giovedì 31 dicembre 2015

Commento al Vangelo della II Domenica dopo Natale; 3 gennaio 2016



Intessuti  della Sapienza di Dio


TESTO  ( Gv 1,1-18 )

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.


COMMENTO

Appena all’inizio del nuovo anno non giova troppo perdersi in ragionamenti troppo difficili ma la sobrietà e la profondità di questo Vangelo ci possono aiutare a meglio contemplare l’universale sapienza da cui siamo circondati , quella sapienza divina, il Verbo, la Parola di Dio, che ha assunto un volto e un corpo umano nella persona di Gesù di Nazaret. 

Questo ci dice che la saggezza del Signore, i suoi pensieri, i suoi modi di agire, per quanto infinitamente più alti di quelli degli uomini , non sono mai in contrasto con quella intelligenza che Dio ha  posto nel mondo e nella razionalità umana. Quanto sarebbe bello tornare a dare più grande fiducia all’intelligenza umana, ormai confinata solo ad essere una intelligenza calcolante e che elabora leggi scientifiche; una intelligenza invece che è stata creata capace di intuire anche le cose di Dio, dal momento che quel verbo, quella ragione divina ha preso  una forma umana e abita la nostra umanità. La sapienza di Dio non potrà mai chiedere all’uomo cose contrarie alla ragione umana, come ad esempio uccidere o far violenza in nome di Dio, perché di questa sapienza è impastato il mondo e la nostra natura umana, e ultimamente questa sapienza  si è collocata in mezzo noi per ispirare le nostre azioni e i nostri pensieri, ormai smarriti e avvelenati nelle logiche dell’auto possesso e dell’auto salvezza.

Dio ha in se un altro lievito, un altro criterio ispirativo, un’altra “ragione”: quella del dono, dell’offerta, del ritrovare se stessi facendosi prossimo, del Padre che si dona nel Figlio per ritrovarsi in una eterna comunione di amore . L’incarnazione di questa ragione d’essere in Gesù di Nazareth è una luce che ri-orienta l’umanità verso il suo fine, che le ridà la pienezza smarrita col peccato. 

giovedì 24 dicembre 2015

Commento al Vangelo della Domenica della Santa Famiglia; 27 dicembre 2015



Nel nome del Figlio Gesù


TESTO   ( Lc 2,41-52 )

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.


COMMENNTO

C’è anzitutto un bellissima inclusione da un capo all’altro del Vangelo di Luca. Da un capo all’altro dell’esperienza umana di Gesù sulle sue labbra c’è la parola “Padre”. La prima frase  pronunciata da Gesù nella sua vita è proprio questa, quando aveva dodici anni: “ Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del padre mio? ” In fondo al vangelo l’ultima parola di Gesù in croce appena prima di morire è “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” ( Lc 23,46 ). Questo ci dice che nel Vangelo di Luca sembra che tutta la missione di salvezza di Gesù abbia questo quadro di contesto: vivere pienamente la sua relazione con il Padre e riportare l’umanità nella paternità di Dio, fare si che l’uomo in Lui possa recuperare la piena figliolanza divina perduta col peccato, tramite proprio il suo sacrificio di obbedienza al Padre. Dal suo corpo risorto Gesù ci donerà il sui spirito ( lo Spirito Santo ) che ci permetterà di dire “Abba Padre” ( cfr Rm 8,15 ) con uno spirito di figli adottivi.

Certamente però il nostro essere figli è sostanzialmente diverso dal suo. Gesù è Figlio per natura, noi per Grazia sua. Gesù infatti dice: devo occuparmi delle cose del padre “mio” , e non “nostro”. Quando insegna il Padre nostro Gesù dice ; “Quando pregate dite Padre nostro”…. Non dice quando preghiamo diciamo “Padre nostro”. Sono sfumature ma ci fanno capire che la relazione di Gesù col Padre è di una figliolanza ad un livello diverso dal nostro, che lui però ci condivide gratuitamente.
“ Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. ( Mt 11,27 ). Quindi noi conosciamo e godiamo gli immensi tesori della misericordia di Dio Padre perché Gesù ce li ha messi a disposizione effondendoli dal suo cuore trafitto. Gesù è come un figlio erede unico che condivide la sua enorme eredità con altri amici; questi godono a tutti gli effetti della stessa ricchezza del figlio-erede-unico ma tuttavia restano beneficiari per grazia ricevuta; in sé e per sé non la meriterebbero. La chiave della loro ricchezza sarà sempre e solo l’amicizia con questo figlio-erede-unico … Gesù Cristo.

