giovedì 11 dicembre 2025

Grandi perché piccoli

 

 Commento al Vangelo della III Domenica di Avvento, anno A – 14 dicembre 2025


+ Dal Vangelo secondo Matteo (11,2-11)

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». 
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

 

Commento

 Non osiamo nemmeno immaginare quale potrebbe essere stata l’ipotetica risposta di un falso messia, di uno che avesse voluto dare fumo negli occhi al povero Giovanni Battista, che era già in carcere in procinto di essere ucciso.

Gesù non va troppo lontano con la sua risposta, ma resta alla parola delle profezie, in particolare a quella di Isaia (cap 35) che opportunamente viene proclamata nella I lettura della liturgia odierna. Risentiamola: “si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo” (Is 35,5ss). Così facendo Gesù offre la conferma più eloquente al suo battistrada, e allo stesso tempo dichiara il carattere simbolico e non definitivo dei segni compiuti. Le guarigioni e i miracoli da lui compiuti non sono il fine della sua venuta, ma semplicemente l’indicazione verso il Fine della sua missione: il ripristino dell’amicizia di Dio nel cuore di tutti gli uomini. Per far questo Gesù verrà sì con un giudizio definitivo, come annunciato da Giovanni (di cui abbiamo ascoltato le parole forti domenica scorsa) ma un giudizio di misericordia e di compassione verso tutti i peccatori, gli sfiduciati e i disperati.

Anche le parole di Gesù sulla vera grandezza di Giovanni ci spingono a passare dalla superficialità dei segni alla profondità della realtà. Non dobbiamo fermarci alla grandiosità dei gesti con cui alcuni santi o profeti, come il Battista, appunto, hanno saputo compiere, ma dobbiamo passare alla contemplazione dell’esperienza di Dio che quegli uomini hanno saputo fare. Proprio nel cuore di ogni uomo avviene l’incontro col Signore; quello poi che il Signore potrà operare tramite l’umanità di quelli appartiene solo alla sua imprevedibile e divina fantasia.

giovedì 4 dicembre 2025

Il Signore aspetta il nostro ritorno

  

Commento al Vangelo della I domenica di Avvento, anno A – 6 dicembre 2025


Dal Vangelo secondo Matteo (3,1-12)

In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli, infatti, è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò, ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».


Commento

 Neppure Gesù con i farisei andava troppo per il sottile: un giorno – stando sempre al vangelo di Matteo – disse loro: “Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi?” (Mt 12,34); e un’altra volta: “Razza di vipere, come potete sfuggire al fuoco della Geenna?” (Mt 23,33). Potremmo dedurre che Giovanni il Battista è stato precursore di Gesù anche in questo: nel modo di ammonire i farisei, attenti – almeno nelle intenzioni – osservatori della legge ebraica. Rigidità pericolosissima, perché portava tali uomini alla presunzione di poter meritare la salvezza eterna, e non considerarla un puro dono della benevolenza, della Grazia di Dio; un dono da custodire, non da comprare. Capite subito quanto è tutt’ora attuale questa tentazione per noi cristiani di oggi.

A quei farisei che vengono a lui per farsi battezzare, confessando i loro peccati, Giovanni rivolge una domanda solo apparentemente retorica: “Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?” Sarebbe a dire: perché siete venuti qui? Cercate di prendere coscienza di Colui che vi chiama alla salvezza e che in qualche modo parla e ha parlato al vostro cuore, tanto da condurvi al desiderio di conversione.”

L’animosità di Giovanni Battista, come quella di Gesù, compresa la durezza del gergo, non sono tanto un atto di disprezzo, quanto una messa in guardia dal pericolo che i farisei di tutti tempi corrono: quello della presunzione, il peggior veleno della vita spirituale, ben più pericoloso del veleno delle vipere che offende solo la vita biologica. Lasciamoci toccare anche noi da questo ammonimento. Certo, gradiremmo parole un po’ più dolci e accomodanti, ma non dovremmo forse essere grati a un amico medico che ci dice la verità su una nostra malattia? O forse preferiremmo che ci venga detto che basta una Tachipirina per curare un tumore maligno? Questo tempo di Avvento, se da una parte è tempo di attesa da parte degli uomini del ritorno del Signore, dall’altra, segna l’attesa da parte del Signore del ritorno dell’uomo alla sua misericordia, alla sua Grazia.

giovedì 27 novembre 2025

Un invito o una minaccia?

 

Commento al Vangelo della I Domenica di Avvento, anno A – 30 novembre 2025


+ Dal Vangelo secondo Matteo (24,37-44)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».


Commento

Il Figlio dell’uomo, cioè Gesù, è venuto nella storia due mila anni fa, viene in ogni momento della nostra vita perché abita nel santuario dei nostri cuori, e verrà nella gloria di Dio, alla fine di questo mondo, “a giudicare i vivi e i morti”, come si proclama nel Credo.
Quest’ultima venuta, alla fine della storia, è il tema delle letture della prima parte dell’Avvento che inizia proprio oggi. Sarà un momento istantaneo, quando non immaginiamo, per il quale dovremo farci trovare già pronti: come un treno che passa e che si ferma appena una manciata di secondi, sul quale possono salire solo quelli che sono già lì presenti con la valigia in mano.

