Commento al vangelo della XIV domenica del Tempo Ordinario, anno B – 7 luglio 2024
Dal vangelo di Marco (6,1-6)
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Commento
Pavel Florenskij diceva che non c’è nulla di visibile che non sia manifestazione di ciò che è invisibile. Nella persona di Gesù si è resa visibile e presente lo stesso Dio Padre, di per se inaccessibile alla conoscenza degli uomini. Gesù infatti aveva detto: “nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo” (Mt 11,25). Gesù è venuto a farci conoscere il volto di Dio Padre, ma, appunto, cosa ha impedito agli uomini, in particolare ai “suoi compatrioti” di riconoscerlo, tanto da portarlo all’amara constatazione che “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (6,4)? In prima battuta potremmo dire il peccato, e nello specifico la presunzione di possedere Dio, di averne quasi il monopolio. Ricorderete quello che Gesù disse a quei farisei: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato, ma siccome dite “noi vediamo”, il vostro peccato rimane” (Gv 9,41).
Proprio così: anche per noi cristiani che crediamo – o quanto meno dovremmo credere! - che Gesù è la piena e definitiva rivelazione di Dio, sempre dovrebbe rimanere aperta la possibilità alle nuove e inedite vie di manifestazione della sua sapienza, della sua santità, della sua provvidenza, anche nei modi – attenzione a questo aspetto – più ordinari e più semplici, e nelle persone più semplici. Papa Francesco ha invitato noi credenti a fare attenzione alla “santità della porta accanto”, alla santità di tutte quelle persone che vivono la loro fede in modo feriale, perseverante, al di fuori di manifestazioni eccezionali e di segni eclatanti. Essere falegname – o carpentiere – doveva sembrare troppo banale e incompatibile con i prodigi compiuti da Gesù; e la sua parentela fatta di persone troppo poco significative. Dunque, da dove gli venivano tutte quelle cose?
In definitiva, l’uomo di oggi, io, voi, non abbiamo bisogno di altre manifestazioni di Dio, ma di saper leggere i segni della sua presenza nei fratelli che ci attraversano la strada.
Abbiamo bisogno di recuperare uno sguardo purificato dall’amore di Dio per poter vedere l’invisibile nel visibile che incontriamo, e poi ci occorre una grande apertura di cuore e della mente. In una preghiera dei Vespri la liturgia ci fa pregare così: “concedi a chi cerca la verità di trovarla, e di cercarla ancora dopo averla trovata”. Ecco: questa preghiera, è anche un bellissimo augurio. Non illudiamoci mai di aver capito abbastanza della persona del Signore!