domenica 18 marzo 2012

Commento al Vangelo IV Dom Quaresima anno B 18 marzo 2012.


ALLA LUCE DI CRISTO


TESTO (Gv 3,14-21)

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,
 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.
 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.
 Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.


COMMENTO

Chi opera il male può non esserne cosciente, ma quando ne ha consapevolezza fa di tutto per restare nell’oscurità. Ho già avuto modo di raccontare che qui in Benin il sistema di sicurezza più comune usato dalla gente per proteggersi dai ladri notturni è la luce. I ladri normalmente qui vengono di notte perché hanno paura della luce. ( In Camerun da dove sono appena rientrato i banditi tuttavia non hanno paura neppure della luce e già due – tre volte hanno fatto irruzione nei nostri conventi pistole alla mano … che se è vero che in quelle zone montagnose è un mezzo paradiso terrestre quanto a clima , bellezza della natura e assenza di malaria, io preferisco tenermi il caldo, l’umidità e le zanzare del Benin!)

Gesù ce lo ricorda: chi fa’ il male cerca di restare nelle tenebre. In tutta coscienza chi fa’ il male avrà sempre la sensazione di non essere totalmente a posto con la propria coscienza, perché ciascuno nasce alla luce del mondo con iscritta nel proprio cuore la legge di Dio.

Il male diventa un circolo vizioso dove tutto si giustifica e tutto diventa bene dove tutto si può fare; una cella di una prigione senza porte né finestre, dove tuttavia c’è una e una sola via d’uscita: l’amore misericordioso di Dio rivelato in Cristo crocifisso.
La croce di Gesù è l’unica guarigione contro ogni male. Quello fisico, perché nella peggiore delle ipotesi il male fisico porta alla morte ma dalla morte si risorge; quello morale, perché solo il Signore ci libera veramente dal peso dei nostri peccati e dal rimorso di essi; quello spirituale, perché solo il Signore innalzato sulla croce ci fa sentire la vicinanza di Dio in ogni frangente della nostra vita.
La debolezza di Gesù crocifisso è più potente della potenza degli uomini, e più saggia della saggezza umana, come ci diceva la seconda lettura di Domenica scorsa.

Mi colpì moltissimo, i primi giorni qui in Benin, la testimonianza dei miei confratelli riguardo la diffusissima pratica della stregoneria. Quando gli stregoni o i fattucchieri vengono interpellati per fare un maleficio contro un prete cattolico, essi si rifiutano di farlo perché dicono che  il Dio dei preti è più potente dei loro spiriti. Carissimi fratelli in Cristo, perché temere ancora? Siamo in una botte di ferro. Di chi dobbiamo ancora avere paura?

venerdì 9 marzo 2012

Commento al Vangelo III Dom Quaresima Anno B, 11 marzo 2012

COMMENTO Testo: cf Gv 2,13-25

Carissimi amici internauti, mi trovo momentaneamente a Bambui, dipartimento di Bamenda, nella regione anglofona del Camerun, senza troppo tempo a disposizione per utlizzare un computer.

Vorrei cogliere una frase significativa del Vangelo di Domenica prossima: Gesu' rispose: distruggete questo tempio, e in tre giorni lo ricostruiro'. L'evangelista Giovanni ci spiega lui stesso che Gesu' stava facendo allusione al tempio del suo corpo. Gesu' sapeva bene che pur messo a morte, il terzo giorno sarebbe risuscitato e che il suo corpo sarebbe diventato il nuovo e definitivo tempio, l'unico. Il tempio di Gerusalemme, luogo sacro per il culto della religione ebracia, non avrebbe piu' avuto senso.

Il corpo di Gesu' risorto e vivo si trova in maniera visibile ovunque si trovi un uomo che abbia ricevuto il battesimo cristiano: la dove c'e' un cristiano, li' c'e' il corpo di Cristo perche' laddove c'e' un cristiano, li' c'e' la Chiesa - vero corpo sacramentale di Cristo risorto - e quindi la presenza di Dio.

Gesu' e' stato ucciso, ma la sua presenza di risorto attraverso il suo Spirito e' dappertutto. Anche qui in Camerun, come in Benin, come in Italia, come in tutto il mondo, ci sono uomini che si lasciano abitare da questa presenza.
Non ci si puo' sbarazzare facilmente di Cristo!
Ma il pericolo piu' grande per la Chiesa non sono coloro che vogliono distruggerla da fuori perseguitando ancora oggi il corpo del Cristo risorto. Il pericolo vero e' costituito dall'infedelta' di noi battezzati, dalla debolezza della nostra testimonianza. Le sette proliferano sulle macerie di una Chiesa che non e' piu' capace di essere il volto trasfigurato di Cristo risorto.
Buona continuazione di conversione.

domenica 4 marzo 2012

Commento al Vangelo II Dom Quaresima anno B 4 marzo 2012.

