mercoledì 11 giugno 2025

L’Uno per l’Altro per ritrovarsi UNO

 

 Commento al vangelo della Domenica della SS. Trinità – 15 giugno 2025 


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (16,12-15)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: 
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

 Commento

 La Chiesa celebra solennemente la Santissima Trinità la domenica successiva alla Pentecoste. C’è un nesso logico a tale successione di celebrazioni, ed è nel fatto che proprio lo Spirito di Dio, al compimento della Pasqua di Cristo Gesù, guidandoci a tutta la verità, rivela la trinità delle persone divine nella loro unica natura, come ascolteremo nella Prefazio della Messa. Lo spirito Santo in fondo si rivela mostrandoci fino in fondo quello che nemmeno Gesù poteva dirci compiutamente di se stesso nella sua vita terrena, perché non avremmo potuto capire, o – come dice Gesù – non saremmo stati capaci di portarne il peso. La conoscenza per via interiore, per intuizione spirituale, a noi sembra meno credibile perché non sottoponibile alla verifica scientifica, ma sono sempre le certezze del cuore a farci decidere per le scelte più importanti
Vi potrebbe stupire il fatto che la parola ‘Trinità’ non compare in nessuno versetto dei quattro vangeli o degli altri scritti neo testamentari: questo non perché sia una invenzione della Chiesa, ma perché i nostri padri nella fede cristiana trovarono delle espressioni per rendere più esplicite le affermazioni di Gesù riportate dagli apostoli. 
La cosa da sottolineare è che lo Spirito Santo glorifica Gesù cioè lo manifesta nella vita della Chiesa, così come Gesù a sua volta ha manifestato, ha glorificato, nell’arco di tutta la sua esistenza il volto di Dio Padre.
Noi, uomini di questo mondo, a volte cerchiamo gloria mettendo in luce e al centro la nostra persona; nella comunione della Santissima trinità, ogni persona sussiste (si presenta a noi) rivelando l’altro. Non dovrebbe sfuggirci, quindi, che, creati ad immagine e somiglianza di Dio, anche noi uomini troveremmo molta più luce e gioia - e soprattutto troveremmo noi stessi - se ci adoperassimo per far spazio ai fratelli, riconoscendoli nella loro dignità, nella loro alterità rispetto a noi!


venerdì 6 giugno 2025

Lo Spirito soffia nella parola custodita

 
Commento al vangelo della domenica di Pentecoste – 8 giugno 2025

 


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (14,15-16.23-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. 
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».


Commento

 Dopo la celebrazione dell’Ascensione riviviamo in questa domenica la realtà della Pentecoste, uno di quegli eventi della storia che più di ogni altro ci rivela la presenza e l’azione del divino nell’umano: non per altro chiamiamo simili eventi “misteri”. La pentecoste rappresentò per gli apostoli la palese manifestazione dell’azione del Paràclito, del Consolatore, dello Spirito di Dio nella nascente comunità cristiana, come ci viene raccontato dalla prima lettura odierna tratta dal primo capitolo degli Atti degli apostoli. Questo avvenne, infatti, secondo la promessa che Gesù aveva già fatto in vita ai suoi discepoli, - lo abbiamo appena ascoltato - e questo continua ad avvenire per noi che pur viviamo a distanza di così tanto tempo, se sapremo osservare, cioè se sapremo far tesoro delle sue parole.
Chi ama il Signore Gesù, infatti, sicuramente custodirà gelosamente e attentamente gli insegnamenti riportati nei suoi quattro vangeli, nel resto della Scrittura, e in ciò che gli apostoli ci hanno tramandato. Ed è in quelle parole che l’uomo di oggi trova la presenza e il volto di Cristo vivo nel suo Spirito, che a sua volta ci orienta al volto del Padre. 
All’inizio del primo racconto della creazione riportato dal libro della Genesi c’è una parola con cui Dio crea e fa tutte le cose. Ci ricordiamo quel ritornello: ‘Dio disse sia luce,… sia il firmamento,… e così avvenne’. Anche all’inizio del Nuovo testamento, la nascita del Salvatore Gesù viene annunciata da un angelo che trasmette un messaggio  straordinario alla vergine Maria, a proposito del quale l’evangelista Giovanni dirà: ‘e il Verbo si fece carne’; tutto parte sempre da una parola divina che viene incontro all’uomo, e tutto si ricrea continuamente grazie alla potenza dello Spirito divino che soffia attraverso la stessa parola.
La pentecoste, lo ripetiamo, l’azione dello Spirito Santo in noi, sarà sempre possibile per chi saprà dimorare in Gesù che disse appunto: “Le parole che vi ho detto sono spirito e vita” (Gv 6,63b).


giovedì 29 maggio 2025

Scomparso ma non assente

 

 Commento al vangelo della Solennità dell’Ascensione - 1 giugno 2025


 Dal Vangelo secondo Luca (24,46-53)

