sabato 30 dicembre 2023

Famiglia, il linguaggio umano della Comunione.

 

 I domenica dopo Natale – Festa Santa Famiglia – 31 dicembre 2023


 Dal Vangelo secondo Luca (Forma breve: 2,22.39-40)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

Commento

 Oggi, prima domenica dopo Natale, la Chiesa celebra la festa della santa famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria. Molto poco ci viene detto sulla vita nascosta di Gesù a Nazareth prima della sua vita pubblica iniziata circa a trent’anni; ma in realtà i vangeli in particolare quello di Luca racconta l’essenziale. Abbiamo ascoltato: “Cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”. Qualche versetto più avanti, dopo il ritrovamento di Gesù fra i sapienti del tempio di Gerusalemme, ai versetti 2,51-52 viene ripetuta una descrizione analoga: “Gesù scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.  
Nel prepararci a celebrare il Natale abbiamo sottolineato che il Figlio di Dio, colui che è stato generato nell’eternità dal Padre si è fatto uomo, ha preso la nostra natura umana corrotta e decaduta, per renderci partecipi della sua eredità di figlio di Dio. Una sorta di scambio di doni. Il figlio di Dio, nella sua Pasqua, ha rottamato nel suo corpo la vecchia natura umana e in cambio ci rende una nuova umanità, a garanzia illimitata.

Facendo questo il nostro salvatore ci svela il modo di essere di Dio, che è quello della comunione, non solo donando la vita per amore, ma anche cominciando a vivere fin da subito la comunione nel linguaggio umanamente più immediato, quello di una famiglia umana. Un padre e una madre che nella loro necessaria diversità diventano fecondi e generano vita, con una qualche analogia, ci rappresentano la relazione che c’è nella santissima trinità tra P, F e SS: tre persone distinte ma inseparabili. 

Sappiamo benedire il Signore, allora, per la famiglia che storicamente ci ha voluto donare, pur con tutti i suoi limiti; e il Signore certamente benedirà il desiderio di chi metterà la propria vita a disposizione per essere a sua volta “famiglia” a beneficio di altri. Pace a voi.

venerdì 22 dicembre 2023

Una possibilità di Infinito e non infinite possibilità.

  

Commento al vangelo della IV domenica di Avvento, anno B – 24 dicembre 2023

+ Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)

 In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

Commento

 In questi ultimi giorni di Avvento nei vangeli della liturgia notiamo l’avvicendamento dei due grandi testimoni della venuta del Messia Gesù; c’è una sorta di passaggio di testimone tra Giovanni Battista e Maria di Nazaret. Il primo invitata a preparare la strada, a cambiare vita per accogliere la venuta del Messia Gesù. Maria di Nazaret accoglie, prima, nel suo grembo il Messia e di conseguenza cambia la sua vita. In lei – cioè - c’è il primato dell’intervento della grazia divina, il completamento di quanto predicato da Giovanni, e capiamo che vano sarebbe ogni tentativo di conversione se prima non ci fosse il potente intervento dello Spirito di Dio nel cuore dell’uomo.
 A Maria viene chiesto un grande atto di fede. Il suo eccomi è un atto di fiducia totale alle parole che l’angelo le porta da parte del Signore; è chiamata a credere alle impossibili (umanamente parlando) possibilità di Dio, di generare, cioè, una vita senza intervento umano.

A partire dalla sua vicenda capiamo che la nostra salvezza dal potere del male e della morte, il compimento in generale della nostra vita, non è frutto della ricerca affannosa di una tra infinite possibilità, ma l’accoglienza nella fede di una possibilità d’Infinito. La nostra vita è limitata nel tempo e nello spazio, condizionata da eventi in gran parte non dipendenti da noi che restringono le alternative a disposizione; ma con l’evento storico dell’incarnazione Dio entra nelle vicende della corrotta natura umana e la vita di ciascuno di noi è toccata dalla possibilità di partecipare alla vita di Dio, appunto infinita.

Nel vangelo si dice poi che l’angelo, dopo la risposta affermativa di Maria, “si allontanò da lei”. Dove è andato? Allontanato da Maria, ma, verso dove?” Sicuramente per andare a propagare lo stesso annuncio al cuore di ogni uomo. Anche la tua vita è toccata da questo annuncio. Il Signore, ci ricorda il prossimo Natale, vuole fare anche del tuo cuore una sua dimora. Ma tu credi possibile questa infinita bontà e bellezza per la tua vita? Mentre mediti la tua risposta ti auguro un santo Natale, di pace e di bene.

mercoledì 13 dicembre 2023

TESTIMONI PERCHÉ TRASPARENTI

 

Commento al vangelo della III domenica di Avvento, anno B – 17 dicembre 2023

Dal vangelo di Giovanni (1,6-8.19-28)

 Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


Commento

 Anche oggi il protagonista del vangelo è Giovanni Battista, questa volta nel racconto non di Marco ma di un altro Giovanni, il quarto evangelista. Se nella II d’Avvento l’accento era sull’invito alla conversione, in questa III l’accento è piuttosto sull’identità del Battista, e più propriamente sulla sua identità di testimone. C’è una domanda, infatti, che ricorre in modo incalzante: “Chi sei? Cosa dici di te stesso?”
Alla quale egli risponde limitandosi, apparentemente, a dichiararsi di essere un “portavoce” di colui che grida “Rendete dritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Tuttavia, un portaparola ordinariamente ha un rapporto esterno, puramente professionale con la persona rappresentata, mentre in questo caso il suo essere voce coinvolge tutta la sua vita, il suo stile di vita improntato alla massima essenzialità, quasi per non fare la minima ombra al vero protagonista – Gesù - di cui, unico tra tutti i presenti, lui avverte la presenza: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”
In fondo qual è il modo migliore di essere testimone di colui che è luce del mondo? Non opporre alcun ostacolo ai suoi raggi, essere trasparente; fuor di metafora, avere un cuore puro. I puri di cuore, dirà Gesù, sono beati perché vedranno Dio, ma lo sono anche perché lo partecipano già da subito al mondo intero.
Ecco la testimonianza del Battista: far passare la luce nascente del Messia attraverso la sua umanità, senza preoccuparsi di andare a cercare le folle nelle città del tempo, ma collocandosi in un deserto, forse precursore di una pastorale per attrazione rispetto a uno stile più preoccupato di far numeri (cosiddetto proselitismo).
A tal proposito vi riporto una frase molto forte che papa Francesco ha detto nell’udienza di mercoledì 29 novembre scorso (2023): “Più che voler riconvertire il mondo d’oggi, ci serve convertire la pastorale perché incarni meglio il Vangelo nell’oggi”.
Molto bello: Giovanni ha sentito forte la chiamata non a convertire il mondo, (e tanto meno per portarlo a sé), ma a dare testimonianza a colui che è la luce del mondo. Che ciascuno di noi, soprattutto se cristiano, senta lo stesso desiderio di una vita autentica, sinfonica, in cui – cioè – le parole e le azioni, in modo diverso, suonino la stessa melodia.   


mercoledì 6 dicembre 2023

Abbassarsi per essere esaltati: il cammino battesimale

 

 Commento al vangelo della II domenica di Avvento, anno B – 10 dicembre 2023


+ Dal Vangelo secondo Marco (1,1-8)

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».


Commento

 Se la parola d’ordine della prima domenica di Avvento era “Vegliare”, quella di questa domenica è “conversione”: Giovanni battezzava (da qui il suo soprannome Battista) e proclama la conversione, e folle di persone da Gerusalemme e dalla Giudea andavano a lui per ricevere questo gesto, confessando i loro peccati. Tutto il brano ruota attorno all’esigenza urgente di un cambiamento di vita in vista di colui – il Cristo salvatore – che ci immergerà in una nuova vita, quello dello Spirito Santo; e la confessione dei peccati è la manifestazione non solo dell’indegnità morale, ma anche dell’impossibilità di vivere la legge di Dio con le sole forze umane.
D’altra parte, Giovanni si pone - lui per primo - in un atteggiamento di spoliazione di se stesso. La sobrietà delle vesti prepara a ricevere la veste nuziale (cf. Mt 22,12) della grazia divina che ci sarà data in dono e che non dovremo in nessun modo rifiutare; l’essenzialità del nutrimento dispone a procurare quel cibo – la parola del Signore - che dura per la vita eterna (cf. Gv 6,26-34).

Più di mille anni prima, Mosé condusse il popolo di Israele verso la libertà, accompagnandolo dall’Egitto, terrà di schiavitù, fino alla Palestina, la terra della promessa, lungo un cammino di pochi km se rapportati ai 40 anni impiegati per percorrerlo, giorno più giorno meno. Arrivato a destinazione, dall’alto del monte Nebo, Mosè vide il confine di quella terra, il fiume Giordano ma poi morì senza metterci piede (cf. Dt 35,1ss). Quel desiderio così fortemente custodito nel cuore gli dette di vivere la gioia del compimento al di là dell’effettivo possesso fisico.

Ora qui c’è un uomo, Giovanni detto il battezzatore, che accompagna il popolo in un itinerario che geograficamente è esattamente l’inverso, da Gerusalemme verso il Giordano. Perché qui c’è una schiavitù diversa da abbandonare, quella del peccato radicato nel cuore. E allora bisogna scendere in basso, sotto il livello del mare, depositare il fardello della vita vecchia, della supremazia del nostro “io”, e prepararsi ad accogliere la vita nuova, quello dello Spirito, quella dei figli di Dio, quella che ragiona secondo il “tu e il noi”, e che fa gridare “Abbà padre!”.

