venerdì 7 marzo 2025

Nei deserti di senso

 

 Commento al vangelo della I domenica di Quaresima/C – 9 marzo 2025


 Dal Vangelo secondo Luca (4,1-13)

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.


Commento

 Gesù è sospinto dallo Spirito Santo a fronteggiare fin da subito il nemico numero uno del genere umano, colui che per definizione è “divisore”, che vuole creare lontananza tra noi e da Dio. L’evangelista Luca lo chiama appunto diavolo. Tre sono gli ambiti relazionali in cui noi uomini ci muoviamo: rispetto a Dio, agli uomini, e alle cose, e proprio qui il tentatore cerca di portare fuori strada Gesù. 

«Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Ma Gesù subordina il suo bisogno di cibo (pur dopo quaranta giorni di digiuno) all’accettazione del disegno di Dio, quale esso sia. Poteva non essere sicuro di trovare altro cibo disponibile rispetto ai quei potenziali pani, ma si è fidato della volontà del Padre. Ricordiamo che nell’orto degli ulivi, all’altro capo del Vangelo, analogamente Gesù si affidò al Padre dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). Ma in quel caso la volontà del Padre lo portò alla morte di croce, sebbene sappiamo che fu solo un passaggio temporaneo.
Mostrandogli tutti i regni della terra il diavolo disse ancora a Gesù «…Se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Ma Gesù non vuole conquistare gli uomini con la forza, servendosi del male, ma piuttosto con la sua misericordia ad oltranza e con la sua umiltà, fino ad essere confuso con un malfattore.

Da ultimo il diavolo gli propone di mettere alla prova Dio stesso “Se tu sei il Figlio di Dio…”. Qui forse ci fu la tentazione più dura da superare per Gesù, perché lui in effetti era figlio di Dio. Anche mentre moriva in croce i capi lo derisero dicendo: “Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto” (Lc 23,35). Ma Cristo ha voluto vincere il male non da Dio, ma da uomo, accettando fino all’ultimo di vivere da figlio obbediente. E Gesù ha vinto anche per noi, per noi che rimproveriamo a Dio di non saper intervenire nei nostri mali e nelle nostre fatiche; per noi che diciamo: “se Dio è buono e ci ama, perché permette questa sofferenza?” 

Gesù ci offre un esempio ma soprattutto in lui, nella sua persona vivente, che ha attraversato la morte, ci offre la forza per fidarci ad oltranza del Padre, come ha fatto lui. In un film-commedia del 2003 intitolato “Una settimana da Dio” ad un uomo viene data la possibilità di mettersi al posto di Dio, da lui rimproverato di non essere all’altezza dei problemi del mondo. Nella storia molto fantasiosa la cosa interessante è che comunque alla fine della settimana il protagonista preferisce ritornare al “mestiere” di prima, e di lasciare a Dio il suo. Questo per dire che nelle apparenti contraddizioni della vita, nei deserti di senso e di prospettive che si creano anche nelle nostre vicissitudini non saremo mai soli e il Signore stesso, a suo modo e a suo tempo, ci svelerà tutto quello che ora non possiamo capire e le straordinarie vie attraverso le quali tutto si compirà.

venerdì 28 febbraio 2025

Per non diventare allergici alla paglia!

 

Commento al vangelo della VIII domenica del Tempo Ordinario/C – 2 marzo 2025

 

+ Dal Vangelo secondo Luca (6,39-45)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

 
Commento

 Preoccupante o consolante, a seconda dei casi: prima o poi gli atteggiamenti, i gesti e le parole della nostra vita riveleranno ciò di cui ci siamo nutriti, i maestri che abbiamo ascoltato, le scuole di pensiero che abbiamo frequentato. Non si può tener nascosto il contenuto del nostro cuore, ci dice Gesù. Ma allora sarà necessario, per chi fosse interessato alla pratica del bene – speriamo tutti – avvicinarsi alla sorgente del bene, ricordando l’episodio del giovane ricco quando il Signore viene interpellato su ciò che di buono occorre fare per avere la vita eterna (cf. Mt 19,16-17): “Buono è uno solo”. O nella versione dell’evangelista Luca: “Nessuno è buono se non Dio solo” (Lc 18,19).

La nostra esistenza può essere piena di difetti, (chi non li ha?), ma la cosa decisiva, molto consolante dal mio punto di vista, è che alla fine, nelle relazioni con le persone, e da ultimo nell’incontro faccia a faccia col volto del Signore, emergerà il desiderio di lui, cioè di bene e di verità che ci ha accompagnato lungo la vita. Troppo spesso si valuta la propria esperienza di fede solo sulla base della capacità di essere vincenti su tale o tal altra debolezza, ma ciò che veramente conta è custodire nel cuore la sua presenza e il Signore, anche se dovesse trovare chiusa una porta, speriamo possa trovarne aperta un’altra. Facciamo dunque nostra la raccomandazione di San Francesco: “e sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a lui” (FF 61). Sarà il miglior antidoto per eventuali allergie a paglia o pagliuzze!

