fra Damiano Angelucci da Fano ( OFM Capp): frate itinerante
giovedì 28 novembre 2019
Commento al Vangelo del 1 dicembre 2019, prima Domenica di Avvento - anno A -
Navigando in Cristo verso la salvezza
TESTO (Mt 24,37-44)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
COMMENTO
Nel tempo di Avvento, inaugurato da questa Domenica, siamo invitati a prepararci a celebrare con gioia la prima venuta del Signore sulla terra nella notte di Betlemme, ma anche a prepararci nella vigilanza operosa della vita, alla sua seconda e definitiva venuta in un giorno, dice Gesù, che non immaginiamo.
Gesù ci offre l’immagine dell’arca di Noè tratta dall’Antico Testamento, un’immagine simbolica- mitologica, ma che dice la verità della nostra origine e del nostro destino. L’arca di Noè può essere letta anche come una prefigurazione del grembo di Maria dove germoglia una nuova alleanza, una nuova storia umana esente e lontana dal peccato: la vita dello stesso Gesù.
Come al tempo di Noè gli uomini si trovarono coinvolti nelle vicende di un mondo corrotto e solamente Noè fu custodito e salvato insieme alla sua famiglia nell’arca di legno, così Gesù di Nazareth, il cosiddetto Figlio dell’uomo, rappresenta l’unico uomo veramente giusto, custodito per 9 mesi nel grembo di Maria, e che ora è presente nel grembo, nel corpo della sua Chiesa.
La vigilanza consisterà essenzialmente nel non rompere mai questo legame di comunione battesimale che ci lega, molto spesso fin dall’infanzia, con la vita di Cristo-figlio di Dio e figlio dell’uomo, perché la salvezza non è questione di cose straordinarie da fare, ma anzitutto di un atteggiamento del cuore, di una capacità di vivere ogni momento in una relazione aperta con Dio e con gli uomini. La terra da lavorare sarà sempre la stessa, e così ugualmente la macina da girare, ma non sarà identico il desiderio nel cuore delle persone. Chi cerca con perseveranza l’amicizia di Gesù Salvatore e, in Lui, l'amicizia del prossimo, soprattutto il più fragile ed emarginato, sarà salvo: chi cerca altro, sprofonderà in ciò che vita non è.
giovedì 21 novembre 2019
Commento al Vangelo della Solennità di Cristo Re dell'Universo - 24 novembre 2019
La svolta "sovranista" di Gesù di Nazaret
TESTO (Lc 23,35-43)
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»
COMMENTO
"Salva te stesso!” – ecco la provocazione ripetuta tre volte a Gesù dai capi del popolo, dai soldati e infine da uno dei due malfattori. Anzi, il malfattore aggiunge nella più profonda disperazione “…salva anche noi!”
È il rimprovero che una schiera innumerevole di persone sofferenti, cristiane e non, ha rivolto e rivolge ogni momento a Dio. Se Egli è il creatore onnipotente e misericordioso verso gli uomini, perché non risparmia tanta sofferenza a milioni e miliardi di suoi figli?
La domanda sul perché del male, fisico o morale che sia, ha attraversato le epoche e le culture, e ha anche interrogato il cuore degli stessi cristiani, fino a far dubitare dell’esistenza di Dio, o comunque di un Dio benevolo.
L’odierna festa di Cristo Re dell’Universo ci pone davanti, non a caso, proprio il Cristo crocifisso, per condurre la nostra attenzione alla radicale ed essenziale vittoria di Cristo sul male.
Il regno di Dio non è di questo mondo (lo disse Gesù stesso a Pilato durante il processo), perché egli non regna esercitando una violenza più forte, o facendo valere un’autorità più tirannica, ma collocandosi in un’altra prospettiva, quella dell’amore eterno di Dio Padre.
Egli non mercanteggia né si associa ai poteri umani, ma ci ama in Dio, e accettando la morte, da risorto riporta nella gloria eterna di Dio Padre non solo la sua vittoria personale, ma anche la vittoria di tutti coloro che si volgono a Lui (come il malfattore pentito)
Qui ed ora Cristo regna veramente.
Cristo regna nel cuore di coloro che accolgono le sue parole di vita e il suo Santo Spirito, e si inseriscono così in modo vitale nel suo corpo storico che è la Chiesa.
Egli già da ora regna sull’odio e sulla disperazione, donandoci in questo tempo una consolazione ineguagliabile.
Ma siamo certi che questo Regno diventerà per sempre e per tutti una vittoria definitiva quando egli tornerà, come diciamo nel Credo, a giudicare i vivi e i morti!
venerdì 15 novembre 2019
Commento al Vangelo della XXXIII Domenica del TO, anno C; 17 novembre 2019
Aveva ragione Gesù
TESTO (Lc 21,5-19)
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
COMMENTO
Qualche mese fà sono stato in pellegrinaggio in
Terra Santa e ho dovuto constatare che Gesù riguardo alle belle pietre del
tempio di Gerusalemme aveva proprio ben profetizzato: «Verranno giorni nei quali,
di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà
distrutta».