La vera conversione, quindi, non è anzitutto quella morale – dei comportamenti -, ma ancor prima è quella del cuore: accettare di non poter vivere il comandamento dell’amore sintesi di tutta la legge di Dio, con la nostra sola buona, (o presunta tale) volontà. Occorre fare un atto di umiltà e accogliere il cuore nuovo che solo in Cristo, nel suo Santo Spirito, nella grazia della comunione ecclesiale, si può ricevere.
Forse, come per Mosè e come per il Battista morto in prigione prima di vedere la gloria di Gesù risorto, questa vita terrena non sarà sufficiente a vedere il completamento della nostra conversione ma già il desiderio appassionato di essa riempirà di speranza, e ci anticiperà la gioia eterna.   


domenica 3 dicembre 2023

Non lasciamoci svaligiare la Comunione

 

  Commento al Vangelo della I domenica di Avvento, anno B – 3 dicembre 2023


+ Dal Vangelo secondo Marco (13,33-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Commento

 Ma perché il padrone di casa se ne va? Forse perché non sta bene a casa sua? Forse perché è andato costruirsi casa altrove? Possiamo solo pensare, da tutta la narrazione biblica, che nostro Padre - che padrone non è - vuole darci la libertà e quindi anche la responsabilità di gestire la sua casa terrena, come se fosse la nostra: il creato, le relazioni con i fratelli, le nostre doti intellettuali. Tutto è nostro! San Paolo – scrivendo ai cristiani di Corinto – dirà: “tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.” (1 Cor 3,22-23).

 Noi sappiamo che Gesù è venuto in terra a rivelarci e a tradurre in modo umano il modo di essere di Dio, che è la comunione: Padre e Figlio e Spirito Santo, e di conseguenza a toglierci dalle conseguenze del peccato che è la radicale disunione rispetto a Lui e tra noi. Allora nella grande casa che è lumanità, immagine e somiglianza di ciò che vive Dio stesso, noi suoi figli abbiamo da custodire che cosa? Perché dobbiamo vegliare giorno e notte? Perché questa casa che ci viene affidata è il dono dell’amore, della fraternità, della reciproca custodia in cui ognuno è chiamato ad essere custode del fratello. Tutto questo ci è dato gratuitamente, senza alcuno sforzo da parte nostra.
Ma attenzione: gratuitamente si, ma non per forza. Qui entra in campo la libertà dei servi della casa, la libertà di ciascuno di noi. Vogliamo fare come il figlio minore della parabola che è accecato dal suo individualismo e se ne va altrove a sperperare l’eredità del padre? Lo possiamo fare. Vogliamo fare come – in quella stessa parabola – ha fatto il figlio maggiore, vivendo senza alcuna gratitudine verso il padre, con una mentalità da schiavo? Anche questo possiamo farlo. Ma Gesù è venuto a spiegarci con gesti e parole che c’è un modo bellissimo di vivere in questo mondo: quello di un figlio.

Allora il servo vigilante è colui che rinnova costantemente la sua gioia e la sua gratitudine per i doni ricevuti; è colui che condivide tali doni con i fratelli, perché figli del suo stesso genitore; è colui che sta di guardia alla porta del suo cuore perché non entri nessun cattivo pensiero, e nessun nemico vi venga a seminare la zizzania dell’egoismo. Ecco perché tutte le sere la liturgia di Compieta ci fa pregare “…il cuore vegli con Cristo e il corpo riposi nella pace”.
Purtroppo a volte immaginiamo il rapporto con Cristo come quello col codice stradale; non siamo del tutto convinti che sia bene rispettare i limiti di velocità, ma se vediamo un cartello “controllo elettronico della velocità”, rallentiamo giusto il tempo per evitare la fotografia e la relativa multa, e poi si riprende a camminare come prima. Ma il Signore invece ci dice di vegliare sempre, e non ci vuole dire il momento esatto del suo ritorno perché la bellezza della vita da discepolo si gusta solo se proviamo a viverla sempre. 

La vita cristiana non è la raccolta dei punti del Mulino bianco o una patente a punti; la vita cristiana è attesa gioiosa dell’incontro finale custodendo i tanti momenti in cui noi già – pur in modo velato (nel mistero) - possiamo incontrarlo su questa terra, in questa bellissima casa che egli ci ha affidato, e nelle tante relazioni umane che possono essere già anticipo del Paradiso, se vissute nella carità, o l’anticamera della disperazione, se vissute in modo strumentale all’esaltazione del mio “io”.
Pace e Bene, e rispettiamo sempre i limiti di velocità!