giovedì 10 ottobre 2024

Non è questione di ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente)

 

Commento al vangelo della XXVIII domenica del TO/B – 13 ottobre 2024


 Dal Vangelo secondo Marco (10,17-30)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Commento

 Non è questione di ISEE. Il problema non sta negli zeri del conto in banca ma nel peso cha la presenza di Cristo ha nella nostra vita. Nella preghiera di Colletta di questa domenica pregheremo così: “O Dio nostro Padre, […] donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio, perché, […] diventiamo liberi e poveri per il tuo regno.” L’ascetismo cristiano non si basa sul radicalismo delle rinunce, ma sul radicalismo dell’appartenenza a Cristo, del metterlo al primo posto in ogni cosa che facciamo.
Non si può pensare di scoprire e di conoscere il volto di Dio partendo da se stessi, e dal proprio impegno nello spogliarsi di quante più ricchezze possibili. Sarà evidentemente il contrario: sarà possibile seguire Gesù mettendo al secondo posto tutto il resto, solo lasciandosi toccare dall’incontro con lui e con il suo amore: tramite l’affetto ricevuto dai nostri cari, a partire del riconoscimento dei tanti benefici ricevuti nella vita, o attraverso la contemplazione della sua presenza nella bellezza del creato o nelle personali esperienze spirituali.  L’evangelista Marco è l’unico dei tre evangelisti – gli altri due sono Matteo e Luca – a dirci che Gesù “fissandolo, lo amò”. Ecco: forse quell’uomo non ha colto la densità di quello sguardo che voleva indicargli il completamento del suo itinerario spirituale, a partire da un incontro personale.
O forse quell’uomo non ha capito fin da subito di non trovarsi semplicemente davanti ad un grande maestro, ma davanti a Dio in persona. Prima lo chiama “maestro buono”. Poi quando Gesù gli fa presente che solo Dio è buono, egli si corregge e lo chiama semplicemente “Maestro”. Se Gesù non è riconosciuto per quello che è, cioè il Dio fatto uomo che irrompe nella storia, “il bene, ogni bene, il sommo bene” come lo chiamava Francesco d’Assisi, qualsiasi possesso - materiale o immateriale che sia - sarà sufficiente a illuderci di essere ricchi di qualcosa e ad impedirci di entrare nel regno di Dio. Teniamo a mente la prima beatitudine di Gesù: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). Se non saremo convinti di quanto sia bello e umanamente appagante vivere nell’amore di Cristo Signore ci sarà sempre una cruna d’ago ad impedirci l’ingresso nella gioia senza fine.