venerdì 27 settembre 2019

Commento al Vangelo della XXVI Dom TO anno C; 29 sett 2019



L’oblio figlio dell’abbondanza



TESTO (Lc 16,19-31)

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».


COMMENTO

Chi è dunque questo Lazzaro di cui abbiamo sentito parlare? 
Anzitutto è un personaggio immaginario, creato ad arte dalla fantasia di Gesù per esemplificare un pericolo incombente sui ricchi della terra di tutte le epoche.
Lazzaro di conseguenza è anche la rappresentazione simbolica di tutti gli ultimi della terra, di tutti quegli uomini che sono bramosi di sfamarsi davanti alle porte delle nostre case o delle nostre città, coloro che vivono nelle nostre periferie, geografiche o esistenziali. Se si trattasse infatti solo di dare da mangiare a chi ha fame ci potremmo quasi sentire tranquilli, data la presenza di mense per i poveri e i senza tetto in ogni nostra città, o comunque la disponibilità generalizzata di cibo, e parlo sempre dell’Italia.
 Cosa più preoccupante è che ci sono persone bramose di essere prese in considerazione, di essere ascoltate, di essere accolte e risollevate dalla loro situazione di solitudine, e di indigenza umana e spirituale. Le piaghe che ricoprono il corpo di Lazzaro rappresentano anche le innumerevoli fragilità di persone che nelle valutazioni di mercato, non sono capaci di creare valore economico e quindi possono essere tranquillamente scartate, vittime dell’indifferenza di chi è troppo impegnato ad amministrare porzioni crescenti di potere e di ricchezza.

Alla fine possiamo dire che Lazzaro è l’immagine di Gesù stesso, il Gesù non ascoltato dai suoi contemporanei, perché non appartenente alla religiosità ufficiale, ma anche il Gesù dei nostri giorni che ha deciso di rendersi presente tra gli ultimi della terra, lasciato fuori dalla sordità di troppi uomini impegnati TUTTI I GIORNI a banchettare lautamente.   


domenica 22 settembre 2019

Commento al Vangelo di Domenica 22 settembre 2019, XXV del TO anno C




Il profumo della sapienza di Dio



TESTO ( Forma breve, Lc 16, 10-13 ):

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: 
«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».



COMMENTO

In un’intervista l’allora presidente della Fiat Gianni Agnelli disse che il modo migliore per “fare soldi” è quello di averli già in partenza. La battuta contiene una verità di fatto: il possesso di beni materiali rende progressivamente sempre più facile l’ulteriore accrescimento del capitale. Se chi ha 10 può raddoppiare, chi a 20 può triplicare, chi ha 50 può quadruplicare e così di questo passo. Il fascino del denaro è proprio questo: una prospettiva di indefinito aumento e accumulo, ma è anche il grandissimo pericolo per chi vuole crescere nella ricchezza che Gesù definisce “quella vera”, quella che dura per la vita eterna e che riguarda i valori dello spirito e del cuore. La ricchezza materiale è disonesta , secondo le parole di Gesù, perché ingannevole, tentatrice e causa frequente di cecità spirituale. Papa Francesco dice di non aver mai visto dietro un corteo funebre il camion dei Traslochi, e in effetti le uniche cose che potranno passare alla dogana della vita eterna sono quelle che avremo già donato in vita. Ecco la ricchezza vera di cui parla Gesù, la sapienza del cuore che sa riconoscere il giusto  primato dell’amore di Dio in ogni situazione, non anzitutto come esigenza di comportamento ma come realtà di fatto che ci precede e che in Gesù di Nazareth diviene storicamente visibile e assimilabile alla propria umanità.
La sapienza del mondo va in una direzione totalmente opposta a quella del Regno dei cieli, poiché la prima tende all’accumulo per sé, laddove la seconda tende al dono e al cercare il bene degli altri come il proprio. La sapienza del mondo vede il merito dappertutto e spinge a pensare che tutto si possa “comprare”, compresa la salvezza eterna; la sapienza di Dio apre gli occhi sulla Grazia, dono infinito senza merito umano, vera ed unica ricchezza dell’uomo redento da Cristo. 
Ecco perché Gesù dice: “Beati voi poveri perché vostro è il regno di Dio” e poi aggiunge “Guai a voi ricchi perché avete già ricevuto la vostra consolazione”. San Paolo rincarerà la dose dicendo:  “ l’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali “ ( 1 Tm 6,10 ).
Le ricchezze di questo mondo sono cose di poco conto agli occhi di Dio, come ha dimostrato Gesù durante la sua vita terrena, itinerante e affidata alla provvidenziale assistenza di alcune donne al seguito, ma nella gestione di queste piccole cose il cuore dell’uomo trova già una palestra per allenare la sua fiducia in Dio, l’amore al prossimo e quindi il distacco da ciò che vera ricchezza non è.

domenica 15 settembre 2019

Commento al Vangelo della XXIV Domenica TO anno C; 15 sett 2019



Un cuore di Padre (e di madre) sempre alla ricerca dell’uomo


TESTO ( forma breve : Lc 15,1-7 )
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».


COMMENTO

Il capitolo 15 del Vangelo di Luca è considerato il cuore del 3° Vangelo: è il messaggio della misericordia di Dio. In queste due brevi parabole, ma anche nella parabola del figlio prodigo che segue immediatamente e che abbiamo già ascoltato nella scorsa 4° Dom di Quaresima, tutto si gioca sul rapporto perdere-ritrovare.

Gesù è il volto umano di Dio venuto a recuperare ciò che era perduto, l’umanità stessa; è il Dio fatto uomo venuto ad attuare quanto il profeta Ezechiele aveva annunciato circa 600 anni prima.
Così al capitolo 34: “dice il Signore Dio: Ecco io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine”.
L’umanità si era perduta, ma in Gesù il Signore Dio è venuto a riprenderci, a farci gustare la sua gioia.
Le due parabole sono molto simili. Ciò che le accomuna è che l’attenzione del pastore e della donna si concentra su ciò che era perduto; la priorità non è custodire ciò che è già salvo , ma di recuperare ciò che si è perduto. Ecco perché nella realtà Gesù non ha paura di scandalizzare i suoi correligionari, scribi , farisei e dottori della legge, mangiando e sedendo con i peccatori; il loro scandalo, è secondario rispetto al suo obiettivo centrale che è quello di recuperare i pubblicani e i peccatori, coloro che erano ancora formalmente lontani dalla salvezza.
Un altro elemento comune è la passività con cui viene figurata l’umanità perduta. Non interessa il poi dell’uomo, la ricerca di Dio verso l’uomo è gratuita, la salvezza è tutta opera sua. La gioia di Dio è compiuta per la salvezza operata da Cristo; che poi l’uomo l’accolga o no , questo è un problema dell’uomo, che dovrà decidere se rifiutare o accogliere questa gioia, non senza l’azione della Grazia di Dio. La passività quindi non è in senso assoluto ma relativa all’iniziativa che appartiene sempre e in ogni caso al cuore paterno e materno del Signore. Proprio così Papa Francesco si esprime in EG. 3: “Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore».1 Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte.”

Due parabole che sono quindi l’allegorizzazione dell’atteggiamento di Gesù, rivelatore a sua volta dell’atteggiamento di Dio. 
Un Dio pastore ma anche un Dio materno come ci rivela la parabola della dramma perduta. Infatti Gesù ci ha voluto rivelare e far conoscere il carattere viscerale e materno del cuore di Dio Padre , che contro ogni logica umana di convenienza o di calcolo, cerca sempre il “Si” dell’uomo.