giovedì 29 settembre 2016

Commento al Vangelo della XXVII Domenica TO anno C; 2 ott 2016



SERVI NO PROFIT


TESTO ( Lc 17,5-11 )

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». 
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».


 COMMENTO

Un granello di senape: tanto piccola potrebbe essere la nostra fede per poter vedere addirittura sradicato un albero e trapiantato in mare. Gesù parla per assurdo, non perché la fede non possa realmente fare meraviglie ma perché lo sradicamento di un albero normalmente non serve al bene di un uomo, e se per assurdo servisse anche questo, Dio lo farebbe. Cosa serve realmente al bene dell’uomo, cosa giova alla sua felicità, alla sua pienezza? 
I versetti successivi ci annunciano la ricompensa più bella della nostra vita, quella di essere al servizio del Bene, del Regno di Dio, delle forze dell’amore di Dio che alla fine prevarranno sul male ma che richiedono la nostra collaborazione. In questa lotta l’uomo trova la sua più bella ricompensa nell’essere semplicemente a servizio di Dio.

A noi la parola servo suona decisamente male e fastidiosa; ci trasmette un senso di svuotamento, di perdita di dignità e di privazione della minima libertà, ma nella mente di Dio essere servi significa essere al vertice della piramide. Gesù dice in un altro passo: “Io non sono venuto per essere servito ma per servire e dare la vita in riscatto per molti”. Gesù adempie le profezie di Isaia che annunciò circa 5 secoli prima la nascita di un servo sofferente. Ecco la Gloria di Gesù: accettare di manifestare l’amore misericordioso di Dio Padre fino ad accettare umiliazione e incomprensione, per poi entrare nella vittoria finale della risurrezione.
Il nostro essere servi esige riconoscere anzitutto la bontà, la bellezza della vita secondo l’insegnamento e l’esempio di Cristo Gesù. Nell’atto di amare in Cristo, donando tutto il nostro essere a Dio e al prossimo, si trova il senso più profondo della propria esistenza e il sentiero verso una felicità inattaccabile. 

Ci può essere una ricompensa più grande di questa? Una ricompensa più grande del trovare il senso del proprio posto nel piano di Dio, chiamati a trasmettere la misericordia del Padre ai nostri fratelli? E qui ritorniamo al punto d’inizio: dobbiamo avere fede nell’immenso amore di un Padre che nutre e custodisce costantemente il suo popolo, che non ci volge mai le spalle anche quando noi le volgiamo a Lui; un granellino di questa fede ci permetterà di vedere i miracoli della sua longanimità e farà sentire la gioia dell’essere semplicemente a servizio di questa infinita storia d’amore!