 

mercoledì 19 febbraio 2025

Amarsi un po’…aiuta a non morire

 

Commento al vangelo della VII domenica del Tempo Ordinario, anno C – 23 febbraio 2025


+ Dal Vangelo secondo Luca (6,27-38)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

 

 Commento

Ci troviamo ai vertici della paradossalità degli insegnamenti di Gesù: il perdono dei nemici, l’amore dei nemici, dare e donarsi senza aspettarsi nulla in cambio. Cose impossibili e fuori dell’umano se non fosse che chi parla, colui che le sta proponendo a noi ascoltatori la ha vissute lui per primo. Non sono cose fuori dell’umano perché tutta la vita di Gesù è la vita divina tradotta nel linguaggio umano, è la vita del figlio unigenito dell’Altissimo che nella sua volontà (sottolineo: umana!) accetta fino alla fine di vivere come Dio propone.

Forse proprio questo ci sfugge e ci trasmette l’idea di una strutturale impraticabilità dei suoi insegnamenti: Gesù era così compiutamente uomo, oltre ad essere vero Dio, da avere anche una libera volontà umana. Lo sto dicendo in pochi secondi e con poche parole ma la questione fu dibattuta vivacemente nei primi secoli del cristianesimo, a tal punto da richiedere la convocazione di un Concilio ecumenico, cioè generale, di tutti i vescovi della Chiesa. Alcuni che a fatica avevano accettato l’idea che Gesù fosse anche un vero uomo, affermavano però che tale umanità fosse incompleta e che in lui ci fosse solo una volontà divina.

Invece no: Gesù aveva anche una volontà umana, con la quale si sottomise al volere del Padre. Ricorderete Gesù nell’orto degli ulivi: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. (Lc 22,42).

Non solo quindi è possibile vivere lo stile dell’amore evangelico, ma ne abbiamo anche la possibilità, perché abbiamo Gesù che intercede continuamente a nostro favore. (cf. Eb. 7,25) lui che continua a donarci la sua forza e il suo amore gratuitamente. Ora è chiaro che se l’uomo cerca la ricompensa umana, il beneficio e il contraccambio per i suoi atti decade dal regime della Grazia. Se il nostro bene si rivolge a chi già ce ne fa, o a chi abbiamo la speranza che ce lo renda, non siamo più nell’atteggiamento di chi sa di aver già ricevuto tanto. L’uomo del vangelo invece non compie gesti d’amore per avere contropartite ma perché si sente lui per primo, proprio perché imperfetto, oggetto di un amore infinito, e chiamato a ricambiare tale amore attraverso gesti di gratuità ai fratelli, buoni o malvagi che siano.

giovedì 13 febbraio 2025

Le presunte utopie, e quelle vere

 

Commento al vangelo della VI domenica del Tempo Ordinario, anno C – 16 febbraio 2025


+ Dal Vangelo secondo Luca (6,17.20-26)

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».


Commento

 Davanti Gesù c’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente ma Gesù proclama queste beatitudini accompagnate da altrettanti guai – ci dice l’evangelista - alzati gli occhi verso i suoi discepoli. Non a tutta la folla ma ai suoi discepoli, quasi ad operare un’ulteriore chiara distinzione tra chi lo potrà seguire e chi non è nelle condizioni idonee. Gesù è il più povero tra i poveri per essere disceso dalla sua condizione divina ed avere assunto la fragilità della condizione umana: molto significativo che per rivolgersi ai suoi debba alzare lo sguardo per guardarli dal basso verso l’alto.
Questa è la cattedra del maestro Gesù: la sua umiltà infinita. Infinita come infinita è la Maestà dalla quale egli discese per riportare la nostra umanità ferita alla gloria originaria nella comunione di Dio padre.

Per questo può valer la pena sopportare la povertà, la fame, le lacrime e la riprovazione degli uomini (ammesso che non sia a rischio la sopravvivenza immediata) piuttosto che ricorrere alla violenza, alla rivendicazione minacciosa, alla strategia dell’odio, perché alla fine sarà il Signore a darci la ricchezza quella vera, insieme al pane quotidiano. 