Tale venuta non avviene però del tutto a sorpresa, come fosse un tranello che Dio vuole tendere all’uomo: infatti alla prima venuta, nell’umiltà della carne, che celebreremo festosamente il prossimo Natale, Gesù aveva già annunciato nella sua stessa persona la presenza, l’avvento del regno di Dio e inoltre ci aveva anche consegnato il biglietto di viaggio, o di ingresso in esso, nella e tramite la forza del suo stesso Spirito che orienta interiormente la nostra vita verso la misericordia del Padre.

 Il rischio dal quale Gesù ci vuole distogliere è che la nostra esistenza si appesantisca di preoccupazioni e cose inutili e che, mentre “mangiamo, beviamo, ci sposiamo” – cose tutte lecite e buone – ci scordiamo di fare tutto vivendo in lui, nel suo Spirito, alla sua presenza, nel rendimento di grazie e quindi nella condivisione con i fratello.  Questo dovette essere il problema di quegli uomini al tempo di Noè che “non si accorsero di nulla finché venne il diluvio”.

La veglia a cui Gesù ci richiama è quindi quella del cuore, della coscienza: è una veglia operosa per la quale si accoglie la  grazia e l’amicizia del Signore, che bussa ogni momento alla porta della nostra vita attraverso ispirazioni interiori, avvenimenti e l’incontro con i fratelli, specialmente quelli più in situazioni di necessità nei quali Gesù stesso ha deciso di immedesimarsi. (cf Ap 3,20: “Ecco io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui”). 

sabato 22 novembre 2025

Cristo regna, perché sconfigge l'odio con la misericordia

 

Solennità di Cristo Re – 23 novembre 2025, anno C

+ Dal Vangelo secondo Luca (23,35-43)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Commento

 Cristo regna dall’alto del suo trono: la croce. Questo è il messaggio del Vangelo di quest’ultima Domenica del Tempo ordinario, Solennità di Cristo re. Egli è venuto nel nostro mondo ma non proviene dal nostro mondo e tanto meno appartiene alle sue logiche: il potere sugli altri, la ricchezza, l’auto-esaltazione. 
Piuttosto, Cristo Signore viene dal cuore di Dio e ce ne porta gli atteggiamenti fondamentali che sono invece la gratuità, il dono, l’amore del prossimo fino al sacrificio più estremo che è il dono della propria vita.
Cristo, dunque, regna? Sì, regna; perché il suo modo di essere, di essere dono per l’altro non soccombe alle logiche umane, ma le sconfigge. Quel malfattore accanto a lui, in croce, è il primo terreno di conquista del suo inesorabile avanzare nel mondo, con la sola forza della misericordia.
Il Regno di Dio non potrà infatti arrestarsi; al massimo potrà essere rallentato, ostacolato, ma giungerà prima o poi al suo compimento. Abbiamo la possibilità fin da ora di accoglierlo nella nostra vita. Se saremo capaci come quel malfattore di riconoscere il nostro bisogno di misericordia da parte di Gesù, anche per noi, oggi, può iniziare il Paradiso. 


venerdì 14 novembre 2025

A causa del nome di Gesù

  

Commento al Vangelo della XXXIII Domenica del TO/C – 16 novembre 2025


+ Dal Vangelo secondo Luca (21,5-19)

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».


Commento

“A causa del mio nome”! Giunti ormai al termine dell’anno liturgico (Domenica prossima lo concluderemo con la Solennità di Cristo Re) il vangelo ci fa riflettere sulla portata paradossale della venuta di Gesù nel mondo. Egli è il Dio con noi, l’Emmanuele, eppure a causa della sua persona - cioè del suo nome - i suoi discepoli saranno traditi perfino negli affetti più intimi e normalmente più sicuri, quelli dei familiari.

La vicenda del popolo di Dio non sarà diversa da quella del suo capo e non potrà che avere un carattere pasquale, cioè di passione, morte e resurrezione, cioè di glorificazione finale. Possiamo sentirci terrorizzati di fronte agli sconvolgimenti (cosmici, politici e personali) annunciati da Gesù ma la sua promessa è chiara e senza limitazioni: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”, per dire che la resurrezione finale riguarderà ciascuno di noi, sarà anche il nostro destino, e sarà molto concreta, fisica, pur passando attraverso la purificazione da un mondo segnato dalle conseguenze del male degli uomini.

