giovedì 2 gennaio 2025

La vita del Figlio illumina le tenebre della 'non vita'.

 

II domenica di Natale – 5 gennaio 2025

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-18)  

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.


Commento

In principio era il Verbo, ci dice san Giovanni; il fatto che Gesù, prima ancora di nascere in un corpo umano, fin dal principio, sia la Parola, significa che Dio dal principio vuole comunicare con noi, vuole parlarci. Il Figlio unigenito del Padre (cfr v. 14) vuole dirci la bellezza di essere figli di Dio; In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Le tenebre della ‘non vita’ sono costituite non tanto dalla morte biologica, ma dal rifiuto della vita filiale. In un passo della sua prima lettera lo stesso evangelista Giovanni dirà: L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre.

Ecco quindi che nel tempo, nella storia della creazione, è arrivato un momento, la pienezza del tempo direbbe San Paolo, in cui il desiderio di Dio Padre di comunicarci il suo amore, di parlarci della bellezza di vivere nella sua amicizia, da figli, ha raggiunto un culmine, un punto massimo: la vita di Gesù di Nazaret.

Gesù è la sola porta d’accesso, stretta proprio perché coincide con la sua persona, alla paternità di Dio. In fondo lo possiamo anche intuire a partire dalle nostre relazioni umane: per apprezzare la presenza di un padre, occorre avere la disponibilità e l’umiltà del cuore di un figlio. Per questo Gesù ha immerso (significato letterale di battezzare) la sua e la nostra umanità nel fuoco ardente dell’amore di Dio Padre, perché ora egli, risorto e asceso al cielo, possa continuare a vivere nel nostro cuore col suo Santo Spirito, e noi in lui. Avere un cuore da figli di Dio non è il frutto dell’esercizio delle virtù cristiane, o di una nostra conquista. È vero piuttosto il contrario: è l’accoglienza dello Spirito del Figlio Gesù e la fede in Lui che rendono possibile la concretezza di una vita da cristiano.