sabato 26 marzo 2011

Commento al Vangelo della III Domenica di Quaresima Anno A: 27 marzo 2011.

Quante storie per un po' d'acqua.
( cf Gv 4, 5-42 )

L'anno scorso ho partecipato alla "Route de l'Evangile" (vedi testimonianza in questo stesso blog): una marcia pellegrinaggio a piedi nel sud del Togo. Ogni giorno un cammino di una quindicina di chilometri, zaino in spalla. Durante e dopo il cammino effettivamente si ha bisogno soprattutto di una cosa: bere un po' d'acqua pulita, potabile, e tutto il resto viene dopo. La sete di Gesù non è un pretesto, una scusa per "attaccare bottone" e convertire la tipa samaritana, ma nasce da una sete reale, da un bisogno primario, quindi. Il fatto è che nel corso del dialogo emerge nella donna una sete di tipo diverso, potremmo dire un bisogno ancor più primario, la sete cioè di verità e di salvezza: "la donna allora lasciò al brocca e corse in città e disse alla gente «venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Non sarà il Messia?»" (Gv 4,29). La donna era venuta anche lei per prendere un po' d'acqua con la sua brocca ma poi nel corso del dialogo si è accorta che c'è un di più che va' oltre le esigenze materiali, un'acqua viva che diventa essa stessa sorgente d'acqua per la vita eterna ( allusione all'acqua battesimale), si è accorta che nella sua vita c'era qualcosa che non andava … "hai avuto cinque mariti e quello che hai adesso non è tuo marito"; a tal punto che questa donna lascia lì la sua brocca e corre ad annunciare l'avvenimento ai suoi compaesani. Forse la dimentica o forse la lascia lì volutamente per arrivare più veloce in paese. In ogni caso il suo cuore è preso!
Gesù è mendicante per donarci ben di più di ciò che chiede. Questa sete di Gesù ci rimanda alla sete di Gesù sulla croce: " Sapendo che tutto era compiuto Gesù disse: ho sete" ( Gv 19,28). Gesù ha sete di dissetarci. Gesù è il nostro Dio, l'unico, venuto alla ricerca dell'uomo per donarci la salvezza eterna. Egli viene come colui che chiede non per obbligarci ma per farci aprire gli occhi su ciò che con ancor più forza noi dovremmo chiedere a Lui: salvezza, vita eterna, liberazione dal male, pace senza fine, amore per sempre. Potrà sembrare strano ma è così: viene a donarci tendendo la mano come un questuante. Non dovrebbe però stupire più di tanto: guardando solo alla storia della mia famiglia cappuccina vedo una schiera beata di frati questuanti che erano degli apostoli efficacissimi. Anch'essi andavano cercando grano, mosto, pane (si pensi a S. Felice da Cantalice) e davano la Parola di Dio, un'acqua viva dunque, una parola di salvezza.
Colui che chiede si pone al di sotto dell'interlocutore, colui che chiede è inferiore al donatore, colui che chiede è il più debole e non può imporre nulla, colui che chiede lascia libero di dirti "NO"! Un confratello un giorno andava elemosinando per i suoi poveri. Un tale per tutta risposta gli sputò in faccia. Il frate questuante rispose: "questo è per me e me lo merito. E per i miei poveri?"
Ecco perché Gesù è venuto come un mendicante! Per bussare alla porta della nostra libertà! Io, se sapessi di avere la medicina che salva dalla morte una persona cara, gliela ficcherei in gola di forza. Gesù no! Gesù ci salva gratis, ma non per forza!  Ecco perché a volte mi chiedo se in quanto missionari qui in Bénin, noi frati stiamo evangelizzando più i beninesi ai quali insieme al Vangelo diamo tante cose, o i nostri compaesani ai quali, in nome dell'annuncio del Vangelo, tendiamo costantemente la mano.
La Chiesa sarà la vera Chiesa di Cristo e saprà evangelizzare il mondo intero quando non solo saprà soccorrere i poveri, ma saprà essere la Chiesa DEI poveri, mendicanti dei beni che passano per trasmettere ciò che sazia per l'eternità.