giovedì 30 giugno 2016

Commento al Vangelo della XIV Domenica del TO, anno C; 3 luglio 2016



DONI  INESTINGUIBILI


TESTO   ( Lc 10,1-12 ) 

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».


COMMENTO

Domenica scorsa Gesù ha dettato alcune definizioni di principio sull’atteggiamento del  discepolo: chi lo vuol seguire deve mettere in secondo piano ogni vincolo umano, familiare o di qualsiasi altro tipo. Ora Gesù designa 72 collaboratori della sua missione e domanda loro di attuare quanto aveva già stabilito in linea di principio, con una totale sobrietà di mezzi e di stile.  Addirittura dice Gesù “ …   vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.”

E non pensiamo che Gesù chieda ai suoi di essere sgarbati o burberi annunciatori. I saluti a cui allude Gesù sono l’indugiare in convenevoli ed eccessive forme di cortesia che potrebbero ritardare l’annuncio.
In sostanza, non occupandosi delle cose morte, cioè delle cose che passano, non voltandosi indietro nel rimpianto delle realtà che si è deciso di lasciare, i discepoli sono chiamati ad affidarsi soprattutto alla forza della preghiera. Il primo compito affidato da Gesù è proprio la preghiera: perché la messe è abbondante e gli operai sono pochi; per questo bisognerà pregare il padrone della messe affinché mandi altri operai nella sua messe. Poco affidamento sulle ricchezze terrene, e molta preghiera: sembra proprio il contrario dei criteri con cui procedono le opere di questo mondo.

Il numero 72 dei discepoli che sono inviati è rappresentativo delle nazioni pagane e ci dice che nessun uomo, nessun popolo è escluso dal desiderio di salvezza di Gesù, e anche il loro eventuale rifiuto non diminuirà la bellezza e la grandezza dei doni messianici; perché  i doni portati e annunciati dai discepoli–missionari del Regno non si estinguono di fronte al rifiuto degli uomini. La Pace di Dio è talmente grande e fondata sull’amore misericordioso di Dio , che se anche non accolta, in ogni caso ritornerà al donatore.

Così anche la vicinanza del Regno: è un dato ineliminabile.  La Signoria dell’amore di Dio si è avvicinata in modo definitivo alla realtà degli uomini, e allora che lo si accolga o no il Regno è vicino. Il gesto di scuotere la polvere dai propri piedi nelle città dove non saranno accolti i missionari non è gesto di disprezzo, e non dovrebbe mai esserlo,  ma un’espressione di presa di distanza da una chiusura di cuore di chi non accetta il confronto, il dialogo e l’annuncio. Ma anche per questi il Regno di Dio è vicino, e la sua vicinanza però, anziché buona notizia rischia di diventare una sventura, perché l’opportunità decisiva della Grazia e della salvezza, se rifiutata , diventa una dis-Grazia.

Papa Francesco ci ricorda che non esistono discepoli e missionari ma che tutti siamo discepoli – missionari allo stesso tempo. Siamo capaci di accogliere con apertura di cuore il messaggi del Vangelo come una buona notizia?  

lunedì 20 giugno 2016

Commento al Vangelo della XIII Domenica del Tempo Ordinario; 26 giugno 2016



Rischiatutto !


TESTO ( Lc 9,51 - 62 )

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. 

Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».


COMMENTO

Domenica scorsa la domanda fondante di Gesù: “Chi dite voi che io sia?” Oggi la domanda che fonda l’attitudine del discepolo del Maestro nazzareno. Il Vangelo ci presenta la decisione di Gesù di andare fino al fondo della sua missione, rimosso ogni ostacolo e paura, compreso quello di attraversare un territorio ostile ai Giudei come quello dei Samaritani.

A chi lo vuol seguire Gesù chiede la stessa radicalità, la stessa esclusiva donazione alla causa del Regno di Dio; perché se si vuol servire il Regno di Dio, cioè far regnare lo spirito della carità, non si può indulgere ad atteggiamenti diversi dall’amore: come quello di Giacomo e Giovanni che avrebbero voluto invocare il fuoco dal cielo per incenerire i Samaritani che non li avevano accolti.

