giovedì 12 settembre 2024

Il falso e il vero “io”

 

Commento al vangelo della XXIV domenica del Tempo Ordinario, anno B – 15 settembre 2024


Dal Vangelo di Marco (8,27-35)

 In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà»


Commento

 Non sono poi così pochi, probabilmente, quelli che sono disposti a credere che Gesù di Nazaret sia stato un uomo straordinario, fuori da ogni misura di paragone con qualsiasi altro personaggio della storia. Pietro afferma nella sua risposta la convinzione che Gesù è ben oltre tutto questo, che egli è il Messia – nella lingua greca il Cristo – cioè, l’unto, il prescelto da Dio per salvare gli uomini, partendo da Israele. Dove non arriva Pietro, e dove non potrà mai arrivare nessuno di noi senza la forza dello Spirito di Dio, è che l’unto di Dio però possa soffrire, addirittura morire e poi risorge.

Probabilmente l’apostolo si blocca alla parola “venire ucciso”, e non arriva neppure a cogliere la parola successiva “…e dopo tre giorni risorgere”. A Pietro e anche a noi resta difficile accettare l’esperienza della Pasqua di Gesù, cioè il suo passaggio attraverso il dolore. Pietro rispecchia il pensiero degli uomini, diremmo noi il pensiero del mondo, che non pensa secondo Dio e cerca invece una sopravvivenza naturale, biologica, immediata, in pratica una propria auto-conservazione.

Invece Gesù nel rivelarsi al mondo ci svela il vero modo di salvarsi: offrire la propria vita nell’amore a Dio-Padre e ai fratelli, rinunciando all’idea di potersi salvare per i propri meriti derivanti dalla stretta osservanza di una legge religiosa. Chi ha accolto veramente l’amore di Dio-Padre che Gesù ci ha portato non potrà che trasmetterlo ai fratelli, restituendo al prossimo ciò che lui per primo gratuitamente sente di aver ricevuto.

Per affermare il nostro vero “io”, quello pensato in origine ad immagine e somiglianza di Dio avremo sempre bisogno, quindi, di un “Tu”: di Cristo anzitutto e dei fratelli con cui intraprendere una relazione di dono, di amore, di comunione, fuggendo così dalla tirannia del falso io, o di Satana , come direbbe Gesù, che ci spinge sempre ad un’affermazione solitaria e individualista, slegata da tutto e da tutti.

giovedì 5 settembre 2024

…ma Gesù sta alla porta e bussa

 

 Commento al vangelo della XXIII domenica del TO, anno B – 8 settembre 2024


Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37)


In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».


Commento

 Le parole di Gesù al sordomuto dell’episodio di oggi hanno qualcosa di complementare rispetto alle vive raccomandazioni che abbiamo ascoltato domenica scorsa. Ricordate? “Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: “ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro.” (Mc 7,15 ss). E Gesù si riferiva al cibo che, quale esso sia,  non può rendere impuro il cuore. Dicevamo piuttosto quanto sia importante vegliare su ciò che accade nel cuore, che è la centrale di comando, la centrale operativa dell’uomo, in cui ognuno è in ascolto della propria coscienza morale.
Se veramente vogliamo che nulla di male esca da esso dovremmo fare in modo che il cuore sia sempre abitato, che non sia mai vuoto, ma che sia abitato anzi dallo spirito del Signore. Questa parola che Gesù rivolge al sordomuto, “Effatà, Apriti!” egli la rivolge in ogni tempo a ciascuno di noi: “apriti alla presenza del Signore!”. Un invito, non certo un comando, al quale possiamo opporre un rifiuto, perché Gesù è venuto per realizzare quanto Dio aveva promesso tramite il profeta Ezechiele (cf. 36,16). “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme”.
Noi non possiamo non amare qualcosa o qualcuno. Anche l’ateo, infondo, ama qualcosa, ha le sue divinità, magari non di carattere trascendente. Allora se nel cuore non accogliamo il Signore, non apriamo la porta al suo spirito, ebbene allora inevitabilmente andremo alla ricerca di qualche falso dio, di qualche palliativo, ma così facendo la nostra sete diventerà sempre più acuta. Proviamo a fare nostra la raccomandazione di san Francesco che nel capitolo XXII della sua prima regola (detta non bollata) così scrive: “Sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente…” (RnB, XXII,27; FF 61).