venerdì 5 novembre 2021

Si ama anche usando il denaro

 

 Commento al Vangelo della XXXII Domenica del Tempo Ordinario, anno B – 7 novembre 2021


Dal Vangelo di Marco (12,38-44)

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».


Commento

Da quando mi occupo dell’economia del convento mi occorre, fra le altre cose, di svuotare periodicamente le cassette delle offerte e i cestini delle messe domenicali. Il primo pensiero, questa è quasi una confessione pubblica, è che le tante monetine di rame (quelle da uno, da due e da cinque centesimi, tanto per intenderci), più che un contributo alla vita della comunità, siano il frutto delle periodiche pulizie dei portamonete.
Fortunatamente questo brano del Vangelo e tanti altri gesti e parole di Gesù vengono ad ispirare pensieri diversi ed una più sana lettura in generale del rapporto che noi cristiani dovremmo avere col denaro. 

Questione di giustizia è che ogni membro di una comunità, come quella cristiana, ma potrebbe trattarsi anche di un’associazione sportiva o di un partito politico, dia il proprio contributo al funzionamento della stessa. Tuttavia, la misura e il valore di tale contributo potrà essere conosciuto solo dalla propria coscienza e dallo sguardo misericordioso di Dio che in essa ci parla.

Quella donna doveva essere conosciuta da Gesù – come poteva sapere altrimenti che era vedova? – e il gesto da lei compiuto è un atto di abbandono totale a Dio, e alla sua provvidenza di Padre, ma forse ancor di più un gesto nuziale, di consegna totale nel suo amore fedele e concreto. Sebbene vedova, appunto, e di conseguenza al di fuori di ogni sicurezza o protezione economica, la povera donna non si barcamena nella gestione del suo poco, ma preferisce amare il suo Signore – che per un ebreo era intensivamente presente nel tempio di Gerusalemme - fino alla fine, con tutta se stessa, con tutto ciò che aveva, e investire le due monetine nella banca delle infinite possibilità della misericordia di Dio.