 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

Commento

 'Poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio’: Il vangelo di Luca si chiude con delle parole che descrivono la gioia della comunità apostolica, nonostante la scomparsa dai loro occhi del loro maestro Gesù. I quaranta giorni in cui lo hanno visto risorto, che nella narrazione di Luca sembrano essere in realtà un unico giorno, hanno confermato nel loro cuore che Gesù era veramente risorto, accreditando così la pretesa di questo di essere il Figlio di Dio, l’unico in grado di sconfiggere la morte, e quindi di essere il salvatore degli uomini.
Questo tempo pasquale, e le varie liturgie che la Chiesa ha celebrato, dovrebbero aver rafforzato anche nei cristiani di oggi la certezza che tutto ciò sia veramente avvenuto nella persona di Gesù.
Eppure l’evento dell’Ascensione aggiunge un dettaglio importante: se con le sue apparizioni dopo la morte, il Cristo manifesta la sua gloria in un contesto umano, con l’Ascensione la sua gloria assume una pienezza anche divina, ed è in tale pienezza e da tale pienezza che egli può rivestire di potenza dall’Alto i suoi discepoli, donando lo Spirito Santo; ma di questo parleremo domenica prossima, solennità di Pentecoste.
 In definitiva con l’incarnazione il Figlio di Dio è entrato nell’umanità; ora con l’Ascensione è l’umanità (quella di Cristo anzitutto) che entra nel cuore di Dio. Nulla di umano è più estraneo a Dio. Abbiamo la certezza che non ci sia più nemmeno un minimo palpito del cuore di un qualsiasi uomo di una qualsiasi epoca che sfugga alla conoscenza, per esperienza diretta, di Dio stesso.


sabato 24 maggio 2025

Il noi di Dio

 

Commento al vangelo della VI domenica di Pasqua, anno C – 25 maggio 2025


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (14,23-29)

 In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».


Commento

 Se noi amassimo Gesù dovremmo e potremmo anche noi rallegrarci del fatto che egli non è più presente in mezzo a noi in carne e ossa. Perché di fatto, tornato nella gloria del Padre dopo la sua resurrezione, egli è ancora più presente a noi uomini, di quanto lo fosse fisicamente in quel tempo.
I discepoli avevano un’esperienza frontale del loro maestro, appunto come di una persona davanti a loro, ma noi ora, soprattutto i battezzati nel suo spirito, ne abbiamo un’esperienza intima e interiore. Nel nome di Cristo, grazie cioè alla persona e nella persona di Cristo, Dio padre ci ha donato lo Spirito Santo, che è esattamente la comunione fatta-persona dei due.
In una sua catechesi Papa Francesco disse che lo Spirito Santo non è solamente la terza persona della Trinità, ma potrebbe essere anche definita la prima persona al plurale della Trinità. Aggiungo io che lo Spirito Santo è paraclito, cioè consolatore, perché ci dona il “noi” di Dio, il suo essere comunione.
In un contesto sociale come quello attuale dove il male emergente sembra essere sempre più la solitudine, la presenza interiore di Gesù grazie al suo Spirito che egli ci ha mandato dal seno del Padre, è veramente una bella notizia.
La pace che ci dona Gesù, per tale ragione, non è assolutamente paragonabile alla pace concepita da chi vuole eliminare il nemico. La pace frutto della divina comunione, Dio stesso, prende dimora nell’uomo che osserva la legge dell’amore e del dono, che non cerca l’eliminazione del nemico, ma che cerca tutte le vie perché il nemico diventi amico.


giovedì 15 maggio 2025

“Sparire perché rimanga Gesù”

 

 Commento al vangelo della V domenica di Pasqua, anno C – 18 maggio 2025


Dal Vangelo secondo Giovanni (13,31-35)

 Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».


Commento

 Quando Gesù parla del figlio dell’uomo parla sempre di se stesso. La piena coscienza di Gesù del tradimento di Giuda che si è appena allontanato dal cenacolo, rende manifesta da subito, la totale disponibilità di Gesù a fare della propria vita un dono: un dono al Padre per il bene e la salvezza degli uomini. La gloria che si manifesta in lui non è una gloria individuale, un titolo di merito assolutamente personale, ma al contrario è la manifestazione di un amore di un altro, quello di Dio padre che si rende presente in lui. Per tale ragione anche Dio padre è glorificato e manifestato in lui.
Secondo il pensare comune degli uomini una persona riceve gloria quando emerge dalla massa per aver compiuto un’impresa straordinaria, per aver dimostrato di valere più degli altri su qualche aspetto della vita. Dalla parole e dagli insegnamenti del Signore invece veniamo a capire che il più grande merito di Gesù è stato quello di aver compiuto fino alla fine la volontà del Padre: accogliere il suo amore e renderglielo attraverso l’amore agli uomini. L’amore richiede anzitutto una grande umiltà, mettere da parte il proprio “io” per fare spazio all’altro.
La vera gloria dell’uomo, di conseguenza, non potrà che avere lo stesso timbro: quello della spoliazione del proprio vanto personale, della ricerca della gloria personale, per far spazio all’amore infinito di Dio. Se i discepoli sapranno amarsi, se nelle loro relazioni interpersonali sapranno mettere al primo posto il fratello, avranno dimostrato e mostrato nel miglior modo possibile che al centro del loro cuore c’è la presenza dell’inesauribile fonte dell’amore che è Dio. Anche il neo eletto Papa Leone ci ha ricordato che al discepolo del Signore occorre “sparire” per far posto a Gesù.
 