TRASFIGURATI O SFIGURATI

TESTO (Mc 9,2-10)

2 Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.4 E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.5 Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!».6 Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento.7 Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!».8 E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.
9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti.10 Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.


COMMENTO

La liturgia della Parola di queste prime due domeniche di Quaresima, come ogni anno,  ci fa’ saltare da un capo all’altro dell’itinerario penitenziale: dalle tentazioni di Gesù nel deserto all’esperienza della sua gloria divina, dalla spoliazione delle sue prerogative divine al risplendere della sua inaccessibile luce sul monte Tabor.
La lotta e la vittoria contro le seduzioni del male conducono alla piena manifestazione della bellezza divina sul volto del Cristo.
Tuttavia ogni avvenimento della vita di Gesù deve guidare la nostra esistenza quotidiana e condurci alla seguente domanda: “come posso mettere in pratica questa Parola, come posso incarnarla nella mia vita? Posso anche io essere trasfigurato ?”
Ciò che risplende sul volto di Gesù, e cioè la sua vita divina, il suo essere figlio di Dio, è stato un giorno depositato e seminato anche nella nostra umanità. Non solo siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio ma abbiamo ricevuto nel nostro cuore lo Spirito del Figlio che grida in noi “Abba’ Padre!” ( cf. Rm 8). Ciò che Gesù è per natura, Figlio, noi lo siamo per Grazia. Anche noi siamo figli di Dio, in Cristo.
L’insegnamento da recepire è che dobbiamo accettare la croce sulle nostre spalle, saperla portare ogni giorno in comunione con Gesù, senza troppi lamenti e imprecazioni; quando avremo incominciato seriamente a capire e a vivere la croce di Gesù, di tanto in tanto il Signore non mancherà di farci salire su qualche Tabor e allora tutto ciò che ci fa soffrire sarà trasfigurato in dolcezza e pace.
Non temiamo la croce dei pesi quotidiani, e delle cose che non vanno secondo i nostri desideri. San Francesco diceva che breve è la pena ma eterna la Gloria. Impariamo a ringraziare per tutto quello che non và. Impariamo a soffrire per amore. Ben inteso: non dobbiamo cercare la sofferenza, no! Il cristiano non deve amare la sofferenza. Il cristiano deve amare fino a soffrire, come ha fatto Gesù.

sabato 25 febbraio 2012

Commento al Vangelo I Dom Quaresima anno B 26 febbraio 2012.

PER LUI, CON LUI E IN LUI

TESTO (Mc 1,12-15)

 Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:  «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».


COMMENTO

Cosa vi colpisce della vita di Gesù, quali sono le parole e i suoi gesti che più attirano la vostra attenzione e che suscitano interesse e il desiderio di conoscerlo meglio?


 Se dovessi rispondere a questa domanda direi che la cosa più decisiva e affascinante è il suo atteggiamento verso la sofferenza umana. Mi piace di lui che non cerca di spiegare. Gesù non ha cercato di dare una ragione dei mali del mondo svelando il principio della sofferenza, ma l’ha semplicemente assunta su di sé e ha cominciato la sua esperienza di uomo tra gli uomini, debole tra i deboli. Per questo ha compatito, ha convertito e ha vinto.
Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova. ( He 2,18 ).
Anche Gesù a cominciare dal deserto ha sofferto la tentazione, il fascino cioè del peccato, del piacere immediato al posto della gioia vera; anche Gesù ha avuto la tentazione di prendere le scorciatoie di un dio-fai-da-te. 


Gesù ha sofferto tutto quello che hai sofferto e che stai soffrendo anche tu per aiutarti a uscirne e ritrovare il cammino verso l’unico Dio, il Dio-con-noi. E quando c’è questa disponibilità totale alla volontà di Dio il deserto della tentazione lascia spazio al Nuovo che comincia.
“Stava con le fiere e gli angeli lo servivano”. Ecco l’immagine del nuovo mondo che spunta, un mondo riconciliato dove cielo e terra si toccano di nuovo, ove non c’è più da temere né violenza, né odio, né “bestie feroci” ma dove a partire dalla piena accoglienza delle pulsioni dello Spirito tutto diviene fratello e sorella, come già diceva Francesco d’Assisi.

sabato 18 febbraio 2012

Commento al Vangelo VII Domenica TO Anno B 19 febbraio 2012.

