giovedì 21 luglio 2022

Il pesce o la serpe?


XVII domenica del tempo Ordinario, anno C - 24 luglio 2022

 

Dal Vangelo di Luca (11,1-13)

 Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

 

Commento

 Un primo dato di fatto: Gesù pregava. E quel suo stare alla presenza di Dio doveva avere una tale profondità da suscitare il desiderio in chi gli stava vicino di fare la stessa esperienza; da qui la domanda: “Signore, insegnaci a pregare…”
E se Gesù pregava significa che la sua natura umana era vera, e altrettanto vera era la sua volontà umana che aveva bisogno continuamente di custodire la sintonia con la volontà divina, di quel Dio che per lui era ed è Padre per natura, e che per grazia ricevuta ( per il dono del suo spirito ) è diventato Padre anche per noi in un modo pieno e personale.
Per mettersi in relazione con il Signore occorre un cuore semplice, filiale, che non dubita di fronte ad un apparente rifiuto. La lettera agli Ebrei dice che “nei giorni della sua vita terrena [Gesù] offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito” (Eb 5,7).
Gesù venne esaudito! Nell’orto del Getsemani egli chiese che il calice della passione gli fosse risparmiato, ma quel suo desiderio di vita, di gioia, venne esaudito in maniera unica, eterna, proprio nella resurrezione che seguì alla morte di croce. Allora perché dubitare delle imperscrutabili vie della bontà infinita e divina del Padre nostro dei cieli?
Il profeta Isaia dice che le vie del Signore non sono le nostre vie, che i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, in pratica che le modalità per condurci alla felicità senza fine sono talmente alte che noi le potremo capire solo quando saremo in Cielo.
“Chiunque chiede riceve”; forse non si riceve subito e forse non si riceve esattamente quello che si chiede, perché l’uomo, senza rendersene conto, a volte chiede cose di poco valore o addirittura pericolose.
Possiamo intuire, in definitiva, che il dono più grande che il Signore ci offre è proprio la comunione con lui, il fatto di stare con lui, anche nell’insistenza per vedere esaudite le nostre domande. Per questo Papa Francesco ci dice che la preghiera può essere anche esprimere la nostra rabbia o il nostro sdegno nei confronti di Dio per le cose che secondo noi non vanno bene. Ma questo stare con il Signore, il rimanere comunque in relazione con lui è proprio l’opera dello Spirito Santo, il dono buono per eccellenza.