mercoledì 29 gennaio 2025

In Gesù ogni promessa è compiuta

 

Commento al vangelo della Festa della Presentazione del Signore – 2 febbraio 2025 –  (in luogo della IV dom TO/C)

                                                   
Dal Vangelo secondo Luca (versione breve: 2,22-32)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».


Commento

Se la parola “vangelo” significa “buona notizia”, il brano che abbiamo appena ascoltato va proprio al cuore di questo significato. L’anziano uomo Simeone, che era giusto e pio, viveva immerso nello Spirito del Signore. Faccio notare come per tre volte il vangelo ci dice che la sua vita era profondamente toccata dalla sua presenza: “Lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato…E poi ancora …mosso dallo Spirito Santo, si recò al tempio.

La sua esplosione di gioia alla vista del bambino Gesù (Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,…) è un inno di gioia e di speranza. Inno di gioia perché la promessa di vedere il Messia prima di morire si compie per lui in questo felice incontro; un inno di speranza perché egli annuncia che la luce del bambino Gesù si propagherà inesorabilmente in tutto Israele e in tutto il mondo, per tutti gli uomini.
 Non a caso queste parole vengono pregate dai cristiani tutte le sere nella Compieta, l’ultima preghiera liturgica prima del riposo notturno. Ogni giorno dovremmo anche noi – infatti - saper riconoscere che la luce di Cristo ha attraversato la nostra esistenza. Saremmo quasi eretici se dicessimo il contrario!
Mi permetto anzi di suggerirvi, come faccio sovente con le persone anziane, di non terminare mai la giornata senza aver prima riconosciuto che essa è stata allietata, o quanto meno accarezzata, da almeno due-tre cose belle che ci sono capitate e che danno motivo di benedire il Signore. L’esame di coscienza serale sempre dovrebbe essere preceduto da un esame di riconoscenza. 

Anche noi come il vecchio Simeone, e come – prima di lui - la Vergine Maria siamo destinatari del dono della presenza di Cristo. Egli è già in mezzo a noi col suo Spirito, cammina con noi nella storia di questo mondo, rendendosi presente soprattutto nei più deboli e disprezzati; ma quando egli verrà nella sua gloria allora, ci dice san Giovanni nella sua prima lettera, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. (1 Gv 3,2).

mercoledì 22 gennaio 2025

A ciascuno la sua missione!

 

 Commento al vangelo della III domenica del TO/C – 26 gennaio 2025

 

 Dal Vangelo secondo Luca (1,1-4; 4,14-21)

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Commento

 Non è avvenuto nell’umanità ciò che è avvenuto nel mondo della materia inanimata: In principio Dio creò il cielo e la terra per mezzo della sua parola. Il Verbo che, come dice San Giovanni era in principio presso Dio ed era Dio, (cf. Gv 1,1), chiamava all’esistenza le creature ed esse obbedivano. “Sia la luce… e la luce fu; ci sia il firmamento, e così avvenne. (Cf Gen 1,1-10). Si dice che la parola di Dio ha un potere performativo: realizza quel che dice. Ma con l’uomo non fu così. Anch’esso creato nella potenza e per la potenza del Verbo, della Parola di Dio, egli però si allontanò dall’amore con cui il Signore gli aveva condiviso la propria Signoria sul mondo.
Nel tempo i profeti annunciarono il ristabilimento di un’amicizia che faceva sanguinare il cuore degli uomini, e più ancora quello di Dio; e tra questi Isaia da cui è tratto il brano proclamato da Gesù nella sinagoga di Nazaret. 

Ma finalmente, proprio in Gesù le profezie dell’Antico Testamento, e non solo quelle di Isaia, si realizzano e si compiono. La parola di Dio trova in lui quel compimento umano che mancava dai tempi del fatale e nefasto ‘no’ pronunciato da Adamo ed Eva.
Gesù in effetti porterà il lieto annuncio delle beatitudini ai poveri, proclamerà la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, ridonerà agli oppressi la libertà del cuore, e proclamerà un tempo (simbolicamente un anno) di grazia per tutti gli uomini; un tempo di grazia, di amore ricevuto gratuitamente, che rende possibile attualmente, ad ognuno di noi, ciò che le sole nostre forze morali non ci avrebbero mai permesso: rinascere dall’alto, svincolarsi dai limiti della vita biologica e tornare a gustare la piena comunione con Dio. Quella parola di Isaia che Gesù proclamò compiuta nella sua vita, ora, grazie al suo Spirito che opera in noi, può e deve compiersi in ciascuno di noi.


domenica 19 gennaio 2025

Indovina chi viene a cena

 

 Commento al vangelo della II domenica del TO/C – 19 gennaio 2025


Dal vangelo di Giovanni (2,1-11)

 Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
11Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.


Commento

Forse qualcuno ricorderà quel film degli anni ’60 (1967 per la precisione) Indovina chi viene a cena dove un’apparente tragedia si risolve nella gioia finale di tutti. All’inizio di questa scena Gesù non sembra essere il protagonista: anzi da come il narratore sviluppa il racconto, sembra essere presente a questa festa di nozze, con i suoi discepoli, un po’ di rimbalzo, cioè come conseguenza del suo essere figlio di Maria. Ma è proprio lui che trasforma la tragedia dell’improvvisa mancanza di vino in un’occasione di grande gioia per tutti, soprattutto per gli sposi, meritevoli solo di averlo invitato al loro matrimonio. 