 Gesù interroga e ascolta i dottori della legge nel tempio di Gerusalemme. Gesù suscita stupore per la sua intelligenza. Gesù cresce in età sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini. In Gesù c’è anche tutta l’umanità che, ricucendo la relazione col Padre, si mette in cerca della sapienza, dell’intelligenza, della comprensione delle cose di Dio e degli uomini. E’ lo spirito di Gesù che ci permette di ascoltare correttamente la parola di Dio. 
E’ lo spirito di Gesù che ci permette di penetrare la realtà, di cogliere con intelligenza  e profondità il senso vero di tutto quello che ci circonda e che ci accade. E’ lo spirito di Gesù che ci rende umili di fronte agli uomini, cioè sottomessi ai fratelli , nel senso di saper rispettare le autorità costituite, ma anche di saper cogliere il Bello il Vero e il Bene in ogni fratello che mi sfiora, perché questo è icona e presenza dell’uomo Gesù … è mio fratello. Gesù è venuto a rimetterci dentro la relazione col Padre, ma può far questo perché ci ha lasciato il suo stesso spirito, lo Spirito Santo, che è spirito di intelligenza, di umiltà, di sapienza, di scienza …

A noi però è chiesto di fare lo stesso itinerario di Maria e Giuseppe: metterci alla ricerca di Gesù. Questa relazione trinitaria, cioè poter dire a Dio: “papà mio, paparino mio … “  nella verità di un Spirito di figli, che lo Spirito del figlio unigenito Gesù (che “trapianta” nella nostra anima il suo Spirito di Figlio ) è possibile se noi ci mettiamo alla ricerca di Gesù. Dopo tre giorni i genitori ritrovano Gesù: è profezia della risurrezione, della nostra umanità che tre giorni dopo la morte di croce ritrova Gesù vivo. Lo trovano a Gerusalemme, nel tempio, perché a Gerusalemme Gesù sarà visto risorto nella pienezza della sua gloria divina, annunciato da angeli in vesti sfolgoranti ( Lc 24,4 ) segno e presenza della gloria del Paradiso … la vera e definitiva Gerusalemme celeste.

Questo brano di Vangelo in definitiva ci pone davanti gli occhi la santa famiglia di Nazareth; questa apre lo sguardo sulla santa famiglia trinitaria di cui è immagine e icona. In ogni famiglia umana ci deve essere la ricerca di Gesù; in ogni famiglia umana ci deve essere, in forza dello Spirito Santo, l’ascolto e la ricerca della Verità. In ogni famiglia umana si deve imparare, attraverso i genitori e in umile sottomissione a loro, a dire con gioia “Padre nostro che sei … nei cieli “ come disse San Francesco ridando le vesti al Padre.

mercoledì 23 dicembre 2015

Commento al Vangelo della notte di Natale 2015



Il Divinamente Piccolo 


TESTO ( Lc 2,1-14 ) 

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».


COMMENTO

Lo sfondo storico è quello di un censimento voluto da Cesare Augusto. La più grande dimostrazione di potere del dominio imperiale di Roma ( il censimento serviva per reclutare soldati e organizzare tributi ) si incrocia con la più grande dimostrazione dell’umiltà di Dio: Dio stesso è umiltà e il suo verbo, il Figlio, Cristo Gesù “ … pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini … ( cfr Fil 2,6-11 ). 
Ecco un primo messaggio: abbiamo l’impressione di essere impotenti di fronte al potere dei colossi della finanza, alle trame di ideologie false, ma sappiamo che anche oggi, proprio qui, si rivelerà la semplicità e la piccolezza con cui Dio sa entrare nella storia. Non dobbiamo temere la prepotenza  e l’arroganza dei forti perché il regno di Dio è come un granello di senape, dice Gesù: è piccolissimo ma cresce in modo sorprendente.

 La nascita del Messia sembra essere in balia delle decisioni politiche di un imperatore, sembra essere condizionata dalla storia dell’uomo e dalle sue decisioni più soggettive e discutibili. In realtà è sempre la storia di Dio che avanza, si incarna e prende in mano le redini della storia del mondo, perché a Betlemme di fatto il Messia atteso da Israele doveva nascere 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, [Erode] s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: ( Mt 2,4-6)
Secondo messaggio: la salvezza di Cristo approda nel tuo cuore nonostante qualsiasi situazione avversa e apparentemente non favorevole. In ogni “oggi” della nostra vita il Signore ci può rivolgere una parola di salvezza, e noi a nostra volta possiamo essere strumento dell’incontro di un fratello con la salvezza di Cristo. Quante volte il Signore ci rivolge richiami per la nostra salvezza che noi lasciamo cadere senza attenzione! 

