giovedì 3 agosto 2023

La vita è sempre vita, presenza e memoria del donatore

 

Commento al Vangelo della Trasfigurazione – 6 agosto 2023 – nella XVIII domenica del TO


+ Dal Vangelo secondo Matteo (17,1-9)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».



Commento

 Abbiamo appena ascoltato il vangelo della festa della Trasfigurazione di Gesù ( che si celebra il 6 agosto ) che quest’anno coincide con la domenica. Un evento straordinario a cui il Maestro permette di assistere solo a tre della sua già ristretta cerchia di discepoli. Il suo volto assume la luminosità del sole, le sue vesti risplendono di candore luminoso, Mosé ed Elia appaiono al suo fianco, e se questo non bastasse dalla nube di luce una voce – che si desume essere quella di Dio Padre – invita Pietro, Giacomo e Giovanni ad ascoltarlo, in quanto suo figlio prescelto e amato.
Il corpo di Gesù cambia apparenza, e restando tale assume connotati soprannaturali, celestiali, in una parola possiamo dire – noi che ascoltiamo questo racconto 2 mila anni dopo la sua risurrezione – divini.

Si, perché nel Cristo Gesù, dirà san Paolo, scrivendo ai cristiani di Colossi, “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9). Gesù è stato un vero uomo, senza mai perdere la sua identità divina di Figlio di Dio; cosa ancor più stupefacente, almeno per i cristiani, la sua persona che permane in eterno una persona umano-divina, si rende presente per la potenza del suo Spirito, dello Spirito di Dio, nel corpo di tutti gli uomini, particolarmente di coloro che sono stati immersi nelle “acque vive” del Battesimo, segno sacramentale della sua presenza. 

Quale dignità abbiamo noi essere umani! Quale dignità non solo per essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio, ma anche per essere memoria e presenza viva della sua venuta nel mondo. I cristiani credono che “Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (GS 22).

Due conseguenze molto importanti. La prima: quanto è bello pensare ciò che anche il cardinale Cantalamessa ha ricordato in una predica rivolta al Papa e a tutti i suoi collaboratori della Santa Sede: e cioè che c’è infinitamente più distanza di dignità tra un essere umano e un animale, di quanta ce n’è tra un essere umano e Dio. Questa affermazione dovrebbe far venire le vertigini, e non è assolutamente arbitraria e fuori dalla tradizione della fede della Chiesa: c’è infinitamente più distanza di dignità tra un essere umano e un animale, di quanta ce n’è tra un essere umano e Dio.

La seconda: ammesso anche che si voglia trattare – non si sa perché - un animale come un essere umano, non c’è alcuna ragione per trattare un essere umano come un animale: considerandolo come puro materiale biologico, o magari togliendogli la vita perché ha sbagliato, o non facendolo neppure venire al mondo perché malato, o accorciando forzosamente la sua vita perché ritenuta improduttiva, o lasciandolo morire naufrago in mezzo al mare (per quanto clandestino), o abbandonandolo alla sua marginalità sociale.