giovedì 24 ottobre 2024

Treno della vita, direzione Gerusalemme

  

Commento al vangelo della XXX domenica del TO/B – 27 ottobre 2024


 Dal Vangelo secondo Marco (10,46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Commento

Gesù sta per lasciare Gerico, ultima tappa prima della destinazione finale Gerusalemme. Un uomo mendicante intuisce che quell’uomo, è esattamente colui che lo può guarire. Lo chiama “Figlio di Davide”, espressione con cui la tradizione indicava il Messia, il liberatore di Israele, e dunque facendo una sintetica professione di fede.
Egli chiedeva semplicemente di tornare a vedere, ma la risposta di Gesù: “Va’, la tua fede ti ha salvato” dice qualcosa di più di una guarigione fisica. La salvezza che egli è venuto a portarci manifesta certamente la sua efficacia e la sua potenza tramite segni fisici ma i suoi effetti si prolungano su un orizzonte di eternità. Anche ad una donna malata di emorragia il Maestro aveva dato la stessa risposta, perché quella donna era convinta che le sarebbe stato sufficiente accostarsi nel silenzio e toccare il mantello del Signore (cf. Mc 5,21-34).
Per Bartimeo è stato il suo grido di supplica che gli ha permesso di “toccare” Gesù: un grido uscito dal profondo della sua esistenza di sofferenza e di menomazione, un grido che ha vinto le resistenze di una folla che voleva indurlo a tacere, a non disturbare il percorso del Maestro nazareno.
Anche per noi la supplica è la maniera concreta per entrare in contatto col Signore. Dovremmo però esser capaci di far uscire dal cuore una preghiera non convenzionale, ma nutrita dalla fede, e per questo Gesù ci invita a non sprecare parole, quando preghiamo, come quelli che credono di essere esauditi a forza di parole (cf. Mt 6,7-8); ma piuttosto ad avere fiducia che in un modo o in un altro il Padre ci esaudirà. “Chi di voi a un figlio che gli chiede un pane, darà una pietra?” (Mt 7,9) dice Gesù. Ecco la nostra forza: la fede.  

 Lo sappiamo bene: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8) ma non tutti i momenti sono uguali, e dobbiamo riconoscere che ci sono certi “treni” che passano solo poche volte nella vita, e che possono cambiare le tenebre in luce, “il nostro lamento in danza, e la nostra veste di sacco in abito di gioia” (Sal 30,12).
Mi vengono in mente le parole di una canzone di Lucio Dalla: “Felicità, su quale treno della notte viaggerai. Lo so che passerai, ma come sempre in fretta; non ti fermi mai”. Il Signore non ha sicuramente fretta, anzi egli sempre è presente nella nostra vita. Eppure le diverse circostanze della vita e gli incontri che facciamo possono rappresentare occasioni di diversa intensità per tornare a vedere, per tornare a riconoscere nei tanti volti delle persone con cui ci relazioniamo il volto dell’uomo Gesù, che ci chiede di seguirlo nel suo cammino verso Gerusalemme.