se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rm 8,14-17).