Commento al Vangelo della XIII domenica del Tempo Ordinario, anno A – 2 luglio 2023
Dal vangelo di Matteo (10,37-42)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Commento
Il creato risplende di tanti doni di Dio, segni della sua amicizia e della sua gratuita benevolenza, ma se tali doni, anziché servire a fare memoria del donatore, diventano centro assoluto dell’attenzione e degli affetti di un uomo, quest’uomo è destinato a perdersi, perché così facendo perde contatto con l’autore della vita.
Una qualsiasi cosa, o una qualsiasi relazione che venisse anteposta all’amicizia del Signore diventerebbe una scatola vuota: forse ben confezionata e ben infiocchettata, ma comunque terribilmente vuota rispetto al desiderio del cuore. Le pagine della Bibbia ci ricordano spesso il pericolo di inciampare nell’idolatria. Il popolo di Israele, già poco dopo la liberazione dalla schiavitù di Egitto, sente il bisogno di avere risposte continue e immediate alle sue esigenze, e non ricevendole, si inventa il vitello d’oro: “Ecco il tuo Dio, o Israele, che ti ha fatto uscire dall’Egitto”.
L’uomo, pur salvato da Cristo e destinato alla vita eterna, continua a sentire un’istintiva inclinazione a farsi un “dio su misura”, un dio “pret-à-porter”. L’originalità della fede di ciascun uomo, la personalizzazione dell’esperienza spirituale sono doverose, ma non si può arrivare a fare della propria idea di Dio l’assoluto, perché torneremmo alla storia del vitello d’oro, facendoci un dio a nostro uso e consumo.
Ecco allora anche il significato della benedizione che Gesù accorda a chi accoglie i profeti e i suoi discepoli come tali, perché comunicheranno ai loro stessi benefici, dimostrando di saper uscire dal proprio “io” e di accettare l’oggettività di come il Signore si è fatto conoscere, rivelandoci il volto di Dio Padre, e di come continua a farsi conoscere tramite l’umanità dei suoi missionari.