venerdì 10 ottobre 2025

Prima l'amore o la religione?

 

 Commento al Vangelo della XXVIII Domenica del T. Ordinario/C – 12 ottobre 2025

 

+ Dal Vangelo secondo Luca (17,11-19)

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. 
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.

 Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».



Commento

 Raramente Gesù viene chiamato dai suoi interlocutori anche con il suo nome proprio. “Maestro, Signore, Rabbi (che poi significa Maestro)” sono appellativi più frequenti, come in questo caso. Questo dice una decisa confidenza dei lebbrosi nei suoi confronti e il desiderio di una relazione diretta senza la mediazione di alcun tipo di ruolo, aggrappati solamente a quel nome – Gesù - che in ebraico significava appunto “Jahvé salva”. Salvezza da quella mortale malattia e salvezza da quella condizione di marginalità – una vera e propria morte sociale - a cui erano conseguentemente condannati, come tutti i malati di lebbra.

Gesù risponde all’invocazione di aiuto rispettando gli usi legali e cultuali prescritti dalla legge e codificati dal libro del Levitico, e li invia ai sacerdoti. Da notare che occorreva andare a presentarsi dai sacerdoti dopo essere stati guariti, e quindi Gesù li invita a credere che già era in atto la loro purificazione.

 In effetti “mentre essi andavano”, cioè prima di arrivare dai sacerdoti, “furono purificati”. A questo punto, secondo la legge essi avrebbero dovuto comunque  andare a presentarsi dai sacerdoti, ma uno straniero, un samaritano, preferisce tornare indietro lodando Dio, per ringraziare Gesù, gettandosi ai suoi piedi. E viene lodato da Gesù, perché prima del gesto religioso di osservanza della norma cultuale, egli compie un gesto di riconoscenza, un’espressione sincera del suo cuore. Gli altri nove non necessariamente furono ingrati, ma preferirono prima andare a espletare il “dovere religioso”, l’osservanza della norma.

 Potremmo trarre un insegnamento: la precedenza temporale che il samaritano accorda al gesto di gratitudine verso Gesù, rispetto al compito cultuale di andare dai sacerdoti, viene lodata da Gesù proprio perché corrisponde ad una priorità della vita spirituale. La prima preoccupazione che il fedele discepolo di Cristo deve avere non è quella di osservare delle regole (per quanto giuste e sacre), o di stare dentro delle strutture religiose, ma di custodire in tutto questo un atteggiamento di gratitudine verso il Signore che, solo, che dona la salvezza definitiva e completa, liberandoci dalla lebbra del male, di qualsiasi tipo. Se non c’è la consapevolezza di avere già ricevuto la salvezza da Dio nella persona e nella Pasqua del Signore Gesù, tutti i vari adempimenti religiosi saranno vuoti e privi di salvezza. Custodiamo sempre gratitudine per tutto ciò che il Signore ha già fatto - e sta facendo - per noi, perché anche a noi possa dire un giorno, quel giorno: “La tua fede ti ha salvato”.