domenica 28 luglio 2024

Il nutrimento della nostra vita

 

Commento al vangelo della XVII domenica del TO, anno B – 28 luglio 2024


Dal vangelo di Giovanni (6,24-35)

 In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». 

 

Commento

 ‘Io sono il pane della vita’. Questa è una delle solenni autopresentazioni di Gesù, tipo ‘Io sono la vera vite, io sono la via, la verità, la vita”. Dopo aver nutrito una grande folla (lo abbiamo ascoltato nel vangelo di domenica scorsa) Gesù, nella sinagoga di Cafàrnao, accompagna quelli che lo cercano a non accontentarsi del cibo che sazia solo per qualche ora, e che comunque non oltre la vita terrena, ma anche a occuparsi di un cibo che nutre a sazia per – attenti a questa parola! – che sazia per l’eternità. L’evangelista Giovanni non parla mai di miracoli ma di ‘segni’ proprio perché Gesù cerca sempre non solo di soddisfare una necessità immediata ma anche di intercettare una domanda di senso e di vita ben più profonda e radicata nel cuore dell’uomo.

Certo: l’uomo ha bisogno di cibo, ma Gesù ci ricorda, come disse al tentatore nel deserto, che ‘non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’ (Mt 4,4). O nel discorso della montagna Gesù dice: ‘Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. 33 Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta’. (Mc 6,31-33).
In definitiva quando avremo accolto Gesù, quando avremo fede in lui, quando cioè avremo capito che nel suo spirito, vivente, c’è la possibilità di vivere in modo radicalmente nuovo, continueremo ad aver bisogno di mangiare, almeno 3 volte al giorno, ma non vivremo nell’ansia per il domani; continueremo a dover lavorare per sovvenire alle nostre necessità come tutti gli uomini, ma non saremo più schiavi del lavoro; avremo sempre bisogno di relazionarci con il mondo, fatto di persone e di relazioni, ma non saremo più schiavi del mondo e di quello che il mondo pensa di noi. Riflettiamo un attimo tra parentesi: ci sarà pur un motivo per questo sempre più ampio ricorso a sonniferi, ansiolitici e antidepressivi!

Ecco, quindi cosa significa nutrirsi di Cristo e della sua parola, o cercare anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia: significa vivere in maniera degna dell’amore e della vocazione che abbiamo ricevuto, cercando di piacere a Dio nostro padre in ogni cosa. Pace e bene!

mercoledì 24 luglio 2024

La cura dell'essenziale

 Commento al vangelo della XVII domenica del TO, anno B – 28 luglio 2024

Dal vangelo di Giovanni (6,1-16)
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Commento

 Apriamo con la domanda di Gesù: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. La domanda va nella stessa direzione del vangelo di domenica scorsa, ove si diceva che Gesù sentiva compassione per le folle, perché erano come pecore senza pastore. E non c’è neppure nessuno che si occupa del loro nutrimento.
I discepoli hanno in cassa 200 denari, ma poi spunta fuori un ragazzo con i suoi 5 pani e 2 pesci, più che sufficienti per lui ma ridicolamente insufficienti per gli altri 4999 pellegrini. Qui interviene il colpo di scena del Maestro: dopo la preghiera di rendimento di grazie Gesù distribuisce quel poco cibo che incredibilmente risulta ampiamente sufficiente, tanto da esserci 12 ceste di pane in avanzo.
Qualcuno ha sostenuto che Gesù non abbia moltiplicato il cibo presente, ma piuttosto abbia moltiplicato la generosità dei cuori, facendo si che la generosità di quel ragazzo contagiasse anche tanti altri. La cosa è possibile, ma non sicura. Immaginiamo quanti di quei 5 mila avranno avuto da parte del cibo certamente sovrabbondante per sé, ma anche tanta paura di metterlo a disposizione per il rischio di doverne mangiare solo una piccola e insufficiente porzione. Ma nel momento in cui tutti avessero condiviso il poco di più che avevano a disposizione, diventerebbe spiegabile l’enorme sovrabbondanza.
Il miracolo della condivisione, in effetti, è un miracolo è ancora più grande della moltiplicazione del cibo. Rimaniamo però alla realtà dei fatti: c’è una folla affamata e Gesù che ha compassione dell’uomo - e di quegli uomini in particolare - dà loro da mangiare, a partire dal poco che c’è. Certamente questo pane simboleggia un cibo ben più decisivo, ma di questo parleremo nelle prossime 4 domeniche in cui ascolteremo tutto il capitolo 6 di Giovanni che riporta il discorso di Gesù sul pane di vita. Accogliamo per adesso la buona notizia del vangelo di oggi: ‘Gesù non ci priva mai, mai, dell’essenziale’, perché egli – direbbe san Gregorio di Nazianzio – “con la sua anima è venuto a sanare le nostre anime, e con il suo corpo è venuto a sanare i nostri corpi”. Mettiamo nelle mani di Gesù il nostro poco perché lui lo moltiplichi a beneficio di tutti, e ricordiamoci che la fame di cibo, di pace, di giustizia e tutti gli altri tipi di fame sono piuttosto il frutto del moltiplicarsi dell’egoismo degli uomini. Ma anche le tante, troppe, vittime della cattiveria umana saranno comunque saziati vedranno restituito ciò che sarà stato loro sottratto.


