XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, anno B – 14 novembre 2021
Dal Vangelo secondo Marco (13,24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Commento
Il Vangelo di questa Domenica ha una difficoltà oggettiva: c’è il ricorso ad un modo di parlare in uso ai tempi di Gesù - quello che si dice un genere letterario - in cui immagini di sconvolgimenti naturali e cosmici servono ad annunciare i tempi messianici, i tempi dell’arrivo del Messia, del Cristo, cioè del Salvatore di Israele. Per noi, uomini del XXI secolo, sembra quasi di ascoltare farneticazioni, ma ci occorre la fatica non solo di una traduzione linguistica, ma anche – in questo caso – di una traduzione culturale.
Le parole di Gesù annunciano il sovvertimento degli equilibri correnti: se il nostro Pontefice Francesco rimarca che assistiamo non tanto ad un’epoca di cambiamenti, ma ad un cambiamento d’epoca, questo è tanto più vero per la Pasqua di Gesù, il suo passaggio-ritorno alla gloria del Padre, passando per la croce. La sua passione-resurrezione, ma anche la effettiva distruzione storica di Gerusalemme nell’anno 70 d.C., hanno segnato il passaggio ad una nuova era e la fine di quella vecchia.
Noi osserviamo, di questi tempi, tante foglie cadere dagli alberi, ma sappiamo che in tale caduta si prepara la nuova fioritura di primavera. Il giudice di questo mondo, il Cristo, è stato condannato, e continua ad essere condannato in tante morti ingiuste e dimenticate, ma in tutte queste morti si prepara il suo giudizio secondo carità sul mondo e l’umanità; di questo parleremo Domenica prossima nella festa di Cristo Re.
Se tutto è destinato a passare, quale certezza ci resta a cui ancorare la nostra esistenza? La Parola di Gesù. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Solo chi resta in ascolto della Parola di Dio resta in piedi di fronte agli sconvolgimenti della vita. Notare: nel Getsemani, non appena Gesù, confermando la sua identità, disse: “Sono io” i farisei e le guardie dei sommi sacerdoti “indietreggiarono e caddero a terra” (Gv 18,6). Maria, al contrario, “beata, perché obbediente alla Parola del Signore” resta in piedi, ai piedi della croce”. Questo nostro mondo, per nostra fortuna, va verso una meta e un giudizio. A quali parole, o a quale parola vogliamo dare credito? Non è questione da poco.