Anzi, se questo non bastasse, il luogo dove sorgeva
il tempio ora si chiama semplicemente “spianata”, perché tutto l’edificio fu
letteralmente spianato e, tanto per aggiungere al danno la beffa, nei secoli
successivi vi furono costruite sopra due moschee, per altro bellissime e
caratteristiche dello skyline della
città.
Tuttavia Gesù aggiunse che non sarebbe stata subito
la fine, cioè il giorno del giudizio finale, e anche su questo aveva ragione
perché dal 70 d.C – anno della distruzione del tempio di Gerusalemme ad opera
dell’esercito romano – fino ad oggi, sono passati poco meno di 2 mila anni e
ancora siamo qui, per Grazia sua.
Il Signore si è forse dimenticato di noi, e delle
sue promesse di beatitudine per i miti, i misericordiosi e i poveri? Nella
seconda lettera di San Pietro troviamo delle parole adatte a questa domanda: “Una cosa però non dovete perdere di vista,
carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni
come un solo giorno. 9Il Signore non ritarda nel compiere la sua
promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi,
perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.”
(2 Pt 3,9)
Conclusione: stiamo vivendo nel tempo della divina
pazienza, il tempo in cui i discepoli del Signore sono chiamati a compiere la
missione di annunciare la sua salvezza fino ai confini del mondo; il tempo in
cui le lacrime versate da tutti gli oppressi e i sofferenti della terra sono
raccolte nel cuore trafitto di Gesù Signore che le trasformerà in gioia eterna.
E benché ancora ai nostri giorni, a fianco della spianata del tempio di Gerusalemme,
si erge il cosiddetto “muro del pianto”, in quel giorno, quando sarà la vera
Fine, vedremo risplendere la nuova Gerusalemme, quella del Cielo, cioè il
Paradiso, dove il Signore, ci dice l’Apocalisse, “asciugherà ogni lacrima … e
non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di
prima sono passate”. (Ap 21,4)
sabato 9 novembre 2019
Commento al Vangelo della XXXII Domenica del Tempo Ordinario, anno C; 10 novembre 2019
QUESTIONE DI VITA O DI MORTE
TESTO ( Lc 20, 27.34-38 )
In quel tempo, disse Gesù ad alcuni sadducèi, i quali
dicono che non c’è risurrezione:
«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono
marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della
risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono
più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della
risurrezione, sono figli di Dio.
Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a
proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di
Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti
vivono per lui».
COMMENTO
Questi sette fratelli rappresentano bene il desiderio
innato nella natura dell’uomo di varcare il baratro della morte. Per l’ebreo
poi la discendenza biologica rappresentava la possibilità di sopravvivere alla
morte attraverso e nella propria progenie; una sorta di integrazione alla
speranza, sì, di una vita dopo la morte, ma con dei contorni non definiti,
tanto che per alcuni, proprio i Sadducei che pongono il caso teorico a Gesù,
non si poteva parlare di resurrezione dei corpi, cosa invece creduta da parte
dei farisei.
In definitiva la discendenza carnale era ritenuta così
tanto importante che i fratelli sopravvissuti dovevano completare, secondo la
legge di Mosè, ciò che non era riuscito a fare il precedente. Di qui il
problema: se i corpi risorgono, di chi sarà moglie chi lo è stata con sette
fratelli diversi in sette momenti successivi.
Gesù articola la risposta su due linee:
La prima sulla
modalità della resurrezione dei morti. I morti non risorgeranno in una vita
come quella precedente, ma in una vita immortale, soprannaturale, in cui la
paternità di Dio trasformerà tutta l’esistenza degli uomini, anche nella loro
dimensione fisica che, pur rimanendo tale, non avrà più bisogno della
mediazione coniugale per godere dell’unione estatica con Dio-Amore.
La seconda sul fatto stesso della resurrezione dei
morti su cui i Sadducei contraddicevano Gesù. Se il Dio creatore, che quindi è
il Dio di ciò che esiste, della vita, si presenta a Mosè come il Dio di Abramo,
di Isacco e di Giacobbe, questi patriarchi e tutti gli altri con loro non
possono essere definitivamente morti, ma essere anche essi nella vita di Dio.
Il varco dell’immortalità e della resurrezione in realtà è proprio Gesù che sta
parlando, e non tanto per le sue parole, quasi fossero istruzioni di viaggio,
ma per la sua stessa vita donata per amore che, una volta divenuta immortale
nel travaglio della morte e risurrezione, è divenuta per ciascuno di noi la
porta di accesso alla vita eterna.
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