giovedì 18 luglio 2024

Il riposo richiede memoria

 

Commento al vangelo della XVI domenica del Tempo Ordinario, anno B – 21 luglio 2024


Dal vangelo di Marco (6,30-34)

 In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.


Commento

 ‘Venite in disparte … e riposatevi un po’”. Il poco chiesto da Gesù per stare con i suoi discepoli ha la stessa vaghezza che si trova nei ricettari di cucina dove a volte si dice di aggiungere un dato condimento q.b. (cioè: quanto basta). Gli apostoli erano ritornati, immaginiamo con grande entusiasmo, e lo abbiamo ascoltato nel vangelo di domenica scorsa: “scacciavano demòni, guarivano i malati”. Ora però è il momento del riposo, e per noi questo significa un non fare; l’immagine che forse meglio ce lo  rappresenta è il cuscino. 

Nel contesto capiamo che Gesù chiede invece ai suoi di riposare attivando un’altra facoltà, non quella del sonno ma quella della memoria. ‘Gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato’. Il riposo del cuore, il riposo che ci dà pace non è semplicemente l’astenersi dal lavoro di sempre, che comunque è necessario, ma anche il fare spazio alla gratitudine, al fare memoria di quanto bene la nostra vita è stata disseminata.
Dovrà essere così anche la nostra vita di cristiani di oggi. Anche noi siamo invitati dal Signore a trovare momenti per riportare alla memoria i benefici ricevuti nella nostra vita, prima ancora di iniziare a domandare un qualsiasi beneficio. 

Papa Francesco aggiunge al riguardo che la gratitudine rende il cuore libero e leggero, e – aggiungo io – lo riposa da tutti gli affanni più inutili e penosi.
Ma potremmo andare anche oltre, dicendo che sostare e riposare col Signore significa anche fare memoria del futuro, cioè rinvigorire la speranza per il domani, ritrovare l’ancoraggio alle nostre paure e incertezze. Ecco la vita del discepolo di Gesù di tutti i tempi: vivere il presente nella costante memoria dei benefici ricevuti ma anche nella memoria rinnovata che la Provvidenza e benevolenza del Padre non ci farà mancare mai nulla, neppure dopo l’incontro con sorella morte. Quando in ogni giornata avremo trovato il tempo per dire grazie e ridestare la nostra speranza nel Signore, potremo veramente dire di aver riposato ‘quanto bastava’.  

venerdì 12 luglio 2024

L’outfit dell’apostolo

 Commento al vangelo della XV domenica del TO, anno B – 14 luglio 2024


Dal Vangelo secondo Marco (6,7-13)

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

 

