La profezia di una vita
TESTO
Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
COMMENTO
La vita di Giovanni il “battezzatore” non viene solo dal grembo di Elisabetta e dal seme di Zaccaria, la sua esistenza non è solo legata al codice genetico di una famiglia, di una stirpe e di una stirpe sacerdotale per altro. Il dono della sua esistenza viene soprattutto dall’Alto: Elisabetta se ne rende conto e obbedendo a quanto aveva detto l’angelo Gabriele a Zaccaria suo marito («Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni” - Lc 1,13), decide di non chiamarlo con uno dei nomi del loro clan. Anche il nome doveva essere segno che in quella creatura c’era qualcosa di più, che veniva direttamente dalla mano di Dio. La lingua di Zaccaria si scioglie ugualmente solo quando questi riconosce che in quella nuova esperienza umana si celava un’esperienza divina, un’esperienza della presenza di Dio nell’umanità. La vita stessa del Battista è profezia, è una parola cioè che annuncia la salvezza, un segno vivente delle impossibili possibilità di Dio. Quello che Giovanni ha fatto in concreto potrebbe non sembrare grande cosa; l’evangelista Luca ci dice che Giovanni “visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele”, ma quello che conta è che lui è stato ciò che il Signore gli ha chiesto di essere e ha fatto ciò che il Signore gli ha chiesto di fare.
Non dobbiamo avere mai paura di una vita apparentemente insignificante e che sembra essere il deserto di ogni senso e di ogni possibile gratificazione, perché la vita ha un senso per se stessa, perché è sempre un dono che viene dall’Alto e perché è sempre una profezia dalla parte di Dio.
Ad ogni vita che viene concepita ognuno dovrebbe porsi la stessa domanda della gente di quel tempo riguardo Giovanni Battista: «Che sarà mai questo bambino?» In ogni uomo c’è una luce venuta a illuminare, una voce venuta a profetizzare, un nuovo raggio della stessa e medesima luce di Pace che irradia il mondo.
Proprio riguardo alle speranze di pace di questo ricco-povero continente africano vorrei fare eco alle parole della Beata Madre Teresa di Calcutta che nel corso di una trasmissione televisiva, rispondendo a una domanda sulla pace nel mondo, disse: “finché qualcuno ammazzerà un bimbo nel proprio grembo, non ci sono speranze di pace!”