domenica 23 dicembre 2018

Commento al Vangelo della I Domenica di Natale, 30 dicembre 2018; Santa Famiglia




SOTTOMESSO A DIO E AGLI UOMINI


TESTO (Lc 2,41-52)

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.


COMMENTO


Nel brano di quest’oggi è evidente il connubio tra due parole: Gesù e Gerusalemme; è una profezia sul destino di questo fanciullo, qui appena dodicenne, che nella città santa di Davide dovrà portare a termine la sua missione di salvezza. L’incomprensione degli uomini che lo porterà alla morte di croce viene in qualche modo pre-annunziata dallo stupore dei maestri del tempio e dallo stupore dei suoi stessi familiari che lo ritrovano dopo tre giorni di cammino a ritroso, alla sua ricerca. Proprio in Gerusalemme Gesù si consegnerà nelle mani del Padre, e il sigillo del compimento della sua missione saranno proprio le sue stesse ultime parole: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”.

L’affidamento totale dell’uomo Gesù alla volontà di Dio, si realizza tuttavia a partire dalla sua quotidianità spesa nel quadro della famiglia con sua madre Maria e suo padre Giuseppe. Il contrasto del racconto è solo apparente. Prima Gesù dice che deve occuparsi delle cose del padre suo e poi l’evangelista dice che “scese con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso”. La sua sottomissione umile nella famiglia di Nazareth, di cui oggi facciamo memoria, è il luogo in cui Gesù avvia e inaugura la sua esperienza di consegna nelle mani del Padre celeste. La sua crescita in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini è resa possibile perché, comunque, pur essendo Gesù figlio di Dio e quindi Dio, umanamente non gli fu risparmiato quel faticoso cammino di apprendimento delle virtù umane, prima fra tutte l’umiltà.

Anche Gesù ha vissuto il 4° comandamento “Onora il padre e la madre” e come per ciascuno di noi, la comunità naturale di un padre e di una madre è stata la prima mediazione di una relazione con la paternità di Dio.

Ringraziamo anche noi Dio Padre per averci dato dei genitori che ci hanno trasmesso l’esperienza della paternità e della maternità e attraverso la quale, pur in mezzo a tante debolezze umane, abbiamo intuito la dolcezza e la tenerezza della paternità di Dio.