giovedì 10 luglio 2025

La pienezza della Legge

 

 Commento al Vangelo della XV domenica del TO, anno C – 13 luglio 2025


+ Dal Vangelo secondo Luca (10,25-37)


In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

 

Commento

 Al capitolo XXVIII de I Promessi sposi Alessandro Manzoni riporta una considerazione dell’anonimo autore a cui fittiziamente egli attribuisce il suo romanzo: “… si dovrebbe pensare piú a far bene, che a star bene: e cosí si finirebbe anche a star meglio". 
Se permettete, questa è un’ottima sintesi del senso del comandamento dell’amore, e dell’amore al prossimo in particolare, che ci viene trasmesso dall’odierna parabola del buon samaritano. Non possiamo amare e prenderci cura dell’altro solo in virtù dell’obbedienza ad un comandamento, (anche venisse da Dio in persona!) ma possiamo farlo solo a partire da almeno due considerazioni.
La prima è che la compassione, l’attenzione per l’altro non dobbiamo inventarcela noi, perché Dio per primo ha amato noi e ci ha messo il suo amore nel cuore. Gesù è il vero buon samaritano della storia, della storia di ogni uomo, di ogni mal capitato che sulle strade di questo mondo è mezzo morto non necessariamente per delle percosse, ma perché gli è stata sottratta una prospettiva di speranza, di un avvenire felice, o perché vittima delle sue false illusioni, e sappiamo bene che quanto più inconsistenti sono le illusioni, tanto più disastrose sono le delusioni.
La seconda è che la legge dell’amore è impressa nel cuore dell’uomo. Prima di farla scrivere su tavole di pietra, Dio ha impresso il senso tutti i comandamenti nel profondo del nostro cuore, per cui disobbedire ad essi è fondamentalmente un disobbedire alla nostra umanità, alla nostra capacità e possibilità di una pienezza di vita, o se preferite, alla possibilità di felicità.
Ecco perché San Paolo scrivendo ai cristiani della Galazia dice che “Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Gal 5,14).
Questo che vengo di dire non è più scontato neppure nella mentalità di alcuni cristiani contemporanei, sostenitori del principio: “prima ci sono io - o noi - e poi eventualmente gli altri (come di fatto pensarono il levita e il sacerdote).
Ma forse avranno letto un vangelo diverso da quello di Gesù di Nazaret!