venerdì 18 ottobre 2024

Chi non serve qualcuno non serve a nessuno!

 

 Commento al vangelo della XXIX domenica del TO/B – 20 ottobre 2024



Dal Vangelo secondo Marco (10,35-45)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».


Commento

 Se due domeniche fa si diceva che parlare dell’indissolubilità del matrimonio cristiano è come sparare sulla Croce rossa, oggi parlare dall’autorità nella Chiesa come servizio potrebbe sembrare cosa altrettanto ingrata; non tanto per la degnità morale di chi ricopre uffici di governo ecclesiale ma per la sovrapposizione avvenuta nei secoli passati tra competenze civili ed ecclesiali. Non dimentichiamo che con l’editto dell’imperatore Teodosio del 380 il cristianesimo divenne religione di stato dell’Impero romano e che fino al 1870 nelle nostre terre è esistito un’autorità politica che si chiamava Stato della Chiesa. Con grande fatica ci potremo sbarazzare di un’eredità che ci ha lasciato molte ombre insieme, ovviamente, a tante luci di santità vissuta.
Giacomo e Giovanni comprendono di essere con Gesù alla presenza del Kyrios, del Signore della storia, ma non hanno ancora chiaro cosa vorrà dire bere il suo calice ed essere immersi nel suo battesimo, e anzi sembra evidente in loro il desiderio di circumnavigare, di passare al largo della vicenda della passione-morte per arrivare direttamente alla gloria, sedendo uno alla destra e uno alla sinistra di lui. Per contrasto ci vengono piuttosto in mente i due ladroni crocifissi, questi sì, uno alla destra e uno alla sinistra di Gesù. In effetti la volontà umana di Gesù può arrivare fino al Golgota, fino al luogo della crocifissione, e non oltre.
Per questo alla richiesta dei due fratelli in cerca di carriera Gesù non dice di “no”, fateci caso: afferma semplicemente che non spetta lui a decidere farli sedere a fianco a lui nella sua gloria. Anzi aggiunge nelle parole successive che lui è il figlio dell’uomo venuto per servire, cioè per dare la vita, non per affermare il suo potere sugli uomini. Ed è così che dovranno fare i suoi discepoli, seguendo le sue orme: preoccuparsi di essere a servizio degli uomini, di donare la loro vita a beneficio degli altri. La vera autorità, la vera grandezza dei servi di Cristo è di essere collaboratori della gioia dei fratelli, come dice San Paolo nella II lettera ai Corinti: “Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede, siamo invece i collaboratori della vostra gioia” (2 Cor 1,24).
Questo, attenzione bene, è lo stile di vita di ogni cristiano, non solo di colui che ha una qualche responsabilità ecclesiale o civile. Possiamo ben dire che “chi non serve qualcuno, non serve a nessuno”, e sarà tra quelli di cui il Signore nel giudizio finale dirà: “avevo fame e non mi avete dato da mangiare, ero forestiero e non mi avete accolto” (cf. Mt 25). Inevitabilmente chi prova a servirsi di Dio per i propri sogni di gloria, non potrà che servirsi degli uomini per farne sgabello dei propri piedi, e viceversa.
In questi due discepoli facciamo quasi fatica a riconoscere coloro che dopo la pasqua di Cristo e dopo il fuoco della pentecoste diventeranno, Giovanni l’apostolo evangelista, custode della madre di Dio, e Giacomo il primo apostolo martire,… quasi troviamo coraggio dalla loro conversione. In conclusione, a ciascun cristiano, attraverso la parola di oggi, il Signore rinnova una domanda: “Chi, veramente cercate?”


giovedì 10 ottobre 2024

Non è questione di ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente)

 

Commento al vangelo della XXVIII domenica del TO/B – 13 ottobre 2024


 Dal Vangelo secondo Marco (10,17-30)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Commento

