lunedì 8 giugno 2015

Commento al Vangelo della XI Domenica TO anno B; 14 giugno 2015



L’infinitamente grande
 nell’infinitamente piccolo 


TESTO  ( Mc 4,26-34 )

26 Diceva ancora: «Il regno di Dio è come un uomo che getti il seme nel terreno, 27 e dorma e si alzi, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce senza che egli sappia come. 28 La terra da se stessa porta frutto: prima l'erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato. 29 Quando il frutto è maturo, subito il mietitore vi mette la falce perché l'ora della mietitura è venuta».
30 Diceva ancora: «A che paragoneremo il regno di Dio, o con quale parabola lo rappresenteremo? 31 Esso è simile a un granello di senape, il quale, quando lo si è seminato in terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; 32 ma quando è seminato, cresce e diventa più grande di tutti gli ortaggi; e fa dei rami tanto grandi, che all'ombra loro possono ripararsi gli uccelli del cielo».
33 Con molte parabole di questo genere esponeva loro la parola, secondo quello che potevano intendere. 34 Non parlava loro senza parabola; ma in privato ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.


COMMENTO

Due parabole molto simili con sfumature diverse. La prima evidenzia l’irreversibile potenza del Regno di Dio che una volta annunciato e accolto non può più essere arrestato e anzi si afferma indipendentemente da qualsiasi condizione favorevole o sfavorevole, seppure queste possono accelerare o ritardarne la rapidità. 

In fondo: è proprio vero che la terra da se stessa porta frutto? Senza che per giunta l’uomo che getta il seme sappia come? L’evidenza naturale sembra smentire questa affermazione così fiduciosa di Gesù, perché il germoglio avrebbe bisogno quanto meno di acqua; il punto è che il seme a cui allude la parabola non è un seme naturale ma un principio di vita nuova che custodisce in sé una potenza e una vitalità veramente inarrestabili. L’attenzione da porre non sarà tanto nelle “cose da fare” per custodire il messaggio della parola di Gesù ma anzitutto nel fatto stesso di accoglierlo nella sua integrità perché è nella sua integrità che si nasconde tutta la sua forza di espansione e di crescita. 

La seconda mette in luce invece la sproporzione tra i segni iniziali della presenza del Regno di Dio e i suoi successivi sviluppi. Questa ha veramente il sapore di una profezia: se pensiamo che Gesù agli inizi della sua predicazione ha costituito un gruppo di dodici uomini, semplici pescatori di medio - bassa cultura allora capiamo che non ci sono in gioco le abilità o dei talenti straordinari ma anzitutto l’affidamento alla persona e al messaggio di Gesù, e che questa presenza  ha prolungato i suoi rami nella storia in ogni ambito della cultura e della geografia umana, offrendo rifugio e conforto, sostegno e consolazione. Un gruppo di umili pescatori è realmente diventato un grandissimo popolo. La stessa dinamica si è riproposta nella storia di grandi santi dove è bastato un uomo o una donna che si sono lasciati toccare dalla Grazia per suscitare un movimento di uomini che hanno cercato nei secoli di seguirne l’ispirazione: pensiamo quanti uomini e donne hanno tentato di seguire le tracce di San Francesco e santa Chiara di Assisi, o della Beata Teresa di Calcutta più recentemente. 

Il granello di senape è sempre lo stesso, con la sua potenzialità di sviluppo migliaia di volte più grande rispetto all'apparenza iniziale. Questo di contro dovrebbe far guardare con sospetto tutte quelle opere umane molto vistose e anche potenti ma che non hanno in sé un fattore di sviluppo consistente e duraturo.