giovedì 5 settembre 2024

…ma Gesù sta alla porta e bussa

 

 Commento al vangelo della XXIII domenica del TO, anno B – 8 settembre 2024


Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37)


In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».


Commento

 Le parole di Gesù al sordomuto dell’episodio di oggi hanno qualcosa di complementare rispetto alle vive raccomandazioni che abbiamo ascoltato domenica scorsa. Ricordate? “Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: “ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro.” (Mc 7,15 ss). E Gesù si riferiva al cibo che, quale esso sia,  non può rendere impuro il cuore. Dicevamo piuttosto quanto sia importante vegliare su ciò che accade nel cuore, che è la centrale di comando, la centrale operativa dell’uomo, in cui ognuno è in ascolto della propria coscienza morale.
Se veramente vogliamo che nulla di male esca da esso dovremmo fare in modo che il cuore sia sempre abitato, che non sia mai vuoto, ma che sia abitato anzi dallo spirito del Signore. Questa parola che Gesù rivolge al sordomuto, “Effatà, Apriti!” egli la rivolge in ogni tempo a ciascuno di noi: “apriti alla presenza del Signore!”. Un invito, non certo un comando, al quale possiamo opporre un rifiuto, perché Gesù è venuto per realizzare quanto Dio aveva promesso tramite il profeta Ezechiele (cf. 36,16). “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme”.
Noi non possiamo non amare qualcosa o qualcuno. Anche l’ateo, infondo, ama qualcosa, ha le sue divinità, magari non di carattere trascendente. Allora se nel cuore non accogliamo il Signore, non apriamo la porta al suo spirito, ebbene allora inevitabilmente andremo alla ricerca di qualche falso dio, di qualche palliativo, ma così facendo la nostra sete diventerà sempre più acuta. Proviamo a fare nostra la raccomandazione di san Francesco che nel capitolo XXII della sua prima regola (detta non bollata) così scrive: “Sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente…” (RnB, XXII,27; FF 61).