Dopo la manifestazione di Gesù ai Magi, e il suo battesimo al Giordano dove è proclamato da Dio-Padre suo Figlio amato su cui è posto l suo compiacimento, le nozze di Cana sono il terzo grande evento epifanico – cioè, manifestativo - della persona di Gesù e che nella memoria dell’evangelista Giovanni che scrive, costituisce anche “… l’inizio dei segni compiuti da Gesù” (2,11). Indubbiamente la gran quantità di vino buono alla fine della cena non poteva passare inosservata, soprattutto ai servi che riempirono le 6 giare di semplice acqua, e che ebbero la ‘fortuna’ di essere gli unici testimoni oculari del miracolo per aver obbedito all’invito perentorio di Maria: ‘Qualsiasi cosa vi dica, fatela’. 

Per concludere: per coloro che accettarono di mettersi a servizio del Maestro, dietro esortazione di sua madre Maria, ci fu la certezza che anche l’elemento più semplice – inodore, insapore e incolore – può cambiarsi in quell’ingrediente che cambia il gusto di ogni cosa. Anche per noi che oggi ascoltiamo questo vangelo rimane aperto l’invito alla festa di nozze della vita, ma perché ogni cosa ordinaria possa trasformarsi in occasione di gioia occorre seguire l’invito di Maria in riferimento a suo figlio Gesù: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”.

venerdì 10 gennaio 2025

“La via per andare in su è quella di scendere in giù”

 Festa del Battesimo di Gesù – 12 gennaio 2025


 Dal Vangelo secondo Luca (3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».


Commento

 San Serafino da Montegranaro era un santo cappuccino marchigiano vissuto nel 1500, che noi cappuccini marchigiani abbiamo scelto come patrono. Egli era solito ripetere ai suoi confratelli e ai fedeli che “la via per andare in su è quella di scendere in giù”; e quanto diceva era accompagnato di fatto da una vita totalmente dedicata ai lavori e ai servizi più umili e scomodi.

Ma cosa c’è di tanto attraente e significativo nello scendere in basso, nel prediligere la via dell’umiltà? Semplice: in questa via abita Gesù. Non basterebbe questo per seguire l’esempio di tantissimi santi che come san Serafino, o san Francesco d’Assisi, hanno scelto lo stile del nascondimento e della semplicità? Lo ripetiamo: nella via dell’abbassamento per amore di Dio e dei fratelli abita Gesù. Vedete bene che per trovare Gesù non abbiamo bisogno del navigatore satellitare!

Il gesto di Gesù di farsi battezzare nel Giordano non doveva servire certo a lui, che in quanto figlio di Dio, era l’ultimo uomo ad aver bisogno di una qualsivoglia purificazione, ma doveva segnare piuttosto la sua decisione di affidarsi e abbandonarsi alla volontà del Padre del cielo: Padre suo, per natura, e Padre nostro per Grazia ricevuta. Ecco perché il Padre gli dichiara tutto il suo compiacimento, perché finalmente vede sulla terra un uomo che si fida di lui, che si affida a Lui come - direbbe il salmista - “… bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal 130). I cieli si chiusero dopo la colpa dei nostri progenitori che sospettarono un Dio invidioso della nostra gioia; i cieli si riaprono al presentarsi dell’uomo-Gesù che accetta di ‘immergersi’ nelle conseguenze dei nostri peccati per meritare a nostro favore il premio della vita eterna.

giovedì 2 gennaio 2025

La vita del Figlio illumina le tenebre della 'non vita'.

 

II domenica di Natale – 5 gennaio 2025

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-18)  

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.


Commento

In principio era il Verbo, ci dice san Giovanni; il fatto che Gesù, prima ancora di nascere in un corpo umano, fin dal principio, sia la Parola, significa che Dio dal principio vuole comunicare con noi, vuole parlarci. Il Figlio unigenito del Padre (cfr v. 14) vuole dirci la bellezza di essere figli di Dio; In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Le tenebre della ‘non vita’ sono costituite non tanto dalla morte biologica, ma dal rifiuto della vita filiale. In un passo della sua prima lettera lo stesso evangelista Giovanni dirà: L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre.

Ecco quindi che nel tempo, nella storia della creazione, è arrivato un momento, la pienezza del tempo direbbe San Paolo, in cui il desiderio di Dio Padre di comunicarci il suo amore, di parlarci della bellezza di vivere nella sua amicizia, da figli, ha raggiunto un culmine, un punto massimo: la vita di Gesù di Nazaret.

Gesù è la sola porta d’accesso, stretta proprio perché coincide con la sua persona, alla paternità di Dio. In fondo lo possiamo anche intuire a partire dalle nostre relazioni umane: per apprezzare la presenza di un padre, occorre avere la disponibilità e l’umiltà del cuore di un figlio. Per questo Gesù ha immerso (significato letterale di battezzare) la sua e la nostra umanità nel fuoco ardente dell’amore di Dio Padre, perché ora egli, risorto e asceso al cielo, possa continuare a vivere nel nostro cuore col suo Santo Spirito, e noi in lui. Avere un cuore da figli di Dio non è il frutto dell’esercizio delle virtù cristiane, o di una nostra conquista. È vero piuttosto il contrario: è l’accoglienza dello Spirito del Figlio Gesù e la fede in Lui che rendono possibile la concretezza di una vita da cristiano.