L’amore non è amato
TESTO (Gv 10,27-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
COMMENTO
Può sembrare troppo ottimista ma una parola di Gesù così forte, “Nessuno le strapperà (le mie pecore) dalla mia mano”, evoca una vittoria risolutiva e definitiva, andata senza ritorno. Non c’è un potere al di sopra di quello del nostro Padre che è nei cieli, e dovremmo capire una volta di più che tutto si gioca su quell’aggettivo possessivo: “Mie”, le mie pecore.
La vita eterna non è frutto di una conquista, né l’esito finale di un percorso ad ostacoli con premi e penalità perché la vita eterna è un dono già destinato ai propri figli, già preparato per i propri figli dal nostro Padre buono, che è nei cieli, in un luogo preciso che è l’umanità di Gesù.
Una proprietà affettiva che l’invidia del maligno vorrebbe far apparire dispotica, tirannica e opprimente, ma che in realtà custodisce e accompagna in questo percorso umano dove la meraviglia di così tanto amore sollecita una risposta non servile e paurosa, ma di riconoscenza e di gratitudine esplosiva e diffusiva.
Il cuore di Gesù, le sue mani, hanno la delicatezza e la tenerezza del cuore e delle mani del Padre, Lui e il Padre sono una cosa sola, sono uniti nello Spirito in quella congiunzione grammaticale, “Io E il Padre”. Gesù rende umano, storicamente visibile e percepibile l’atteggiamento di misericordia del Padre così plasticamente descritto da alcuni profeti. Pensiamo uno per tutti al profeta Isaia:
“Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra,
gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo
e ha pietà dei suoi miseri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco sulle palme delle mie mani ti ho disegnato." (Is 49,13-16)
Come sottrarci a questo possesso? Come uscire da quelle mani così forti, così paterne e rassicuranti! Come sarebbe bello al contrario entrare nel cuore contemplativo di San Francesco d’Assisi che piangeva e lamentava la trascuratezza nei confronti dell’amore di Dio e gridava “L’amore non è amato, l’amore non è amato!”