venerdì 14 agosto 2015

Commento al Vangelo della XX Dom del TO anno B; 16 agosto 2015



COME IL TRALCIO E LA VITE


TESTO   ( Gv 6, 51-58 )

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


COMMENTO

La necessità del mangiare il pane del cielo, la carne del figlio dell’uomo è ribadita da Gesù talmente tante volte che è da prendere certamente nel senso proprio dell’espressione: se vogliamo oltrepassare la soglia della vita terrena e approdare a quella eterna abbiamo bisogno di un nutrimento del tutto speciale, di un cibo che viene da Dio stesso , o come si dice spesso nella Scrittura  dal Cielo, cioè dell’Eucaristia.

 Questo restando vero, c’è un significato anche spirituale e altrettanto concreto che non esclude ma si aggiunge a quello più materiale. Mangiare la sua carne , significa anche mettersi in profonda comunione e sintonia con lui, accogliere la sua persona, riconoscere in lui, Gesù di Nazaret il figlio di Dio, e di conseguenza vivere e agire secondo quello che lui ci ha insegnato e secondo lo stile di vita da lui stesso incarnato.

Nel capitolo 4 sempre del vangelo di Giovanni, Gesù dichiara ai suoi discepoli di avere un cibo che loro non conoscono e che consiste nel fare la volontà di Colui che lo ha mandato. 
Anche noi siamo chiamati ad imitare la scelta di Gesù, di fare la volontà di Dio Padre e per fare questo, data anche la nostra limitatezza e fragilità, ci occorre un profondo ed intimo legame con Gesù. L’ affermazione “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” evoca proprio  il realizzarsi di una  comunione spirituale ed esistenziale che rende possibile proseguire il cammino della volontà di Dio in tutti gli ambiti della nostra esistenza: ecclesiale, civile e professionale.

Il gesto del mangiare il corpo di Cristo, il sacramento dell’Eucaristia, non sarà quindi un gesto meccanico e magico ma il segno di una scelta di vita, di una esistenza orientata a Cristo, vissuta per lui.

“Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”.  
Questo significa che chi sceglie di nutrirsi di questo cibo, da una parte deve aver già scelto di percorrere lo stesso itinerario di Gesù, ma dall’altra significa anche che chi si ciba della carne di Cristo avrà forza e pienezza di vita e vivrà, grazie a Lui e alla sua forza divina, per la vita eterna!