Solennità di Cristo Re dell’universo/B – 24 novembre 2024
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (18,33-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Commento
Abbiamo appena ascoltato l’unico passo di tutti i quattro vangeli in cui Gesù dice espressamente di essere “re”. Alla domanda di Pilato: “Dunque tu sei re?” Gesù risponde: “Tu lo dici, Io sono re”. Tuttavia, Gesù aveva premesso che il suo regno non è di questo mondo, non è di quaggiù; anzi nel capitolo 8 dello stesso vangelo di Giovanni Gesù dice ai farisei: “Voi siete di quaggiù, io sono di lassù” (Gv 8,23). Capiamo che la regalità di Gesù non è quindi affermazione di potere secondo la logica del mondo, nel senso di esercizio di dominio e di forza sugli altri, ma – al contrario – affermazione della potenza che gli viene da ‘lassù’ dal Padre. E questa potenza, questo potere consiste nella capacità di offrire la vita e di riprenderla di nuovo, secondo il comando ricevuto dal Padre suo, e nostro (cf. Gv 10,18).
La sua è la regalità del dono, o ancora meglio del ‘perdono’, perché nella sua persona si afferma e si manifesta fino alla fine, fino ad un istante prima di morire, la volontà di misericordia di Dio per tutti gli uomini, per ciascuno di noi. Riportiamo alla memoria la promessa rivolta al malfattore in croce: “oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). L’amore regna dall’inizio alla fine nell’esperienza umana del figlio di Dio perché Dio stesso è amore, dice la prima lettera di San Giovanni (cf. 1 Gv 4,16). Questa è la verità di cui Gesù è venuto a dare definitiva testimonianza. Dio è amore. Una verità che non poteva essere annunciata se non amando i suoi discepoli – e in essi tutti gli uomini - fino al termine biologico del suo cammino terreno (cf. Gv 13,1ss), non semplicemente a parole
Ne deriva una seconda buona notizia che ci riguarda da vicino: con Gesù e in Gesù possiamo regnare anche noi, sempre però collocandoci nella prospettiva del ‘lassù’, non del ‘quaggiù’. Noi regneremo in eterno con Gesù a condizione di entrare nella sua Pasqua, o detto altrimenti, di vivere – per grazia sua e per la forza del suo amore – quegli stessi suoi atteggiamenti di compassione, di attenzione ai fratelli, specialmente i più deboli, a costo anche della nostra stessa vita.