giovedì 30 maggio 2019

Commento al vangelo della Domenica di Ascensione, 2 giugno 2019

   

  Misteriosamente … Onnipresente 


TESTO (Lc 24,46-53) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


COMMENTO

Ricordo con chiarezza il racconto di una ragazza africana, negli anni in cui ero missionario nella Repubblica del Benin. Non mi spiegavo perché lei avesse scelto di diventare cattolica dato che sia il padre che la madre appartenevano a delle sette, forse anch’esse pseudo-cristiane. Ciò che l’aveva colpita è che quando partecipava ad una celebrazione della comunità cattolica sentiva parlare spesso della misericordia di Dio, del perdono dei peccati.
Non credo che quei sacerdoti o catechisti cattolici del Benin fossero molto migliori dei predicatori delle altre sette circostanti, o anche se fosse non è questo il punto determinante. 

Il fatto è che la Chiesa di Cristo da sempre ha cercato di obbedire al mandato ricevuto da Gesù e di cui abbiamo appena ascoltato il racconto dell’evangelista Luca: predicare nel nome di Cristo la conversione e il perdono dei peccati, nella consapevolezza di essere accompagnati e in-corporati nella sua presenza spirituale. Nel suo nome, cioè come dire: alla sua presenza, nella sua presenza.
Colpisce in questo racconto proprio la grande gioia con cui i discepoli di Gesù, dopo aver visto l’Ascesa al cielo del loro Maestro, tornano a Gerusalemme stando “sempre nel tempio lodando Dio”. Ormai dopo lo shock della morte in croce e la successiva meraviglia della risurrezione, in loro era maturata la certezza che non sarebbero mai più rimasti orfani, fino alla fine del mondo. 

Dunque la scomparsa visiva del Cristo risorto, che per circa quaranta giorni si era intrattenuto in diverse occasioni con i suoi discepoli, introduce ed è la condizione per una presenza non meno forte e incisiva, ma di tipo diverso e più profondamente radicata nel cuore dei fedeli.

La potenza che Gesù invita ad attendere dall’alto è esattamente la presenza spirituale di Dio che ci avvolge, ci custodisce, e ci invia nel mondo per essere suoi testimoni, attendendo con pazienza i frutti, come ha esortato a fare Papa Francesco che nell’udienza di mercoledì scorso ha aggiunto: “Il Risorto invita i suoi a non vivere con ansia il presente, ma a fare alleanza con il tempo, a saper attendere il dipanarsi di una storia sacra che non si è interrotta ma che avanza, va sempre avanti; a saper attendere i “passi” di Dio, Signore del tempo e dello spazio”.