Commento al vangelo della III domenica di Pasqua, anno C – 4 maggio 2025
Dal Vangelo secondo Giovanni (Forma breve): Gv 21,1-14
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Commento
Pietro, il pescatore che doveva diventare nella parola di Gesù il “pescatore di uomini” (cf Mc 1,17) è tornato alla pesca tradizionale. I pesci. Tutto sembra essere rientrato nell'ordinarietà, ma non possiamo pensare che il cuore dei discepoli non custodisca profondamente la memoria di quegli anni intensi, di incontri, di parole ricevute dal maestro, di segni eclatanti, fino a quelle due apparizioni avvenute dopo la passione e morte, di cui abbiamo ascoltato domenica scorsa. Impossibile! La brace sotto la cenere non è ancora spenta, cioè: la speranza di una novità assoluta nell’apparente ritorno alla vita ordinaria è più che mai viva. Anche nel cuore di ogni uomo non si spegne mai quell’insopprimibile domanda di felicità, quella certezza più intuita che dimostrata che da qualche parte esista il senso tanto ricercato della propria esistenza.
La domanda di Gesù “Figlioli, non avete nulla da mangiare?” vuole condurre quei discepoli a constatare la loro povertà, il loro vuoto, ma per preparare i loro cuori all’enorme stupore che seguirà alla pesca sulla forza della sua parola.
Bisognerebbe accettare le proprie sconfitte per vincere le battaglie decisive; saper riconoscere che le nostre ricerche di basso profilo di vita, di bellezza, di gioia non stanno conducendo a niente. Gesù accetta la passione, fa la sua pasqua e entra con la sua umanità nella gloria del Padre. Anche noi uomini, sulla barca di Pietro e i suoi discepoli – cioè la Chiesa – possiamo fare Pasqua, cioè ripartire dal riconoscimento che non abbiamo nulla di veramente nutriente per la nostra vita, e trovare nella parola viva di Gesù vivo la svolta per una pesca abbondante.