Chi segue Gesù ha un’identità personale e comportamentale ben precisa; non può essere un mandatario pluri-marca che vende cioè prodotti per conto di diversi committenti. Gesù chiede l’esclusiva, perché anzi diversamente si perde tutto. Chi investe con Lui e su di Lui, recupera tutto, chi cerca di diversificare i rischi e cerca di tenere un piede qua e uno là è destinato a perdere tutto.

Per questo Gesù mette in guardia da atteggiamenti ambigui e non chiari: chi non compie una scelta di vita in cui il Regno di Dio, presente nella sua persona, non viene messo avanti tutte le altre cose, è come se fosse già morto, perché solo Gesù è vita, futuro, apertura a cose nuove, imprevedibili; tutto ciò che non è vissuto nella luce della sua presenza rimarrà cosa morta, non potrà saziare il nostro insopprimibile desiderio di felicità






giovedì 16 giugno 2016

Commento al Vangelo della XII Domenica del Tempo Ordinario; 19 giugno 2016



La Domanda Alla Radice Della Fede


TESTO  Lc 9 , 18 - 24 )

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 

Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».


COMMENTO

Sabato scorso ho avuto la gioia di partecipare , per la prima volta in vita mia, al pellegrinaggio notturno Macerata – Loreto. La cosa che mi ha profondamente interpellato è la quantità di persone che anche quest’anno ha preso parte: sembra addirittura più di cento mila . Cammin facendo mi è venuto naturale chiedere ad un giovane accanto a me: “ma perché tutta questa gente? Cosa li ha spinti a rinunciare ad una notte di sonno per camminare e pregare per 28 km ( in questo caso sotto la pioggia )? Il giovane mi ha risposto: “Ma  a te, cosa ha spinto a te, a venire a fare questa esperienza? “ 

Analogamente, in quel tempo attorno a Gesù si radunavano spesso folle di persone; persone oppresse da mille dolori e prove della vita, o magari semplicemente persone con tante domande e interrogativi. Gesù vuole giungere ad una risposta personale, e soprattutto vuole che i discepoli non si fermino a constatare l’opinione della gente cercando magari di abbracciare quella maggioritaria. Gesù chiede a ciascuno una risposta personale sulla sua persona.

Anche a te che hai letto o ascoltato questo brano è posta la stessa domanda: ma tu , chi dici che Gesù di Nazaret sia? “
Si può negare la divinità di Gesù e il fatto della sua passione – morte e risurrezione, o addirittura la sua esistenza storica , ma non si può sfuggire la domanda su Gesù. Ogni fatto storico ci interpella, perché in un modo o in un altro ci chiede di prendere posizione di fronte ad esso, non fosse altro per negarlo, per dire: “questa cosa non credo sia mai esistita.”

Di fronte ad una domanda simile solo il credente nell’identità di Gesù Salvatore e figlio di Dio potrà essere capace di seguire le orme del Maestro sulla via del dono, del perdere la vita per trovarla in Lui e con Lui. Ma questa è una domanda a cui siamo obbligati a rispondere ad ogni nuovo tornante dei nostri Calvari quotidiani. “E tu chi dici che Gesù di Nazaret sia?”   

mercoledì 8 giugno 2016

Commento al Vangelo della XI Domenica del TO , anno C; 12 giugno 2016



Amor, ch'a nullo amato amar perdona,


TESTO ( Lc 7,36 - 8,3 )

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 

Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». 
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 

E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 

Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.


COMMENTO

Se è vero che la migliore spiegazione della Bibbia è la Bibbia stessa, questo episodio del Vangelo sembra essere illuminato anche da un altro episodio della vita pubblica di Gesù  (cfr Lc 17,20): quando inviati dai sommi sacerdoti dieci lebbrosi che lo supplicano, ed essendo tutti guariti, un samaritano torna da Gesù lodando Dio. Gesù osserva che tutti sono stati guariti, ma che per la fede solo quell’uomo, un samaritano è stato salvato. 

Questa donna peccatrice si getta ai piedi di Gesù perché è una peccatrice, e capisce che quell’uomo che parla di perdono e misericordia è forse l’ultimo appiglio per la sua salvezza. Il fariseo rimane invece freddo; forse lui si sente già salvo, salvo perché ricco dei suoi tanti adempimenti alle osservanze della legge.