Nelle fonti francescane si dice che San Francesco “Meditava continuamente le sue parole [di Gesù] e con acutissima attenzione non ne perdeva mai di vista le opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente voleva pensare ad altro. (FF 466). 
L’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione sono come i due pilastri dell’esperienza del Cristo. Certamente è la croce che ci salva. Nella vita di Gesù di Nazareth è il mistero pasquale che ci salva (la sua passione morte e risurrezione) e al centro di questo la sua morte in croce come sacrificio di espiazione. Tuttavia la “carità della passione” è preparata “dall’umiltà dell’incarnazione”. Dio prende un corpo umano per donarlo in sacrificio per noi. Il suo abbassamento nella grotta di Betlemme prepara l’innalzamento della croce. 
Terzo messaggio; Anche per noi si pone lo stesso itinerario: senza la pratica dell’umiltà del cuore, senza la capacità di abbassarci alle cose semplici e piccole di ogni giorno, non vivremo mai la carità di Dio. Non sono stati forse i pastori i primi a muoversi verso Betlemme? Non come Erode che ha mandato altri ad informarsi. Se il cuore non è umile e penitente come potrà riempirsi e scaldarsi d’amor di Dio?

La mangiatoia su cui è adagiato Gesù annuncia che lui si farà cibo per la nostra vita. L’umiliazione di Gesù non terminerà sulla croce ma prosegue ogni volta che l’Eucaristia viene consacrata sull’altare, da mani sicuramente indegne. Il Signore Gesù continua il suo percorso di incarnazione ogni giorno, perché ogni giorno si rende cibo per nutrire la pochezza della nostra fede.
Quarto messaggio. La nascita di Betlemme è un evento irreversibile. Cristo è sempre presente nella sua Chiesa che è il suo corpo, da lui inseparabile e agisce tramite il suo corpo; e in modo particolare ogni giorno lui soffre in chi soffre, piange in chi piange.
La sua presenza che in noi si rinnova di giorno in giorno ci aiuti a crescere nel prenderci cura della altre membra più malate e sofferenti. Più ci addentriamo in questo corpo mistico (cioè spirituale) , che è un vero corpo, più non potremo fare a meno di scorgere le necessità delle membra doloranti.  

giovedì 17 dicembre 2015

Commento al Vangelo della IV Domenica di Avvento anno C; 20 dicembre 2015



Beati perché benedetti


TESTO ( Lc 1, 39 – 45 )

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


COMMENTO

La fretta con cui Maria raggiunge Elisabetta ( forse Ain Karim, ad appena 6 km da Gerusalemme ) non è la nostra ansia, ma la sollecitudine di una missione di gioia da compiere. Come l’angelo Gabriele invita Maria a rallegrarsi (Lc 1,26) così ora lei porta il saluto ad Elisabetta e fa sussultare il bimbo nel suo grembo. La gioia è diffusiva e non sopporta lentezze, la gioia si comunica dalle viscere, dal grembo di Maria a quello di Elisabetta. 

Dice Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono libera¬ti dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (EG 1)

Le parole di Elisabetta saranno fissate per sempre nella seconda frase della prima parte dell’Ave Maria: “Benedetto tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno”. Benedetta perché? Perché su di lei è scesa la scelta gratuita del Signore. Ma Maria è beata, cioè felice, perché ha creduto “nell’adempimento delle parole del Signore”. La chiamata di Dio cerca sempre una risposta, la benevolenza divina attende sempre l’accoglienza della fede. Maria è beata perché ha creduto che Dio salva proprio facendosi carne nel suo figlio Gesù. Noi siamo beati, cioè felici se almeno accettiamo come possibilità la presenza di Dio nel mondo attraverso la venuta di Gesù nel mondo. 

Nell’esclamazione di Elisabetta “ a che debbo che la madre del Signore venga a me” c’è tutto lo stupore per il dono immeritato. Come dire: A che debbo tutto questo? “non so cosa ho fatto per meritarmi tutto questo”. La salvezza di Cristo è gratis. Dio ci salva gratis in Cristo Gesù (cfr CCC 2008) e il nostro merito è accogliere la sua chiamata alla salvezza. Dio ci salva gratis ma, attenzione, non per forza!

giovedì 10 dicembre 2015

Commento al Vangelo della III Domenica di Avvento; 13 dicembre 2015




La Buona Notizia che comincia da me



TESTO  ( Lc 3, 10-18 )

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo:
 «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi
non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero:
«Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete
nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo
fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a
nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si
domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a
tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte
di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi
battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la
sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la
paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