AFRICA, ALZATI E CAMMINA!

TESTO (Mc 2,1-12)

 Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
 Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?». Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua». Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».


COMMENTO

Raramente nei Vangeli vediamo Gesù soffermarsi a dare spiegazioni delle sue guarigioni o dei suoi miracoli. Nel celebre capitolo 11 di San Giovanni, Gesù fa un lungo discorso-annuncio sulla pienezza della vita che egli è venuto a ristabilire, dopodiché chiama Lazzaro fuori dalla sua tomba; cosicché le sue parole spiegano e trovano conferma nella realizzazione di quel gesto prodigioso. Nell’episodio di questa Domenica troviamo qualcosa di simile: Gesù annuncia il perdono dei peccati a un paralitico che forse non sperava di tornare a camminare ma che sicuramente non si aspettava di ricevere la dichiarazione del perdono dei suoi peccati.

Eppure il perdono dei peccati, più della guarigione, rivela la vera identità umana ma allo stesso tempo divina di Gesù. Non a caso lo scriba presente alla scena pensa: « Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?». Lo scriba pensava bene, ma non si era ancora reso conto  di trovarsi alla presenza di Dio stesso, fattosi uomo nella persona di Gesù di Nazareth.

Gesù è venuto proclamare a la Parola di salvezza, la Parola di misericordia e di amore di Dio Padre: questa è la sua principale preoccupazione, anche di fronte alla folla che viene da ogni parte attirata dalla fame di guaritore … “Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola”.

Cercando come sempre di calare il Vangelo nella realtà in cui vivo, non posso non andare con la mente a ciò che ho visto il 18-20 ottobre 2011 qui in Bénin in occasione della visita di Benedetto XVI. Un immagine mi è rimasta fortemente impressa: quella della folla in tripudio quando il Papa ha fatto ingresso nello stadio di Cotonou per celebrare la Santa Messa domenicale. Una folla che per molti aspetti assomigliava alle folle che seguivano Gesù nei suoi spostamenti tra Cafarnao e il lago di Galilea: persone attirate dal fascino di qualcuno di cui hanno sentito parlare in maniera entusiasta e dotato di un carisma tutto particolare; e di fronte alle folle Benedetto XVI, come Gesù 2000 anni fa’, ha annunciato loro la parola e tra le altre cose, presentando l’esortazione sinodale sull’Africa “Africae munus”, ha detto: “Africa, alzati e cammina!”
Forse qualche paralitico si è rialzato, ma di certo molti hanno detto: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

venerdì 10 febbraio 2012

Commento al Vangelo VI Domenica TO Anno B 12 febbraio 2012.

SE TU VUOI, TU PUOI.


TESTO (Mc 1,40-45)

 Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».
 Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.


COMMENTO

Quando leggo questo episodio vado subito con la mente all’esperienza di San Francesco d’Assisi: lui aveva un vivo ribrezzo per i lebbrosi ma un giorno, ci dice nel suo Testamento, il Signore stesso lo condusse tra loro e incominciò ad usare ad essi della misericordia. Francesco non fece miracoli di guarigione ma fece miracoli di condivisione. La guarigione operata da Gesù non sola provoca al lebbroso un evidente bene fisico ma anche un bene relazionale: sappiamo molto bene infatti che i lebbrosi erano totalmente emarginati e per paura del contagio erano tenuti alla larga da tutti. Il lebbroso del Vangelo che fa’ questo atto di fede così bello: “se tu vuoi tu puoi”, è ristabilito nella salute fisica e anche nella comunione umana. La sua lebbra è simbolo del peccato che non solo porta alla morte eterna ma isola l’uomo dall’uomo creando la divisione. Il miracolo della condivisione operato da San Francesco è stato la capacità di trasmettere la compassione e dunque l’amore del Signore a tutti i poveri e gli emarginati che incontrava, a tutti coloro che erano colpiti dai tanti tipi di lebbra che separano l’uomo dall’uomo, rendendolo triste e senza speranza.
Il miracolo della condivisione di San Francesco si realizza ancora oggi quando in suo nome qualcuno si prende carico dei malati, degli esclusi, di quelli che non fanno notizia per trasmettere loro affetto, simpatia, comunione, tenerezza.
Sto pensando al Centro “Saint François d’Assise” di Cotonou, un centro di formazione e di reinserimento sociale per bambini e ragazzi handicappati con il quale collaboro saltuariamente. In molti strati della società beninese la sindrome 21 (il mongolismo) e tutte le  forme di disabilità mentali sono temute come contagiose o come un cattivo presagio, e le difficoltà di inserimento di questi ragazzi sono enormi. Ma in nome di Francesco d’Assisi anche qui c’è qualcuno che ha il coraggio di accogliere questi “lebbrosi” e di fare il miracolo della condivisione, per testimoniare al mondo che Dio ha scelto ciò che agli occhi del mondo è debole e stolto per confondere i sapienti. E par far capire a noi, uomini sapienti e sani, che la lebbra della nostra indifferenza ci sta isolando e rendendo sempre più tristi e pessimisti.

