giovedì 26 gennaio 2017

Commento al Vangelo di Domenica 29 gennaio 2017, IV del TO anno A.




CRESCERE FINO A DIVENTARE PICCOLI



TESTO (Mt 5,1-12) 

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».


COMMENTO

La felicità ha 8 strane porte, 8 strane condizioni che noi scanseremmo ma che invece introducono l’opera di Dio nella nostra vita. Sono 8 porte di ingresso di Dio nella mia vita. Il testo più ridondante di felicità della Bibbia.
La parola greca “Beato” ( macarios ) è imparentato con la parola Kairos (evento di Grazia) allora il felice , beato , è colui che ha imparato a cogliere la Grazia dove il Signore ce la presenta; il beato è un sapiente, un saggio, uno che ha imparato veramente come si vive, perché intuisce i momenti di Grazia laddove gli altri vedono invece solo dis-grazia.

Poveri quanto allo spirito ( lo spirito la parte più profondo della persona, oltre il corpo e la psiche ) sono coloro che sanno di dipendere da altro, soprattutto da altri. Noi invece abbiamo il mito della Autonomia, o di una perfezione che mi faccio io con i miei sforzi. Noi abbiamo nostre povertà ma dobbiamo “sfruttarle” per essere felici se mi apro alla Grazia di Dio. Non devo odiare la mia povertà, la devo valorizzare e usare per far entrare Dio nella mia vita. 
Le mie lacrime non sono una sconfitta perché esse sono tutte contate ( dice il salmo 55,9: I passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell'otre tuo raccogli; non sono forse scritte nel tuo libro?  ).

 I miti non ottengono tutto quello che ottengono i violenti con la forza ma sono beati perché sanno godere di tutto, difendono e diffondono il bene ma sono talmente sicuri che alla fine il bene vincerà che non hanno bisogno di affermarlo con prepotenza come fanno alcuni. 

Coloro che cercano giustizia, come la vedova importuna, saranno saziati, perché trovano anzitutto la presenza del Signore. Per questo sono felici. 

 I misericordiosi aprono il cuore per offrire misericordia all’offensore ma vi trovano una quantità smisurata di misericordia divina; per questo sono felici. 

Chi non ha il cuore doppio, che fa il bene per il bene e non per ottenere un credito da vantare alla prima occasione, che non si serve del fratello ma sa donarsi al fratello, avranno occhi limpidi per godere il volto del Signore; sono felici!

Quelli che lavorano per la pace sono coloro che pur inconsapevolmente portano la presenza di Cristo, nostra pace, nel mondo, per questo saranno chiamati figli di Dio; sono felici.

E anche quelli che difendono la giustizia dando voce agli indifesi, e per il nome di Cristo sono ingiuriati e perseguitati condividono la sorte di Cristo Gesù.  Certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; (2 Tim 2,11-12 ).

Se io mi immagino e miro all’autonomia, a farmi giustizia da solo e con ogni mezzo, a non accettare le sconfitte, lo sbaglio degli altri, io mi inganno, e vado verso la solitudine, prima e più grande causa di tristezza dell’uomo. Ricordate la prima domanda che Dio rivolge ad Adamo dopo il peccato “Dove sei?”. Cioè: dove ti sei disperso, dove sei andato a finire? 

Nella vita biologica si nasce piccoli e si muore vecchi (normalmente) e invece nella vita dello Spirito si nasce vecchi e si muore bambini; l’abbandono fiducioso, pieno, sincero, dal profondo del cuore, sembra essere un frutto di un cammino di fede, fatto di tante cadute, di fatiche ma anche di scoperte, e di tanta esperienza.