venerdì 10 febbraio 2012

Commento al Vangelo VI Domenica TO Anno B 12 febbraio 2012.

SE TU VUOI, TU PUOI.


TESTO (Mc 1,40-45)

 Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».
 Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.


COMMENTO

Quando leggo questo episodio vado subito con la mente all’esperienza di San Francesco d’Assisi: lui aveva un vivo ribrezzo per i lebbrosi ma un giorno, ci dice nel suo Testamento, il Signore stesso lo condusse tra loro e incominciò ad usare ad essi della misericordia. Francesco non fece miracoli di guarigione ma fece miracoli di condivisione. La guarigione operata da Gesù non sola provoca al lebbroso un evidente bene fisico ma anche un bene relazionale: sappiamo molto bene infatti che i lebbrosi erano totalmente emarginati e per paura del contagio erano tenuti alla larga da tutti. Il lebbroso del Vangelo che fa’ questo atto di fede così bello: “se tu vuoi tu puoi”, è ristabilito nella salute fisica e anche nella comunione umana. La sua lebbra è simbolo del peccato che non solo porta alla morte eterna ma isola l’uomo dall’uomo creando la divisione. Il miracolo della condivisione operato da San Francesco è stato la capacità di trasmettere la compassione e dunque l’amore del Signore a tutti i poveri e gli emarginati che incontrava, a tutti coloro che erano colpiti dai tanti tipi di lebbra che separano l’uomo dall’uomo, rendendolo triste e senza speranza.
Il miracolo della condivisione di San Francesco si realizza ancora oggi quando in suo nome qualcuno si prende carico dei malati, degli esclusi, di quelli che non fanno notizia per trasmettere loro affetto, simpatia, comunione, tenerezza.
Sto pensando al Centro “Saint François d’Assise” di Cotonou, un centro di formazione e di reinserimento sociale per bambini e ragazzi handicappati con il quale collaboro saltuariamente. In molti strati della società beninese la sindrome 21 (il mongolismo) e tutte le  forme di disabilità mentali sono temute come contagiose o come un cattivo presagio, e le difficoltà di inserimento di questi ragazzi sono enormi. Ma in nome di Francesco d’Assisi anche qui c’è qualcuno che ha il coraggio di accogliere questi “lebbrosi” e di fare il miracolo della condivisione, per testimoniare al mondo che Dio ha scelto ciò che agli occhi del mondo è debole e stolto per confondere i sapienti. E par far capire a noi, uomini sapienti e sani, che la lebbra della nostra indifferenza ci sta isolando e rendendo sempre più tristi e pessimisti.