 Non è questione di ISEE. Il problema non sta negli zeri del conto in banca ma nel peso cha la presenza di Cristo ha nella nostra vita. Nella preghiera di Colletta di questa domenica pregheremo così: “O Dio nostro Padre, […] donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio, perché, […] diventiamo liberi e poveri per il tuo regno.” L’ascetismo cristiano non si basa sul radicalismo delle rinunce, ma sul radicalismo dell’appartenenza a Cristo, del metterlo al primo posto in ogni cosa che facciamo.
Non si può pensare di scoprire e di conoscere il volto di Dio partendo da se stessi, e dal proprio impegno nello spogliarsi di quante più ricchezze possibili. Sarà evidentemente il contrario: sarà possibile seguire Gesù mettendo al secondo posto tutto il resto, solo lasciandosi toccare dall’incontro con lui e con il suo amore: tramite l’affetto ricevuto dai nostri cari, a partire del riconoscimento dei tanti benefici ricevuti nella vita, o attraverso la contemplazione della sua presenza nella bellezza del creato o nelle personali esperienze spirituali.  L’evangelista Marco è l’unico dei tre evangelisti – gli altri due sono Matteo e Luca – a dirci che Gesù “fissandolo, lo amò”. Ecco: forse quell’uomo non ha colto la densità di quello sguardo che voleva indicargli il completamento del suo itinerario spirituale, a partire da un incontro personale.
O forse quell’uomo non ha capito fin da subito di non trovarsi semplicemente davanti ad un grande maestro, ma davanti a Dio in persona. Prima lo chiama “maestro buono”. Poi quando Gesù gli fa presente che solo Dio è buono, egli si corregge e lo chiama semplicemente “Maestro”. Se Gesù non è riconosciuto per quello che è, cioè il Dio fatto uomo che irrompe nella storia, “il bene, ogni bene, il sommo bene” come lo chiamava Francesco d’Assisi, qualsiasi possesso - materiale o immateriale che sia - sarà sufficiente a illuderci di essere ricchi di qualcosa e ad impedirci di entrare nel regno di Dio. Teniamo a mente la prima beatitudine di Gesù: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). Se non saremo convinti di quanto sia bello e umanamente appagante vivere nell’amore di Cristo Signore ci sarà sempre una cruna d’ago ad impedirci l’ingresso nella gioia senza fine.


mercoledì 2 ottobre 2024

Graziati e liberi di amare

 

 Commento al vangelo della XXVII domenica del TO/B – 6 ottobre 2024

 
Dal Vangelo secondo Marco (10,2-16)

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

 

Commento

 Il Signore nella creazione fece dell’essere umano una coppia, un maschio e una femmina e poi chiese loro di unirsi e di essere uno. Da una unità crea una coppia e poi chiede loro di essere un’unità. La comunione è un dono, la comunione non può essere imposta, altrimenti sarebbe sottomissione. Questo esige però un cuore disponibile, aperto all’accoglienza del “tu”, un cuore da bambino, come tante volte raccomandato da Gesù. “a chi è come loro appartiene il regno di Dio” (Mt 19,14).
E l’uomo che da subito non si è fidato di Dio, ha perso questa capacità ricettiva, questa capacità di accogliere la paternità di Dio, e di conseguenza il fratello, e i rapporti sono degenerati, sono divenuti conflittuali, competitivi, e il cuore dell’uomo è diventato sempre più duro.
Per questo Mosè permise all’uomo di dare un atto di ripudio alla propria sposa, perché una simile unione, nella condivisione di una vita intera richiedeva un cuore nuovo, uno spirito nuovo; richiedeva un trapianto di anima come profetizzato da Ezechiele al capitolo 36 del suo omonimo libro: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. ” (Ez 36,26-27).  E questo si è realizzato solo con Gesù nel dono del Santo Spirito nel giorno della Pentecoste. Ora, parlare dell’indissolubilità del matrimonio cristiano può sembrare come sparare sulla Croce rossa, ma la grazia dell’unità, della congiunzione delle vite che Cristo rende possibile all’uomo e alla donna nel sacramento delle nozze non potrà mai essere un atto automatico, così come il Battesimo non genera automaticamente la fede. Se la Grazia è, come dice la parola stessa, gratuita, resterà sempre un dono libero che necessiterà di essere custodito e coltivato, giorno per giorno, nella libertà dei figli di Dio.