giovedì 5 agosto 2021

Il Cielo sulla terra.

 Commento al Vangelo della XIX Domenica del Tempo Ordinario/B – 8 agosto 2021 -


Dal Vangelo di Giovanni (6,41-51)

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».



COMMENTO

 Gesù, pur conosciutissimo, era ai più del tutto sconosciuto. Era effettivamente il figlio del notissimo Giuseppe, e altrettanto nota era sua madre. In un paesello di 100 persone, o poco più, non erano da temere scambi di persone; eppure ecco la domanda: “come può dirci costui: ‘sono disceso dal cielo’?”. Nello stesso senso è da leggere l’accusa che lo portò alla condanna: “«…tu, che sei uomo, ti fai Dio». (Gv 10,33).

Gli uomini faranno sempre un’enorme fatica ad accettare che Dio possa assumere la fragile condizione dell’uomo, e ancor più ad accettare di essere da lui salvati in un modo così umile, doloroso, e lontano dalle caratteristiche di un leader politico, militare o comunque vincente.

Dio non viene con potenza, ma viene, pur rimanendo Dio, nella condizione umana ferita dal peccato; si impasta della nostra pochezza perché anche noi possiamo diventare una sola pasta, un solo pane, un solo corpo con Lui. Mai il divino, dai tempi della creazione, si era fatto così vicino all’uomo. Gesù è pane del cielo, pane per il cielo, perché la sua presenza è l’ultimo accesso messo a nostra disposizione per ritrovare la via perduta della comunione con il Padre che lo ha mandato.

Ma l’ultima affermazione di Gesù aggiunge un dettaglio ancora più sconvolgente: “il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Il cerchio si stringe ancora di più. L’adesione a Gesù non è solo un’adesione intellettuale, o morale – nel senso di adesione ad un codice etico - , ma addirittura adesione vitale, carnale. Cristo si offre come nutrimento per la vita (eterna).

La sua vita donata, il suo corpo offerto sulla croce non costituiscono solo un estremo gesto di amore eroico, ma ancore più un nutrimento delle nostre estreme speranze. Quel corpo, dall’Ascensione in poi, diventerà anche il nostro; la sua vita nuova, da risorto, diventerà anche la nostra; per mezzo del Battesimo anche per noi ci sarà la possibilità di una vita nuova in Lui, che germoglierà qui e fiorirà definitivamente nei cieli e nella terra nuovi.