COMMENTO

Giovanni Battista è un profeta perché ha accolto con animo limpido e onesto la Parola di Dio che è scesa su di lui e per questo è in grado di riconoscere i segni dei tempi; ricordiamo invece l’ammonimento severo che Gesù farà alle folle che vivono nell’ipocrisia. 
“56 Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?
57 E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? ( Lc 12, 56 - 57)

Giovanni percepisce imminente l’arrivo di colui che porterà la giustizia finale e allora chiede a tutti di raccordarsi già da subito ad essa, di eliminare tutto quello che impedirebbe di gioire, di godere, di beneficiare di questa nuova realtà. Allora chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha neppure una. Chi ha da mangiare in abbondanza si faccia carico di chi ha fame. Il pubblico funzionario e il militare si accontentino della loro paga e non estorcano il di più. Giovanni non esige di lasciare quelle professioni che spesso inducevano alla disonestà e al crimine, ma chiede di trovare in esse una via di giustizia. 

Questo ci deve far capire, primo, che in qualsiasi situazione della vita si può vivere il Vangelo; non ci sono dei contesti sociali e di lavoro che a priori mi impediranno di vivere il Vangelo. Non dobbiamo dire che siccome faccio un certo lavoro allora non posso essere cristiano. 

Secondariamente dobbiamo capire che la preparazione delle vie del Signore, il riempire i burroni e lo spianare i colli e i monti delle ingiustizie deve iniziare da me, dalla mia vita; quanto è facile scagliarsi contro gli scandali degli altri, contro le incoerenze di alcuni uomini di chiesa, senza però preoccuparsi minimamente della sobrietà della propria vita, della capacità di condividere il proprio di più di risorse materiali e di tempo con chi non ne ha. San Francesco ha chiesto anzitutto per sé la povertà di Cristo prima di proporla al mondo! La prima denuncia è l’annuncio della vita. 

Un desiderio sincerità di verità allora spianerà la via alla venuta di Cristo,  il vero e unico sposo dell’umanità che ci permette fin dal giorno del Battesimo di gridare in verità “Abbà Padre!”. Cristo ci dona lo Spirito, quel fuoco vivo che purifica i nostri cuori

La fede cristiana è anzitutto esperienza di un Amore divino che irrompe nella vita e al cui calore tutto diviene vile e inconsistente; è esperienza di Cristo, un incontro possibile in ogni istante della nostra vita. Senza questo stupore la fede rischia il moralismo e ricerca di una salvezza “fai-da-te”.

giovedì 3 dicembre 2015

Commento al Vangelo della II Domenica di Avvento anno C; 6 dicembre 2015





Gli eventi che incalzano



TESTO  ( Lc 3,1-6 )

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. 
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».



COMMENTO

L’evangelista Luca non risparmia particolari storici, consapevole com’è di non raccontare fatti mitologici , aneddoti o favole a scopo didattico: si tratta di fatti accaduti, storia vera, di un qualcosa che accade in un luogo preciso, in un tempo preciso e in un contesto politico, fra l’altro piuttosto turbolento, tanto che in Giudea uno dei quattro tetrarchi era stato sostituito da Ponzio Pilato, inviato dall’Italia dal potere imperiale romano. ( Come se adesso un’amministrazione locale venisse commissariata per motivi di ordine pubblico ).

“ La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto “.
Nessuna epoca è stata o sarà mai priva della parola di Dio. In quel tempo la parola di Dio viene su Giovanni nel deserto. Certamente la Parola di Dio era scesa prima tante altre volte su altri uomini, ma aveva trovato la porta chiusa. Giovanni risponde, forse perché lui vive nel deserto, lontano dai richiami e dal frastuono dei grandi giochi politici, degli affari economici, delle elites religiose. Lui è uomo da deserto dove i richiami del cuore non subiscono interferenze o interruzioni di linea. 

Come tutti gli uomini che sanno fare silenzio ha un pre-sentimento: lui sente prima, intuisce che i tempi sono maturi per la venuta del Messia, il salvatore che Israele attende sempre più impazientemente ormai da secoli. E siccome nel deserto la voce di Dio si sente forte e chiara, altrettanto forte e chiaro è l’annuncio: “ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”. Questo annuncio dal deserto della Giudea ha percorso milioni di Km di strade e millenni di storia e ora raggiunge anche noi. Lo ripetiamo “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”.

Gesù di Nazareth che di lì a poco entrerà in scena in Giudea verrà a certificare con i suoi gesti e le sue parole e alla fine con la sua morte e risurrezione che proprio lui è il Salvatore atteso, per spianare le asperità della nostra vita, riscaldare la freddezza delle nostre relazioni, per colmare le lacune delle nostre vite, e perdonare ogni nostro ritardo agli appuntamenti della sua misericordia.