Commento

 Forse non sarà un dettaglio: Marco ci racconta che Gesù dette la possibilità ai suoi inviati di partire, oltreché con i sandali, anche con un bastone. Secondo Matteo e Luca, invece, Gesù ordino agli apostoli di non prendere neanche quello. Sarà un dettaglio dicevo, ma la tunica, i sandali e il bastone in mano era l’out-fit – si direbbe adesso – l’abbigliamento degli israeliti durante il banchetto pasquale prima del passaggio del Mar Rosso (cf. Es 12). Sembra molto evocativo: gli apostoli sono chiamati a partire per testimoniare la loro esperienza della novità del Regno di Dio instaurato da Gesù, nello stesso modo, con la stessa precarietà di quegli ebrei in partenza per la terra promessa, in fuga dall’Egitto. 

Anche gli apostoli, anche quelli di oggi e non solo quelli di allora, sono invitati ad un esodo, alla fuori uscita dal mondo vecchio, dall’uomo vecchio verso una nuova umanità, che fiorirà in coloro che accoglieranno il loro annuncio, grazie alla pasqua di Cristo, al suo passaggio tramite la morte, alla gloria definitiva del Padre.

Anche gli apostoli dovranno sopportare incomprensioni, a volte persecuzioni, lunghi momenti di deserto, ma tutti i segni che li accompagneranno  – “scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano” - sarà per loro conferma che ormai il passaggio, la Pasqua , è irreversibile. Buon esodo pasquale.


venerdì 5 luglio 2024

Gesù, il profeta della porta accanto

 

 Commento al vangelo della XIV domenica del Tempo Ordinario, anno B – 7 luglio 2024


Dal vangelo di Marco (6,1-6)

 In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.



Commento

 Pavel Florenskij diceva che non c’è nulla di visibile che non sia manifestazione di ciò che è invisibile. Nella persona di Gesù si è resa visibile e presente lo stesso Dio Padre, di per se inaccessibile alla conoscenza degli uomini. Gesù infatti aveva detto: “nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo” (Mt 11,25). Gesù è venuto a farci conoscere il volto di Dio Padre, ma, appunto, cosa ha impedito agli uomini, in particolare ai “suoi compatrioti” di riconoscerlo, tanto da portarlo all’amara constatazione che “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (6,4)? In prima battuta potremmo dire il peccato, e nello specifico la presunzione di possedere Dio, di averne quasi il monopolio. Ricorderete quello che Gesù disse a quei farisei: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato, ma siccome dite “noi vediamo”, il vostro peccato rimane” (Gv 9,41).

Proprio così: anche per noi cristiani che crediamo – o quanto meno dovremmo credere! - che Gesù è la piena e definitiva rivelazione di Dio, sempre dovrebbe rimanere aperta la possibilità alle nuove e inedite vie di manifestazione della sua sapienza, della sua santità, della sua provvidenza, anche nei modi – attenzione a questo aspetto – più ordinari e più semplici, e nelle persone più semplici. Papa Francesco ha invitato noi credenti a fare attenzione alla “santità della porta accanto”, alla santità di tutte quelle persone che vivono la loro fede in modo feriale, perseverante, al di fuori di manifestazioni eccezionali e di segni eclatanti. Essere falegname – o carpentiere – doveva sembrare troppo banale e incompatibile con i prodigi compiuti da Gesù; e la sua parentela fatta di persone troppo poco significative. Dunque, da dove gli venivano tutte quelle cose?
In definitiva, l’uomo di oggi, io, voi, non abbiamo bisogno di altre manifestazioni di Dio, ma di saper leggere i segni della sua presenza nei fratelli che ci attraversano la strada. 

Abbiamo bisogno di recuperare uno sguardo purificato dall’amore di Dio per poter vedere l’invisibile nel visibile che incontriamo, e poi ci occorre una grande apertura di cuore e della mente. In una preghiera dei Vespri la liturgia ci fa pregare così: “concedi a chi cerca la verità di trovarla, e di cercarla ancora dopo averla trovata”. Ecco: questa preghiera, è anche un bellissimo augurio. Non illudiamoci mai di aver capito abbastanza della persona del Signore!