mercoledì 13 novembre 2024

Tutto passa, Dio resta

 

 Commento al Vangelo della XXXIII domenica del Tempo Ordinario/B – 17 novembre 2024


+ Dal Vangelo secondo Marco (13,24-32)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».


Commento

 Quante volte abbiamo esclamato: “Ma è la fine del mondo!”, per sottolineare la grandiosità o la straordinarietà di un fatto. O cose simili. Delle espressioni, diremmo noi, iperboliche per comunicare la forte impressione ricevuta da un qualcosa per la quale non ci basta il vocabolario a disposizione. Il modo di parlare da Gesù, che riprende una espressione del profeta Daniele, appartiene a un gergo detto ‘apocalittico’ in uso in Palestina negli ultimi secoli precedenti la venuta di Cristo. Un gergo, o genere letterario, con cui si descriveva e si dichiarava l’attesa di un Messia-salvatore che avrebbe radicalmente ribaltato le sorti della storia, non molto favorevoli a Israele in quei tempi.
Gesù è consapevole di essere colui che metterà punto nelle alterne vicende del popolo ebreo e di tutta l’umanità. Tutto passa ma ciò che non passerà mai sarà proprio la sua parola, rispetto alla quale ogni altro avvenimento resterà sempre penultimo. La sua parola resterà in eterno e in particolare il suo giudizio fondato sulla carità: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare…Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,35. 40).
Quindi la storia ha una direzione, ha una fine: dal primo versetto della Genesi. “In principio Dio creò il cielo e la terra” al momento in cui “il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria”. Ma proprio perché il compimento della storia è Gesù, nella sua piena e definitiva manifestazione divina, la storia non ha solo una fine ma anche un fine. Tutti gli sconvolgimenti, tutte le disavventure umane, tutte le violenze umane non impediranno la piena manifestazione del progetto di Dio, di radunare tutti “i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo” (Mc 13 27), lo abbiamo appena sentito.

Da ciò deriva la profonda differenza tra la speranza cristiana e un generico ottimismo. Questo, l’ottimismo, spesso viene inteso in modo ingenuo, come se le cose che non vanno – guerre, carestie, ingiustizie – dovessero risolversi da sole, in modo più o meno automatico. No. Per un cristiano le cose si ristabiliranno sì, ma ad opera di Gesù: è lui il termine della nostra speranza e con lui saranno pienamente ‘ristabiliti’, rigenerati alla vita eterna, tutti coloro che non hanno svenduto la propria elezione, la propria figliolanza divina, che non hanno sciupato il seme della Parola di Dio.

E allora un terzo e ultimo passo. Questo vangelo, se lo leggiamo bene, ci spinge a rivolgere lo sguardo non al futuro, ma al presente. Nessuno conosce ‘quel giorno’ in cui giungeranno ‘i nuovi cieli e una nuova terra’; tanto vale allora investire sull’unico tempo a disposizione: oggi. Oggi è l’unico luogo per accogliere la sua parola di vita eterna. Dice la lettera agli ebrei: “Dio fissa un nuovo giorno, oggi, dicendo mediante Davide, dopo tanto tempo: “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!” (Eb 4,7). Potrebbe sembrare una contraddizione in termini ma per non perdere l’eternità occorre non perdere il treno del presente, …aprire il cuore e accogliere la parola di misericordia del Signore.