Viviamo nell’oblio più totale degli insegnamenti della storia che è veramente maestra di vita, ma che ha sempre meno discepoli. Le guerre più ‘giuste’ e ‘sacrosante’, hanno mai prodotto qualche effetto positivo di lunga durata? La lotta non violenta di Gandi, i decenni passati in carcere di Nelson Mandela che ha lottato con successo contro l’apartheid, le strategie vincenti di pace di Martin Luther King non ci hanno insegnato nulla?
Le beatitudini proclamate da Gesù, siatene certi, non sono utopiche. Sono molto più utopiche le idee di chi progetta villaggi turistici su terre ferite da migliaia di morti e di deportati.


giovedì 6 febbraio 2025

La pesca è abbondante ma i pescatori sono pochi

 

 Commento al vangelo della V domenica del Tempo Ordinario C – 9 febbraio 2025


Dal Vangelo secondo Luca (5,1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore, infatti, aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


Commento

 Simon Pietro si sente indegno ma anche irrimediabilmente attratto da questo tale Gesù di Nazaret alle cui ginocchia egli si getta, profondamente convinto che proprio lui poteva ‘risolvere’ la sua inadeguatezza. La chiamata del Signore non è commisurata e proporzionata – per nostra fortuna – ad una nostra autonoma dignità ma alla dignità che da lui solo possiamo ricevere se confidiamo nelle sue parole che hanno il sapore dell’eternità.   
Vorrei corredare quanto dico citando due uomini di indubbia statura spirituale. 

Il primo, don Oreste Benzi, diceva che Dio non sceglie i capaci ma rende capaci quelli che sceglie. Questa frase la scrivo spesso ai miei confratelli che ricevono incarichi ecclesiali importanti. Pietro non è migliore di altri: è stato scelto dal Signore, non sappiamo perché proprio lui, per una particolare missione, quella di confermare nella fede i suoi fratelli, e per questo è stato accompagnato dalla sua particolare vicinanza e ispirazione, nonostante l’iniziale rinnegamento. 

Il secondo, Papa Francesco, nella lettera Patris corde, con cui indisse nel 2020 un anno dedicato a San Giuseppe, al paragrafo n. 2 scrive: La storia della salvezza si compie «nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18) attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza.  

“Non temere”. Questa parola è anche per noi. A ciascuno di noi il Signore affida una missione, più o meno visibile agli occhi del mondo, ma ugualmente importante per avvicinare altri uomini alla presenza del Signore Gesù, vivente, che tramite noi li potrà toccare e salvare dalla tristezza e dal vuoto di una vita senza amore. Le reti non si spezzeranno. Buona pesca!

mercoledì 29 gennaio 2025

In Gesù ogni promessa è compiuta

 

Commento al vangelo della Festa della Presentazione del Signore – 2 febbraio 2025 –  (in luogo della IV dom TO/C)

                                                   
Dal Vangelo secondo Luca (versione breve: 2,22-32)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».


Commento

Se la parola “vangelo” significa “buona notizia”, il brano che abbiamo appena ascoltato va proprio al cuore di questo significato. L’anziano uomo Simeone, che era giusto e pio, viveva immerso nello Spirito del Signore. Faccio notare come per tre volte il vangelo ci dice che la sua vita era profondamente toccata dalla sua presenza: “Lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato…E poi ancora …mosso dallo Spirito Santo, si recò al tempio.

La sua esplosione di gioia alla vista del bambino Gesù (Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,…) è un inno di gioia e di speranza. Inno di gioia perché la promessa di vedere il Messia prima di morire si compie per lui in questo felice incontro; un inno di speranza perché egli annuncia che la luce del bambino Gesù si propagherà inesorabilmente in tutto Israele e in tutto il mondo, per tutti gli uomini.
 Non a caso queste parole vengono pregate dai cristiani tutte le sere nella Compieta, l’ultima preghiera liturgica prima del riposo notturno. Ogni giorno dovremmo anche noi – infatti - saper riconoscere che la luce di Cristo ha attraversato la nostra esistenza. Saremmo quasi eretici se dicessimo il contrario!
Mi permetto anzi di suggerirvi, come faccio sovente con le persone anziane, di non terminare mai la giornata senza aver prima riconosciuto che essa è stata allietata, o quanto meno accarezzata, da almeno due-tre cose belle che ci sono capitate e che danno motivo di benedire il Signore. L’esame di coscienza serale sempre dovrebbe essere preceduto da un esame di riconoscenza. 

Anche noi come il vecchio Simeone, e come – prima di lui - la Vergine Maria siamo destinatari del dono della presenza di Cristo. Egli è già in mezzo a noi col suo Spirito, cammina con noi nella storia di questo mondo, rendendosi presente soprattutto nei più deboli e disprezzati; ma quando egli verrà nella sua gloria allora, ci dice san Giovanni nella sua prima lettera, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. (1 Gv 3,2).

mercoledì 22 gennaio 2025

A ciascuno la sua missione!