Proprio alla donna, e solo a lei, Gesù annuncia la salvezza: “La tua fede ti ha salvata!” Gesù è la misericordia per tutti gli uomini, per ogni uomo in particolare, ma nella  casa del fariseo lei è la sola che loda il Signore, con i suoi gesti, le sue lacrime, la sua umiltà, prostrata dinanzi a Colui che riconosce come possibile salvatore. 

Se allora la donna con il suo atteggiamento dimostra di aver riconosciuto la densità della persona e della presenza di Gesù, e quindi riconoscendo la grandezza della misericordia di Dio fronte alla grandezza del suo peccato lo ama di vero cuore, dall’altra il suo amore per Gesù è anche causa e momento di salvezza personale, proprio perché la confessione del nostro amore al Salvatore Gesù permette alla sua salvezza di trovare accoglienza in noi.

Il punto di partenza in questo cammino di guarigione rimane la visione, la contemplazione della grandezza, della bontà divina. Solo in questo quadro può generarsi la coscienza della nostra inadeguatezza, del nostro peccato, del male che spesso accogliamo nel nostro cuore. L’apertura del cuore alla sua misericordia sarà il seguito quasi necessario del desiderio di colmare una distanza, la distanza tra l’amore ricevuto e la pochezza della nostra risposta.   

giovedì 2 giugno 2016

Commento al Vangelo della X Domenica del TO; 5 giugno 2016



Siamo Nati e Non Moriremo PIÙ


TESTO ( Lc 7,11-17 )

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 

Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 

Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.


COMMENTO

Due cortei si incontrano appena fuori di un piccolo villaggio: uno, molto numeroso, accompagna alla tomba un giovane, figlio unico di madre vedova. Un corteo che ‘celebra’ lo strapotere di quel padrone assoluto e spietato che è la Morte. Spietato perché le vedove, insieme agli orfani, erano ritenute le più povere tra i poveri. Oltre la solitudine affettiva, private del marito, venivano a trovarsi senza protezione e senza appoggio economico.

L’altro corteo, formato dai discepoli di Gesù e da una grande folla, accompagna Colui che si rivelerà come il Signore della vita, l’unico che può arginare e vincere la potenza e signoria incontrastata della Morte. Possiamo immaginare anche l’entusiasmo di questo secondo corteo: Gesù aveva guarito, aveva predicato la beatitudini dei piccoli, aveva annunciato la grandezza della misericordia di Dio Padre.

Come si comporta Gesù in questo contrasto di scenari ? 
Gesù vede: l’attenzione di Gesù è rivolta primariamente a lei, la madre del morto, perché non può sfuggirgli la gravità estrema della condizione di lei.

Gesù, poi, “fu preso da grande compassione per lei”: letteralmente, “si sente sconvolgere fino alle viscere’. E’ un reale immedesimarsi nella condizione di lei, un ‘patire con lei’. E’ questo un verbo caro all’evangelista Luca, che lo attribuisce anche al buon Samaritano per indicare la sua ‘compassione’ per l’uomo ferito, e al padre misericordioso per descrivere la sua tenerezza nei confronti del figlio prodigo ritrovato. E’ utile collegare questo atteggiamento di Gesù con quanto Lui aveva detto ai discepoli appena prima: “Il Padre vostro è misericordioso”(6,36). Anche qui Gesù mostra se stesso come volto visibile del Padre compassionevole.

L’intervento che segue non è né sperato, né chiesto, né atteso. E’ pura iniziativa del Signore e quindi una sorpresa assoluta. Di solito Gesù esige la fede come condizione perché lui possa compiere un miracolo. In questo caso l’unica ragione che motiva l’intervento di Gesù è la sua compassione: pura gratuità.

Gesù dice: “ Ragazzo, dico a te, alzati ”(letteralmente: ‘svegliati’). La Parola del Signore, come opera nel giovane il passaggio dalla morte alla vita, così nel credente, attraverso il battesimo, opera il passaggio dalla ‘vita vecchia’ schiava del peccato e della morte, alla ‘vita nuova’ nel Risorto. Ma questa parola opera anche in noi. Anche a noi che leggiamo e ascoltiamo questa parola è rivolto un invito  a camminare nella via della conversione, a ricominciare da quel punto del cammino dove ci eravamo persi.