venerdì 9 maggio 2025

Per Cristo al Padre

  

Commento al vangelo della IV domenica di Pasqua, anno C – 11 maggio 2025


 Dal Vangelo secondo Giovanni (10,27-30)

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
 

Commento

Da poche ore è stato eletto il nuovo vescovo di Roma, che presiede alla comunione di tutta la Chiesa cattolica. Sappiamo fin d’ora che la forza dello Spirito lo assisterà per accompagnare tutti gli uomini a Cristo, o meglio per far sì che essi non si sottraggono alla sua custodia amorosa. Nessuna forza esterna può strapparci da essa, solo il nostro libero rifiuto. Ma egli è il pastore del gregge dell’umanità nel quale Dio stesso si è immedesimato e reso presente in mezzo a noi: da qui la scandalosa affermazione di Gesù, ‘Io e il Padre siamo una cosa sola’, che farà decidere definitivamente i capi dei giudei per la sua condanna; Lui, il Dio fatto uomo, accusato di essere un uomo che si fa Dio!
Gesù è l’unico uomo che permette l’accesso al cuore stesso di Dio Padre. Nessuno, lo ripetiamo, potrà strapparci dalle mani di Cristo perché di lui, e solo di Lui, Dio si è compiaciuto. Cristo è il divino pastore che accompagna ai pascoli della vita eterna, della vita senza fine. Ogni altra mediazione umana deve portare a Cristo, ad inserirsi nel suo corpo spirituale che è la Chiesa, appunto, i cui confini non è detto coincidano sempre e necessariamente con i suoi segni visibili.
Se può essere utile un esempio, immaginiamo di essere in un’isola in cui ci sia un unico aeroporto. Esso è l’unico luogo adatto a farci decollare verso il ‘Cielo’ e portarci in un'altra terra, ma tutti i mezzi di trasporto potranno essere utili e buoni per raggiungere questo luogo. Vale a dire: Gesù è l’unico aeroporto, l’unica mediazione per il Cielo, ma tutte le mediazioni umane saranno buone e belle nella misura in cui ci additeranno e ci condurranno all’ascolto della sua Parola, all’accoglienza della sua Grazia, alla totale fiducia nel suo amore che salva.

sabato 3 maggio 2025

Vuoti a rendere

 

 Commento al vangelo della III domenica di Pasqua, anno C – 4 maggio 2025

 
                                                              
Dal Vangelo secondo Giovanni (Forma breve): Gv 21,1-14

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

 

Commento

 Pietro, il pescatore che doveva diventare nella parola di Gesù il “pescatore di uomini” (cf Mc 1,17) è tornato alla pesca tradizionale. I pesci. Tutto sembra essere rientrato nell'ordinarietà, ma non possiamo pensare che il cuore dei discepoli non custodisca profondamente la memoria di quegli anni intensi, di incontri, di parole ricevute dal maestro, di segni eclatanti, fino a quelle due apparizioni avvenute dopo la passione e morte, di cui abbiamo ascoltato domenica scorsa. Impossibile! La brace sotto la cenere non è ancora spenta, cioè: la speranza di una novità assoluta nell’apparente ritorno alla vita ordinaria è più che mai viva. Anche nel cuore di ogni uomo non si spegne mai quell’insopprimibile domanda di felicità, quella certezza più intuita che dimostrata che da qualche parte esista il senso tanto ricercato della propria esistenza.
La domanda di Gesù “Figlioli, non avete nulla da mangiare?” vuole condurre quei discepoli a constatare la loro povertà, il loro vuoto, ma per preparare i loro cuori all’enorme stupore che seguirà alla pesca sulla forza della sua parola.
Bisognerebbe accettare le proprie sconfitte per vincere le battaglie decisive; saper riconoscere che le nostre ricerche di basso profilo di vita, di bellezza, di gioia non stanno conducendo a niente. Gesù accetta la passione, fa la sua pasqua e entra con la sua umanità nella gloria del Padre. Anche noi uomini, sulla barca di Pietro e i suoi discepoli – cioè la Chiesa – possiamo fare Pasqua, cioè ripartire dal riconoscimento che non abbiamo nulla di veramente nutriente per la nostra vita, e trovare nella parola viva di Gesù vivo la svolta per una pesca abbondante.