 

 Commento al vangelo della III domenica del TO/C – 26 gennaio 2025

 

 Dal Vangelo secondo Luca (1,1-4; 4,14-21)

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Commento

 Non è avvenuto nell’umanità ciò che è avvenuto nel mondo della materia inanimata: In principio Dio creò il cielo e la terra per mezzo della sua parola. Il Verbo che, come dice San Giovanni era in principio presso Dio ed era Dio, (cf. Gv 1,1), chiamava all’esistenza le creature ed esse obbedivano. “Sia la luce… e la luce fu; ci sia il firmamento, e così avvenne. (Cf Gen 1,1-10). Si dice che la parola di Dio ha un potere performativo: realizza quel che dice. Ma con l’uomo non fu così. Anch’esso creato nella potenza e per la potenza del Verbo, della Parola di Dio, egli però si allontanò dall’amore con cui il Signore gli aveva condiviso la propria Signoria sul mondo.
Nel tempo i profeti annunciarono il ristabilimento di un’amicizia che faceva sanguinare il cuore degli uomini, e più ancora quello di Dio; e tra questi Isaia da cui è tratto il brano proclamato da Gesù nella sinagoga di Nazaret. 

Ma finalmente, proprio in Gesù le profezie dell’Antico Testamento, e non solo quelle di Isaia, si realizzano e si compiono. La parola di Dio trova in lui quel compimento umano che mancava dai tempi del fatale e nefasto ‘no’ pronunciato da Adamo ed Eva.
Gesù in effetti porterà il lieto annuncio delle beatitudini ai poveri, proclamerà la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, ridonerà agli oppressi la libertà del cuore, e proclamerà un tempo (simbolicamente un anno) di grazia per tutti gli uomini; un tempo di grazia, di amore ricevuto gratuitamente, che rende possibile attualmente, ad ognuno di noi, ciò che le sole nostre forze morali non ci avrebbero mai permesso: rinascere dall’alto, svincolarsi dai limiti della vita biologica e tornare a gustare la piena comunione con Dio. Quella parola di Isaia che Gesù proclamò compiuta nella sua vita, ora, grazie al suo Spirito che opera in noi, può e deve compiersi in ciascuno di noi.


domenica 19 gennaio 2025

Indovina chi viene a cena

 

 Commento al vangelo della II domenica del TO/C – 19 gennaio 2025


Dal vangelo di Giovanni (2,1-11)

 Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
11Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.


Commento

Forse qualcuno ricorderà quel film degli anni ’60 (1967 per la precisione) Indovina chi viene a cena dove un’apparente tragedia si risolve nella gioia finale di tutti. All’inizio di questa scena Gesù non sembra essere il protagonista: anzi da come il narratore sviluppa il racconto, sembra essere presente a questa festa di nozze, con i suoi discepoli, un po’ di rimbalzo, cioè come conseguenza del suo essere figlio di Maria. Ma è proprio lui che trasforma la tragedia dell’improvvisa mancanza di vino in un’occasione di grande gioia per tutti, soprattutto per gli sposi, meritevoli solo di averlo invitato al loro matrimonio. 

Dopo la manifestazione di Gesù ai Magi, e il suo battesimo al Giordano dove è proclamato da Dio-Padre suo Figlio amato su cui è posto l suo compiacimento, le nozze di Cana sono il terzo grande evento epifanico – cioè, manifestativo - della persona di Gesù e che nella memoria dell’evangelista Giovanni che scrive, costituisce anche “… l’inizio dei segni compiuti da Gesù” (2,11). Indubbiamente la gran quantità di vino buono alla fine della cena non poteva passare inosservata, soprattutto ai servi che riempirono le 6 giare di semplice acqua, e che ebbero la ‘fortuna’ di essere gli unici testimoni oculari del miracolo per aver obbedito all’invito perentorio di Maria: ‘Qualsiasi cosa vi dica, fatela’. 

Per concludere: per coloro che accettarono di mettersi a servizio del Maestro, dietro esortazione di sua madre Maria, ci fu la certezza che anche l’elemento più semplice – inodore, insapore e incolore – può cambiarsi in quell’ingrediente che cambia il gusto di ogni cosa. Anche per noi che oggi ascoltiamo questo vangelo rimane aperto l’invito alla festa di nozze della vita, ma perché ogni cosa ordinaria possa trasformarsi in occasione di gioia occorre seguire l’invito di Maria in riferimento a suo figlio Gesù: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”.