 Chiara la prospettiva finale, chiarissima e senza sconti anche il percorso faticoso di avvicinamento alla vittoria finale: la fede in Cristo salvatore non ci sottrarrà alle doglie del parto del mondo nuovo che si avvicina ma ci sosterrà nel cammino. La fede in Cristo ci renderà sempre certi della vittoria finale perché la fede è sostanza (sostegno) delle cose che noi speriamo (cf. Eb 11,1). 
Ci occorrerà solo perseverare nella fede perché quello che ci si prepara davanti non è la fine ma il fine della nostra storia.

giovedì 6 novembre 2025

Cristo Gesù, la dimora di Dio con gli uomini

 

Commento al Vangelo della Festa della Dedicaz. Basilica Lateranense (Domenica 9 nov 2025; sostituisce i testi della XXXII TO/C)

 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (2,13-22)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». 
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

 

Commento

Anche questa Domenica le letture di una festa (quella della Dedicazione della Basilica lateranense in Roma) prevalgono su quelle della XXXII Domenica.
Il vendere/comprare e cambiar moneta nel tempio di Gerusalemme era cosa ammessa dalle regole, tenuto conto della quantità notevole di sacrifici che occorreva fare (quella parte del tempio all’aperto dove venivano sacrificati gli animali era di fatto una sorta di mattatoio) , e inoltre per comprare gli animali da sacrificare occorreva convertire la moneta corrente considerata impura con una moneta adatta che si trovava nel tempio. Il problema è che quell’attività e quei sacrifici erano diventati “mercato”, non solo nel senso di una loro strumentalizzazione in vista solo del dio denaro, ma anche nel senso spirituale del tentativo di comprare la benevolenza divina.

 Il primo tipo di mercato è particolarmente odioso e fonte di grande scandalo. Il secondo tipo - il mercanteggiare con Dio - è più sottile ma molto più frequente e probabilmente a volte si nasconde anche nel nostro modo di pregare Dio. Ad esempio, quando ci lamentiamo che nonostante la nostra onestà e la nostra pratica cristiana ingiustamente Dio ha permesso ci capitasse qualche dolore o avvenimento avverso, emerge qui una mentalità che ha il sapore del “mercato”: “se prego, faccio il buono, e magari vado anche a Messa, Dio dovrebbe proteggermi da ogni disgrazia”. Trattiamo in tal modo il Signore come fosse un’Assicurazione-contro i danni o come fosse l’INPS.

 Il Signore distrugge questa vecchia religiosità, ma lo fa a partire dalla sua stessa vita, dal suo stesso corpo crocifisso: Lui, il Figlio di Dio fatto uomo, non rivendica per sé alcun potere di fronte a chi ingiustamente lo accuserà e annuncia anzi la misericordia di Dio per tutti gli uomini. Proprio da Gesù Signore, crocifisso, risorto e asceso al Cielo, dal suo stesso corpo, sgorga ora il fiume di grazia che riceviamo principalmente nei sacramenti attraverso il suo corpo spirituale, storico, che è la Chiesa. Allora quando entriamo in una chiesa-edificio lasciamoci richiamare a quella dimora, a quel porto sicuro, che è Cristo morto e risorto per noi nel cui cuore tutti siamo chiamati ad entrare, o a ritornare se mai ne fossimo usciti. 

venerdì 31 ottobre 2025

Una promessa su cui riflettere

 

Commemorazione di tutti i fedeli defunti – 2 novembre 2025 - I messa –


Dal Vangelo di Giovanni (6,37-40)

 In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
 

Commento

 Tra le tre Messe con relative letture, che possono essere celebrate in questo giorno di “Commemorazione di tutti i defunti” scegliamo la prima che ci presenta un brano del Vangelo di Giovanni, tratto dal discorso di Gesù nella sinagoga di Cafàrnao, dopo la esaltante vicenda della moltiplicazione dei pani.

 Gesù anzitutto ribadisce la sua sostanziale filialità rispetto a Dio Padre. Egli non ha una volontà autonoma, come invece noi uomini vorremmo spesso avere. No: Gesù – il Figlio di Dio per natura sua – è venuto per fare la volontà del Padre suo - e nostro - che è nei Cieli. 
Qual è la volontà di Dio padre? Che Gesù non perda, cioè che non si faccia sfuggire dal suo abbraccio d’amore misericordioso, nessuno di noi uomini.

Ma ancora una volta, ulteriore passaggio, è necessario che l’uomo accolga lo sguardo misericordioso di Gesù salvatore. Il nostro destino di vita eterna, e che oggi auspichiamo per tutti i nostri cari defunti, non è automatico: suppone che ogni uomo, raggiunto in un modo o in un altro, più o meno esplicitamente, dalla misericordia di Dio, sappia incrociare quello sguardo e accoglierlo, e credendo in lui, affidandosi a lui, lasciarsi condurre nel regno della vita vera, quella che non avrà fine, quella vita che solo Gesù ci potrà donare facendoci uscire dai nostri sepolcri; è mai esistito un uomo sulla terra che ha promesso cose simili? Forse no. Ma la cosa interessante è che Gesù, essendo risorto lui per primo, ha reso molto credibile tale promessa.