Commento al Vangelo della I domenica di Avvento, anno B – 3 dicembre 2023
+ Dal Vangelo secondo Marco (13,33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Commento
Ma perché il padrone di casa se ne va? Forse perché non sta bene a casa sua? Forse perché è andato costruirsi casa altrove? Possiamo solo pensare, da tutta la narrazione biblica, che nostro Padre - che padrone non è - vuole darci la libertà e quindi anche la responsabilità di gestire la sua casa terrena, come se fosse la nostra: il creato, le relazioni con i fratelli, le nostre doti intellettuali. Tutto è nostro! San Paolo – scrivendo ai cristiani di Corinto – dirà: “tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.” (1 Cor 3,22-23).
Noi sappiamo che Gesù è venuto in terra a rivelarci e a tradurre in modo umano il modo di essere di Dio, che è la comunione: Padre e Figlio e Spirito Santo, e di conseguenza a toglierci dalle conseguenze del peccato che è la radicale disunione rispetto a Lui e tra noi. Allora nella grande casa che è lumanità, immagine e somiglianza di ciò che vive Dio stesso, noi suoi figli abbiamo da custodire che cosa? Perché dobbiamo vegliare giorno e notte? Perché questa casa che ci viene affidata è il dono dell’amore, della fraternità, della reciproca custodia in cui ognuno è chiamato ad essere custode del fratello. Tutto questo ci è dato gratuitamente, senza alcuno sforzo da parte nostra.
Ma attenzione: gratuitamente si, ma non per forza. Qui entra in campo la libertà dei servi della casa, la libertà di ciascuno di noi. Vogliamo fare come il figlio minore della parabola che è accecato dal suo individualismo e se ne va altrove a sperperare l’eredità del padre? Lo possiamo fare. Vogliamo fare come – in quella stessa parabola – ha fatto il figlio maggiore, vivendo senza alcuna gratitudine verso il padre, con una mentalità da schiavo? Anche questo possiamo farlo. Ma Gesù è venuto a spiegarci con gesti e parole che c’è un modo bellissimo di vivere in questo mondo: quello di un figlio.
Allora il servo vigilante è colui che rinnova costantemente la sua gioia e la sua gratitudine per i doni ricevuti; è colui che condivide tali doni con i fratelli, perché figli del suo stesso genitore; è colui che sta di guardia alla porta del suo cuore perché non entri nessun cattivo pensiero, e nessun nemico vi venga a seminare la zizzania dell’egoismo. Ecco perché tutte le sere la liturgia di Compieta ci fa pregare “…il cuore vegli con Cristo e il corpo riposi nella pace”.
Purtroppo a volte immaginiamo il rapporto con Cristo come quello col codice stradale; non siamo del tutto convinti che sia bene rispettare i limiti di velocità, ma se vediamo un cartello “controllo elettronico della velocità”, rallentiamo giusto il tempo per evitare la fotografia e la relativa multa, e poi si riprende a camminare come prima. Ma il Signore invece ci dice di vegliare sempre, e non ci vuole dire il momento esatto del suo ritorno perché la bellezza della vita da discepolo si gusta solo se proviamo a viverla sempre.
La vita cristiana non è la raccolta dei punti del Mulino bianco o una patente a punti; la vita cristiana è attesa gioiosa dell’incontro finale custodendo i tanti momenti in cui noi già – pur in modo velato (nel mistero) - possiamo incontrarlo su questa terra, in questa bellissima casa che egli ci ha affidato, e nelle tante relazioni umane che possono essere già anticipo del Paradiso, se vissute nella carità, o l’anticamera della disperazione, se vissute in modo strumentale all’esaltazione del mio “io”.
Pace e Bene, e rispettiamo sempre i limiti di velocità!