domenica 5 febbraio 2012

Commento al Vangelo V Dom TO Anno B 5 febbraio 2012

SERVIZIO COMPLETO

TESTO(Mc 1,29-39)

E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.
 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
 Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.


COMMENTO

Questi primi versetti del Vangelo di Marco ci mostrano Gesù in tutta l’ampiezza della sua vita pubblica. Guarisce la suocera di Pietro e in generale guarisce molti “che erano afflitti da varie malattie”, scaccia molti demoni, predica in tutte le sinagoghe della Galilea e soprattutto passa lunghi momenti in preghiera. Tutto questo raggiungerà il suo culmine nel gesto più importante che Gesù ha fatto per noi: il sacrificio della croce, farmaco di immortalità e quindi di vera e definitiva guarigione, perpetua preghiera di intercessione per la salvezza del mondo, e definitiva sconfitta del demonio.
Già da queste prime righe capiamo che “Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. (Mc 10,45).
Mi piace soffermarmi in particolare sulla guarigione della suocera di Pietro. Essa non ha molto di straordinario, e in fondo non era necessario un gran miracolo per guarire un po’ di febbre. Quello che mi colpisce, e che forse ha colpito anche l’evangelista Marco che tra le tante ha voluto riportare a parte questa guarigione, è la rapidità della scena e della risposta della donna. “La febbre la lasciò ed essa si mise a servirli”.
La donna dona qualcosa di sé e del suo tempo a Colui che le ha donato la guarigione. Il servire della donna è una risposta all’atto d’amore del Cristo il quale non le ha comandato nulla e non le ha posto alcuna condizione per guarirla; Gesù ha solo avuto compassione di lei ed ella risponde con il suo atto di servire Gesù e i suoi compagni.
Mi sembra una piccola icona della nostra vita cristiana, o almeno di quello che dovrebbe essere: un atto di servizio e di donazione a Chi per primo si è donato a noi, un rendere grazie con tutta la nostra carità a Colui che ci ha rivelato l’immensa Carità di Dio Padre, attraverso la nostra preghiera di lode e ringraziamento, e attraverso il servizio ai fratelli nei quali si rende presente il Signore.
Spero che corrisponda ad un profondo atteggiamento interiore, ma mi colpisce molto l’attenzione che qui in Bénin si pone nella liturgia al fatto di ringraziare. A tutte le Messe domenicali e solenni, al momento degli avvisi e prima della benedizione finale, c’è sempre quella che viene definita “l’azione di grazie”. La definizione è impropria perché tutta la celebrazione eucaristica è “azione di grazie”, tuttavia è interessante notare che questo momento è vissuto come un momento di gioia e di festa. La corale intona sempre canti molto festosi (e rumorosi) e spesso al canto si unisce la danza; il tutto per accompagnare una questua supplementare che appunto è un offerta di ringraziamento per le meraviglie compiute dal Signore e celebrate nell’Eucaristia.
La carità cristiana, quella vera, non è un obbligo che ci viene imposto dal di fuori, né un gesto interessato; essa è piuttosto il frutto della contemplazione della bontà di Dio che Gesù ci ha manifestato.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice al n. 1828:
“  La pratica della vita morale animata dalla carità dà al cristiano la libertà spirituale dei figli di Dio. Egli non sta davanti a Dio come uno schiavo, nel timore servile, né come il mercenario in cerca del salario, ma come un figlio che corrisponde all'amore di colui che "ci ha amati per primo" ( 1Gv 4,19 ): ‘O ci allontaniamo dal male per timore del castigo e siamo nella disposizione dello schiavo. O ci lasciamo prendere dall'attrattiva della ricompensa e siamo simili ai mercenari. Oppure è per il bene in se stesso e per l'amore di colui che comanda che noi obbediamo. . . e allora siamo nella disposizione dei figli’ (San Basilio di Cesarea) “