mercoledì 31 maggio 2023

Il Paradiso NON può attendere

 Commento al Vangelo della domenica della SS. Trinità – 4 giugno 2023

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,16-18)

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».


Commento

Credo che avesse ragione il mio defunto confratello padre Aureliano Vagnoni, quando diceva che “all’inferno non ci si va… ci si resta”. Certo che ci sarà un giudizio particolare sulla nostra coscienza, subito dopo la morte (“mox post mortem” dicono i teologi) e un giudizio universale quando – come dicono i cristiani nel Credo – “egli, il Signore, verrà a giudicare i vivi e i morti”. Fuori di dubbio. Ma tale giudizio sarà fondato su quello che avremo scelto noi, accogliendo o non accogliendo la parola di Gesù, l’unigenito figlio di Dio, che dice - lo abbiamo appena sentito -: “chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.

Mi sembra ancora più significativo, però, volgere tutto questo in positivo, e sottolineare quanto dice Gesù all’inizio di questo brano: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.  Avere la vita eterna non è parlare al futuro, ma significa parlare di qualcosa che è anche già presente: la presenza amante di Dio che si è fatto uomo per entrare eternamente da uomo nella nostra vita con l’effusione del suo Spirito. Di qui capiamo anche il senso della celebrazione Solenne della santissima Trinità subito a ridosso della festa di Pentecoste. Lo Spirito di Dio effuso sulla Chiesa rende la comunità cristiana abitata dalla divina comunione del Padre, del figlio e dello Spirito Santo, e ciascuno ne può fare esperienza, almeno in un piccolo anticipo, già da ora, pur in mezzo a tante prove.
Allora mi permetto di concludere andando oltre quello che diceva il succitato confratello padre Aureliano: “In Paradiso non ci si va… ci si resta”.